Albus Silente era sdraiato sopra le soffici lenzuola candide del suo letto; la stanza era immersa nel buio della notte e i suoi occhi erano puntati verso il soffitto, che con un abile movimento di polso aveva tramutato in un sereno cielo trapuntato di stelle luminose. Sentiva il suo respiro affianco a sé. Regolare. Profondo. Stava dormendo come un angelo, si ritrovò a pensare Silente. Era così calmo, quieto, l'opposto di come era la sua versione attiva. Gellert Grindelwald era un esplosione di energia ed emozioni. Non si stancavano mai. Era sempre pronto a lavorare su un nuovo progetto, sempre alla ricerca di nuovi desideri, nuove ambizioni. Sempre in movimento. Grindelwald era come una fiamma, si disse Silente. Energico, vivace, passionale... Fuoco puro gli scorreva nelle vene, lo stesso fuoco che era riflesso nei suoi occhi curiosi, luminosi, dallo sguardo pensieroso, come se stessero sempre valutando e analizzando ogni situazione. Il fuoco che gli bruciava le labbra quando queste incontravano quelle del compagno. E proprio come il ghiaccio si scioglie accanto al fuoco, Albus, si scioglieva davanti a Gellert. Al suo fine intelletto, la sua astuzia. Il suo obbiettivo era quello di sottomettere il mondo Babbano a quello magico. Sosteneva che i maghi, in quanto abili di capacità che i Babbani non credevano nemmeno possibili, fossero superiori. "Perché nasconderci quando potremmo regnare, Albus?" Era solito domandargli. "Perché nasconderci quando potremmo dominare su tutto e tutti. Io e te". Il giovane Silente era rapito da quelle parole. Avrebbe potuto ascoltare Gellert parlare per sempre. La sua voce era dolce, melodiosa, un po' roca e dura a volte, ma era sempre un incanto.
Silente si voltò a guardarlo. L'espressione serena, serafica. Analizzò la sua figura. Lo faceva sempre quando non riusciva a dormire la notte. I ricci biondi, morbidi e lucenti sparsi sul cuscino, la fronte ampia, gli occhi. Anche se erano chiusi la mente dell'inglese rievocò l'immagine di quegli stessi occhi svegli. Erano grigi come un cielo burrascoso che minacciava l'arrivo imminente della tempesta. Acuti, pericolosi, calcolatori e profondi. Albus ci si immergeva e si perdeva e vi affogava. In quell'Oceano conosciuto. Le labbra erano piene e rosse, leggermente screpolate poiché il tedesco aveva l'abitudine di mordersele ogni volta che era in apprensione. Gli occhi di Albus scesero e guardarono il suo collo, e il petto, segnato dalle cicatrici delle dure punizioni a lui inferte nella scuola di Durmstrang. Silente guardò il corpo del giovane, dalla carnagione estremamente chiara e punteggiata da nei, dove i muscoli degli addominali si stendevano armoniosi. Le spalle larghe si proseguivano con braccia muscolose, forti. Era bello. Possedeva la bellezza degli angeli vendicatori. Quell'espressione di sfida sul volto, il ghigno malizioso. Come fosse un invito a provocarlo, per poi dimostrare di cosa fosse realmente capace.
Gli occhi del ragazzo si aprirono lentamente. E fissarono dritto quelli del giovane inglese. Stettero così qualche secondo. Ammirandosi vicendevolmente, nel silenzio della notte. Senza dire una parola.
"Scappa con me" esordì Grindelwald, con la voce roca e profonda, di chi si è appena destato dal sonno. Non era stata una richiesta, il suo sembrava più un ordine. Impartito con la schiettezza di un militare che riordina le sue truppe. Il desiderio di un amante di avere il suo compagno sempre con sé. Di avere sempre il suo appoggio. Il suo sostegno. Ed era questa l'unica sua richiesta che non era in grado di esaudire. Ne avevano giá discusso. Più e più volte. Lui aveva Aberfoth e Ariana a cui pensare. Non poteva abbandonarli, non dopo che l'avevano fatto i suoi genitori. Il padre era ad Azkaban, per aver ucciso tre babbani che avevano minacciato sua sorella, mentre la madre era caduta vittima della depressione, e non poteva più badare ai figli. Se ne stava tutto il giorno nella sua stanza, a letto, sdraiata sotto le coperte che la proteggevano dal mondo reale, dalle sofferenze.
Albus non poteva seguirlo, lo sapeva. L'avrebbe raggiunto, però. Quando Aberfoth sarebbe stato grande abbastanza per potersi occupare da solo della madre e di Ariana. Ma Grindelwald non lo avrebbe mai aspettato. Con lui era tutto o niente. Bianco o nero. Giorno o notte. Ghiaccio o fuoco.
Cosa avrebbe dovuto fare il giovane mago. Seguire la mente oppure il cuore?

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\\Come ghiaccio e fuoco//~Grindeldore
Fanfiction~"Fuoco puro gli scorreva nelle vene, lo stesso fuoco che era riflesso nei suoi occhi curiosi, luminosi, dallo sguardo pensieroso, come se stessero sempre valutando e analizzando ogni situazione. Il fuoco che gli bruciava le labbra quando queste inc...