«Holland Marie Roden, posa quel dannato cellulare, è da quando siamo partite che non ci scolli la faccia!» strillò mia madre, con il solito tono acuto che mi faceva implodere i timpani
«mamma, vuoi capire che non è colpa mia se mi hai trascinata qui praticamente contro la mia volontà!» esclamai roteando gli occhi al cielo
«adesso se non ti dispiace, dovrei proprio andare al bagno, torno fra poco» aggiunsi alzandomi.
La vidi sistemarsi i capelli rossi con una mano.
Li portava corti a caschetto, leggermente boccolati sulle punte.Non dovevo andare in bagno sul serio ovviamente, ma pur di allontanarmi da lei sarei anche stata due ore a vagare senza meta per tutto il treno.
«torna» mi rispose guardandomi male.
Nemmeno il tempo che aggiungesse altro ed ero già nel vagone successivo.
Misi il telefono nella tasca posteriore dei Jeans e cercai di raggiungere il bagno il più in fretta possibile.
Mentre camminavo velocemente tra i sedili mi scontrai con un cameriere, l'impatto face rovesciare tutto il vassoio con i caffè bollenti sulla mia maglietta e sulla camicia bianca del tipo
«Oddio!! Scusi, scusi, la prego mi perdoni!»
«Cazzo! È bollente questa roba!!» urlai al cameriere, che si era già accovacciato in terra per raccogliere i cocci.
Ci stavano guardando tutti.
L'avrebbero licenziato sicuramente.Lo aiutai a prendere gli ultimi detriti e poi cercai di guardarlo in volto.
Aveva i capelli e gli occhi castani, era molto più alto di me, indossava un papillon che lo faceva sembrare ridicolo, ma anche carino.
E adesso sulla sua camicia bianca immacolata c'era una bella chiazza marrone di caffè.
E anche sulla mia maglia ce n'era...
Ma perlomeno si era già raffreddato e non bruciava più.Mi osservò anche lui per svariati secondi, con una faccia da pesce lesso che mi fece sorridere.
«sta attento, non tutti sono buoni come me, un'altra persona ti avrebbe fatto licenziare»
«mi-mi dispiace tanto» boccheggiò.
Aveva più o meno la mia età, forse un po' più piccolo, ma non ne ero sicura.
Ci fu uno scambio di sguardi che durò qualche altro minuto, non so perché ma non riuscivo a staccarmi da quegli occhi profondi e bellissim... profondi.
«vieni con me in cucina? Posso em.. darti dell'acqua magari... per levarti la macchia?» era cosí imbranato, mi faceva ridere.
Arrossí violentemente e distolse lo sguardo.
«sí va bene» acconsentii
Tanto non avevo nessuna voglia di tornare da mia madre, quindi anche se probabilmente la macchia non sarebbe mai venuta via, avrei comunque passato il tempo.
Mi prese la mano, diventando ancora più rosso, quasi come i miei capelli: ci si sarebbe potuto mimetizzare, pensai.
Attraversammo due interi vagoni e infine arrivammo alla porta della cucina, era più grande di quanto mi aspettassi.
Ed era molto più calda rispetto al resto del treno.
Mi tolsi la maglietta rimanendo in reggiseno, osservai la macchia, era enorme e non sarebbe di certo andata via. Uffa.
«allora...» iniziò, mi dava le spalle mentre estraeva una bottiglia d'acqua gassata da una credenza
«come mai qu-» si voltò, ma poi si interruppe, sgranò gli occhi e mi squadrò sconvolto.
Il suo sguardo si posò in un punto preciso.
«che c'è?» chiesi infastidita
«non hai mai visto una ragazza in bichini?»
«Ehm.. sí, cioè, ehm.. scusami»
«smettila di scusarti» Risi
«sí lo so, scusa.. cioè! Accidenti, vedi? Non lo faccio apposta!»
Ridemmo entrambi, dopodiché gli passai la mia maglia.
Prese un tovagliolo e lo inumidí con l'acqua, poi strofinò la maglietta nel punto in cui era macchiata, senza alcun risultato
«dovrei metterla a molle» constatò.
Sembrava concentrato.
«non posso andare in giro cosí!» replicai.
Si girò nuovamente nella mia direzione e annuí
«aspetta... credo di avere qualcosa qui»
Aprì una specie di armadietto e uscì una camicia bianca, simile alle sua ma più piccola.
Poi ne prese un'altra anche per lui.
«wow avete una scorta di camice bianche là dentro!»
«colpa mia» rise
«immagino che tu faccia versare spesso i caffè sulle ragazze» dissi
«nah, sei la prima in realtà, le altre volte ho infradiciato anziani, bambini... i bambini sono iperattivi, e anche carcerati appena usciti di prigione... non è stato particolarmente divertente»
Mi fece ridere ancora, era bello ridere con lui, e il fatto di essere l'unica ragazza alla quale aveva rovesciato addosso il caffè mi faceva sentire felice, era una cosa stupida lo so.
«pensavo fosse la tua tecnica da rimorchio» ammisi ridendo
«cosa!? No! Che brutta tecnica, ho altri trucchi per far cadere le ragazze ai miei piedi»
«wow addirittura, me lo immagino»
Non sembrava per nulla il tipo di persona con molte ragazze ai suoi piedi.
Probabilmente non lo era.
«non mi hai ancora detto come ti chiami» dissi
«Oh, giusto scusa, ehm, mi chiamo Dylan»
«hai detto di nuovo scusa o sbaglio?» Risi
«scusa, aspetta, hey sono un caso perso!»
«sí lo sei»
«e tu come ti chiami?»
«Mhh prova ad indovinare»
«ragazza difficile eh... non ne ho idea, non sono bravo con gli indovinelli»
«avanti prova!»
«non so.. qualcosa mi dice che hai la faccia da... Chloe?»
Emisi un verso di disapprovazione, facendolo ridere
«Jennifer?»
«sbagliato»
«Sophia?»
«che ne dici di un nome un po' meno scontato?»
«uff, Evelyn?»
«Nah»
«Avery?»
«sei fuori strada»
«Victoria!»
«No»
«Scarlett?»
«ti sembro un cane?»
«no in effetti no, perchè non me lo dici e basta??»
«okay, sono Holland»
«Holland... carino»
«solo carino?» domandai fingendomi offesa
«mai quanto chi lo porta» ammiccò, era tanto gentile quanto stupido
«perché non ti metti la camicia, Holland? Sai non è bello giocare con i sentimenti altrui!»
«cosa!?»
di che stava parlando?
«insomma sono un maschio, e non sono gay» rise, e lo seguii a ruota.
Poi mi infilai la camicia; anche se era più piccola della sua mi stava comunque larga... beh meglio di niente.
Lui si tolse la camicia macchiata, purtroppo sotto aveva la canottiera, e poi si mise quella pulita gettando l'altra in un cesto.
«Hey aspetta Dylan» lo chiamai mentre si avviava verso l'uscita
«resta qui a farmi compagnia ti prego» dissi
«Holl devo lavorare, non ho ancora portato i caffè a quei signori.»
Lo implorai sbattendo le ciglia, nessuno si sarebbe accorto se fosse restato altri cinque minuti.
«Non posso, davvero, se qualcuno entrasse e ci trovasse qui, sarebbe la fine!»
«andiamo in una cabina» suggerii
«ce l'hai?» chiese
«no ma... potemmo prenderne una in prestito» sorrisi innocentemente
«vuoi che io rubi una chiave per una cabina!? Sei pazza!» rise
«perché ci tieni così tanto a passare del tempo con me?» domandò curioso
«non lo so, mi sono divertita e non sopporto mia madre, non voglio tornare da lei»
Mi guardò per un attimo esaminando la situazione.
Poi sbuffò arreso.
«sto per fare la cosa più pericolosa della mia vita»
«non sei un tipo avventuroso eh» lo presi in giro
«per niente» ammise
«fammi portare questi caffè all'ultimo tavolo, poi prendo le chiavi e andiamo okay?»
«sí!! Grazie Dylan!» lo abbracciai felice lasciandolo un po' spiazzato.
Poi prese il vassoio con sopra altri quattro caffè e uscí dalla cucina.
Restai lí, appoggiata allo stipite della porta aspettando il suo ritorno.
Mentre giocavo con il braccialetto che portavo al polso vidi entrare una ragazza dai capelli neri e corti, sembrava stressata
«e tu? Che fai qui? Sù sù muoviti» mi mise un vassoio tra le braccia e poi continuò
«tavolo venti B, avanti cammina!» mi spinse fuori dalla cucina
«no aspetti... c'è stato un errore io non-»
«ho detto muoversi, non voglio sentire scuse»
Mi spinse in avanti catapultandomi tra i tavoli.
Camminai incerta.
Oddio.
Era stata colpa della camicia!
Non potevo dire di non essere una cameriera, perché in caso contrario non sarei potuta stare in cucina.
Ma poi dove cavolo si trovava il tavolo venti B, io non vedevo nè numeri nè lettere.
Dov'era Dylan!?
Continuai a camminare a caso con il vassoio in mano per almeno dieci minuti.
Quando finalmente, dopo quella che mi sembrava un'eternità, vidi Dylan venirmi incontro
«Holl che stai facendo!?» disse, aveva le chiavi della cabina in mano
«non so, una tizia mi ha trovata in cucina e mi ha dato questa roba scambiandomi per una cameriera, forse per la camicia, non sapevo che fare quindi ho finto di esserlo ma non so dove diavolo sia il tavolo venti B» parlai a duemila, nel panico più totale
«Aubrey!» disse
«okay calmati, vai alla cabina io porto l'ordine, aspettami lí» aggiunse calmo, poi mi posò un bacio sulla fronte e andò via lasciandomi la chiave.
Cercai la cabina -che per fortuna riuscii a trovare dopo poco- infilai la chiave nella serratura.
Mi sentivo una criminale a farlo però era divertente.
Mi richiusi dentro.
Dopo un bel po' qualcuno bussò alla porta.
Mi si gelò il sangue, e cercai di rimanere il più possibile in silenzio.
Se qualcuno mi avesse scoperta ci avrebbero buttati fuori dal treno a calci.
«Holland? Sono Dyl aprimi»
Sospirai chiudendo gli occhi ed andai ad aprire.
«ce l'abbiamo fatta!!» dissi contenta
«sí è stato davvero forte!!» esclamò lui eccitato.Ci sedemmo sul letto, abbastanza vicini, ma i nostri corpi non si sfioravano
«allora, di dove sei?» mi chiese ad un certo punto
«Brighton, mi madre mi ha costretta a fare questo viaggio, dopo la morte di mio padre ha detto che avrebbe voluto ricucire il nostro "rapporto madre-figlia", e beh... non sta funzionando molto»
«quindi andate a Londra?»
«già»
«oh..»
«magari potremmo... restare in contatto no?» domandai un po' incerta
«certo! Mi piacerebbe»
Ci scambiammo i numeri, e poi continuammo a parlare.... parlare e parlare.
Era strano... mi sentivo leggera mentre chiacchieravo con lui o mentre sentivo la sua voce spiegarmi quanto fosse difficile lavorare su un treno.
Non so per quanto andammo avanti cosí.«presumo che siamo quasi arrivati» Disse
«credo anch'io» risposi
Uscimmo dalla cabina e facemmo ritorno al piano superiore.
Sembrava che nessuno si fosse accorto di nulla per fortuna.
«okay allora... io...dovrei tornare da mia madre»
Il treno rallentava, segno che tra poco si sarebbe fermato.
«È un addio?» chiese Dylan
«certo che no, non siamo in uno stupido romanzo sdolcinato, ci rincontreremo O'Brien»
«promesso Roden?»
«promesso.»
Lo abbracciai
«vorrei restare con te» ammisi con la voce ovattata dalla sua camicia
«Hey...»
Mi prese il mento con due dita, per guardarmi negli occhi, i miei verdi nei suoi nocciola.Ci fù un attimo di silenzio imbarazzante.
Volevo baciarlo. Ma non potevo fare io la prima mossa.
Infatti la fece lui.
Appoggiò le sue sottili labbra sulle mie e mi baciò dolcemente. Solo labbra contro labbra.
Sorrisi ad un millimetro dal suo viso
«lo chiami bacio quello?» domandai ridendo.
Poi mi misi in punta di piedi e feci scontrare nuovamente le nostre labbra.
Questa volta sentii la sua lingua sfiorarmi la bocca, quindi la dischiusi in modo da poter approfondire il bacio.
Le nostre lingue danzarono all'unisono, era così perfetto.
Era perfetto il suo modo di prendermi il viso tra le mani come per non farmi scappare via.
Erano perfetti i suoi capelli morbidi che scorrevano tra le mie dita.
Il suo profumo leggero, quasi impercettibile, che ero sicura mi sarebbe mancato come l'aria, quello sí che era perfetto.
Non era perfetta la voce di mia madre, invece, ad interrompere il momento più bello della mia vita
«Holland! Che diamine stai facendo!?!? Muoviti il treno è fermo e dobbiamo scendere!!»
Mi scostai da Dylan, che fece un verso in avanti con la bocca come se ne volesse ancora.
Gli sorrisi e poi tornai da mia madre
«si può sapere chi é quel tizio!?»
«uno che mi ha rovesciato il caffè addosso.»Scendemmo dal treno.
Mi voltai un'ultima volta a guardare Dylan, mi stava salutando con la mano e con il suo splendido sorriso.
Ricambiai il saluto fregandomene di mia mamma che continuava imperterrita a fare domande.Inutile dire che io e Dylan non ci siamo mai più rivisti.
Ma il mio cuore è rimasto lí.
Su quel treno.
Per sempre.//spazio autrice
Hi guys
Vi piace la one-shot ??
Volete che ne faccia altre?
-visto che qualcuno non ha capito il significato di one shot ora vi spiego: le one shot sono storie brevi che partono già sviluppate e senza introduzione, e si concludono in un capitolo❤️-
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o'broden one shot
FanfictionUn incontro magico su un treno fluttuante. TRATTO DALLA STORIA. Ma il mio cuore è rimasto lí. Su quel treno. Per sempre.