Tout ce que tu veux - Fine

586 42 16
                                    

Macron lo guardava soltanto, volto impassibile, mani sudate. Mente distante. Mente a Brigitte, sua moglie...
"Non pensare ad altro. Guarda me."
Lui lo guardò, e ne vide gli occhi illuminati, né dalla lampada né dal gilet fluorescente, semplicemente dal desiderio che aveva di avvicinarsi ancora di più, ed, in effetti, lo fece. La sottile camicia bianca non bastò a proteggere il tremante petto di Macron dal contatto con la calda pelle di Conte, e allo stesso modo si incontrarono le loro labbra, ma senza veli.

E mentre le dita dell'italiano dimenticavano la morbida giovane pelle su cui posavano, il francese fece qualche passo indietro, senza mai separarsene, accompagnandolo fino a scendere insieme sul vellutato divano rosso, su cui si era seduto in sile...

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

E mentre le dita dell'italiano dimenticavano la morbida giovane pelle su cui posavano, il francese fece qualche passo indietro, senza mai separarsene, accompagnandolo fino a scendere insieme sul vellutato divano rosso, su cui si era seduto in silenzio non molte ore prima, senza mai aspettarsi che ora sarebbe stato di nuovo lì, sotto, tuttavia, un altro uomo, ed ecco le ciocche dei capelli di Conte scontrarsi con la sua sudata fronte, mentre le mani non conoscevano più calma, più pace, e quasi non avevano la pazienza di sbottonare la camicia, l'uno dell'altro, pareva un'impresa farlo senz'abbandonarsi, senza sprecare neanche un secondo.
Quelle sottili labbra italiane richiamavano il sapore dolce di ciliegia, e trovavano la loro altra metà lì, in un paese a loro estraneo, in un uomo che con la sua lingua pronunciava suoni così diversi, eppure sempre intrisi dalla stessa nostalgia di un amore troppo distante. Ora lì. Ora tra le sue braccia.
Macron baciò la pelle che aveva desiderato e che il tessuto abbandonava, concedendogliela infine, senza più cravatte, ah no, monotona gabbia di quel collo, destinato alle sue labbra, ne aveva trovato la chiave sulla punta della lingua.
"Rimettilo" Mormorò all'improvviso il francese, sorprendendo entrambi.
"Il gilet?"
Annuì.
Rimase unicamente il tessuto plastico a scontrarsi contro il suo ventre, e quando si girò, schiena, ora così calda rispetto ad esso. Sentiva le gote andargli in fiamme, e la sensazione si diffuse per il corpo, mentre Conte appoggiava due dita sulla sua bocca, e lui, senza esitazione, separò le labbra, per bagnargli l'indice e il medio e sfiorarli con la lingua, ed ecco che l'italiano li ritraeva, delicatamente, per poi lasciare andassero più a fondo nella bocca dell'amato. Quando più non potette aspettare, gliele tolse, e scese lungo la nuda schiena, bagnando la pelle, la carne, e le usò per entrare dentro Macron, così che quest'ultimo si morse le labbra, chiuse gli occhi, e non osò riaprirli.
Allora Conte continuò la sua danza, e il francese strinse il cuscino che aveva dinanzi prima con le mani, e poi con i denti, mentre conosceva finalmente la lunghezza di Conte dentro di sé, e i suoi gemiti fuori di sé, o forse i loro, uniti in uno unico, e nessuna più paura dei loro corpi simili che per tanto li avevano separati. L'italiano serrò la mano sul suo collo, e mai aveva cessato il respiro del francese nel suo affanno, ora anzi in crescita, e ad ogni dolce colpo il sospiro che sfuggiva tra le labbra, tanto che Conte, senza esitazione, posò di nuovo la mano su di esse, non permettendogli neanche quel gemere, forse troppo preso dall'essere un ribelle gilet jaune.
Ma Macron non obiettò, e non ebbe modo di farlo. Restarono a lungo l'uno persi nei sussulti dell'altro, nel negarseli, nell'attenderli. Il contatto della loro pelle provocava nel francese lo stesso fenomeno che si ottiene gettando un piccolo sasso nel mare, per cui quest'ultimo si increspa, e le onde si irradiano tutt'intorno, fino ad arrivare al cuore, per avvolgerlo nel desiderio.
Finché, nella fioca luce della stanza, il Presidente si lasciò crollare sul velluto, mentre sulle labbra assaporava la silenziosa promessa che l'italiano gli aveva fatto da tempo, e che era ora anche dentro di sé, e decise improvvisamente di sfilargli il gilet, per indossarlo lui stesso.
Conte si distese accanto a lui, divertito da quel gesto. Rimasero a fissarsi negli occhi per qualche istante, senz'aggiungere niente, ansimanti.
Poi, l'italiano trovò una domanda. "Sei un gilet jaune?"
"Sì, quel Macron dovrebbe dimettersi. È un incapace"
Sorrise.
Sorrise anche l'altro.
"No, no. Io direi che è molto bravo. Bisogna vedere in cosa"
E così dicendo lo strinse di nuovo a sé, tra le sue braccia, il volto di lui posato sul petto, il mento sui morbidi capelli.
La luce fioca e distante abbracciava loro e la lontana giacca blu distesa a terra.
"Ho trovato un compromesso per te, gilet jaune. Se faremo tutto questo più spesso, ti lascerò andare"
Macron non ci dovette neanche pensare. Gli sembrava un accordo più che ragionevole. "Accetto".

Gilet Jaune || MacronteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora