di Elisabetta Vatielli
Vento, profumo di neve in questo nostalgico, freddo, trasparente "Inverno degli Angeli".
Sfogliando questo libro si ha l'impressione di scorrere notti e giorni bianchi, sospesi in un'aria tagliente, a volte più dolce, di ricordi, di emozioni, dolori del passato; ancora presenti però, scolpiti nella mente dell'Autore.Davide Gorga ci apre il ricco bagaglio di sensazioni, appartenenti ad un segmento della sua esistenza, e ci lascia partecipare ad un tratto della sua vita, prendendoci per mano in un viaggio che pare avvenire in volo sui delicatissimi scenari delle sue liriche complesse, pensieri sublimati in parole sapientemente accostate, misurate, scelte.
"Brillano disperate questa sera stelle adamantine d'ieri", è il primo bellissimo verso de "L'inverno degli Angeli", poesia che dà il titolo alla raccolta.
Qui tutta la nostalgia, il dolore vengono gridati al principio e sono le stelle a rammentare, brillando, il passato, mentre divengono scure nel cielo; infine una brezza leggera si posa quasi a rendere un po' di pace.
La neve è rossa e brucia, forte il paradosso, l'uso del colore del sangue, della passione, del dolore, accostato alla neve irrompe nella seconda quartina.
Subito dopo torna ad esser bianca, lucente ed il nero, ora un nero d'argento dalla forma di sogno, appare ed ascolta il canto del ricordo, dei colori.
"Era proprio l'inverno degli angeli", questo verso in prosa, con la sua forza, fa da appoggio a tutta la poesia ed apre alla nostalgia delle "preghiere tra i granai".
Ancora il nulla, nel "cielo nero di morte", ancora la disperazione più indicibile.
Un velo di speranza, infine, un delicato coraggio: "i primi raggi d'oro".In "Attraverso il deserto", poesia in prosa di grande bellezza, l'Autore descrive il suo immaginario viaggio, dove "i veli d'oriente si sono squarciati" ed "ho visto mille città sfavillanti".
Un viaggio sulle "salite dell'essere e la menzione dell'avere". L'essere faticoso da conquistare, l'avere leggero, fatuo come un verbo.
Dopo un viaggio così ricco di sfide resta un cammino nel deserto, ma è solo una pausa, in un arido scenario, che aspetta già le prossime ricerche, le prossime scoperte."Hiroshima", con incantevole delicatezza, ricorda uno dei giorni più tragici della nostra storia – e quelle anime di vittime incolpevoli "profumano ancora d'eternità", "evaporate nella luce", sono tornate a rifiorire come stelle.
Davide Gorga "sogna l'inverno" (Incantesimi di neve), desidera e s'identifica nella stagione che ripiega l'anima nel punto più scuro, nella caverna dell'essere, nel momento più doloroso delle stagioni ma forse anche il più ricco per il nutrimento e l'evoluzione della psiche.
Il tema dell'Amore ricorre, ma come ricordo, come bene perduto, vagheggiato, cantato con il candore della neve, la dolcezza dell'aurora.
L'Amore è "la fanciulla d'un'altra realtà", "il sogno eterno sulla terra bianca", "L'estate della mia giovinezza, (...) lamento all'ombra dei tuoi capelli" (I giardini).Meravigliosa disperazione quella di Davide Gorga, cantata superbamente ne "La pioggia è nera".
Visione della propria anima che scende come pioggia, un'anima "ribelle verso il mondo", "gioiosa verso il cielo".
Un'anima diversa, sensibile, curiosa dell'invisibile, portata a scrutare i segreti del Cielo più che ad interessarsi delle cose del mondo.
Un'anima che, per questa sua diversità, fonde il cuore sanguinante della pioggia con il proprio. Sposa il dolore, la solitudine.
Ma si consola con il sospiro delle notti e resta ad ascoltare, come "la neve ascolta mormorare le querce".Elisabetta Vatielli
9 marzo 2009
