Capitolo prima di quello dopo

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Smol A.N

Ma salve.

Sono finalmente riuscita a fuggire dagli alieni che mi tenevano prigioniera, impedendomi di continuare a tradurre. Coff.

Se questa traduzione è più simile all'italiano che al greco antico in quanto a sintassi, è solo e unicamente merito di @Checkpoint11 (thank you so much), perché mi sopporta e si è offerta gentilmente come correttore automatico. Ma tipo uno di quelli simpatici, non come il mio che cambia "non" in "nn" (umghn).

Enough bants. Buona lettura

Nella settimana successiva il loro ritorno dalle Fiji, le cose con Sherlock erano andate di male in peggio. Non aveva lasciato l'appartamento neanche una volta, nonostante Lestrade lo avesse chiamato innumerevoli volte. John lo aveva visto mangiare una sola volta, un singolo biscotto, un paio di giorni prima. Era diventato ancora più magro, nonostante John fosse convinto che non potesse fisicamente diventare più sottile di così. Odiava vedere il suo migliore amico in quello stato ma non sapeva cosa fare per aiutarlo.

Ogni notte lo sentiva suonare il violino al piano di sotto, e ogni notte rimaneva sdraiato in silenzio mentre le melodie diventavano gradualmente più malinconiche. Una di queste notti, mentre camminava su e giù per la sua stanza cercando di capire come aiutare Sherlock, sentì il suo stomaco brontolare. Controllò l'ora segnata dalla sveglia digitale poggiata sul suo comodino: l'una di notte. Orario perfetto per uno spuntino notturno. Afferrò la prima vestaglia che si trovò sottomano e la indossò mentre scendeva le scale. Una volta raggiunto il salone vide che Sherlock stava ancora suonando il suo violino, con uno sguardo vacuo, rivolto verso la finestra. John decise di non interromperlo e di andare semplicemente in cucina. Dopo innumerevoli minuti passati alla ricerca di qualcosa da mangiare, John decise per un pacco di biscotti trovati in fondo a uno degli armadietti. Di spostò di nuovo in salone e si sedette sulla sua poltrona. Mangiò in silenzio, senza mai staccare gli occhi da Sherlock, che nonostante distasse solo un metro e mezzo di distanza, sembrava non averlo ancora notato. O almeno questo era quello che credeva John.

"Perché sei ancora sveglio?" chiese Sherlock.

"Potrei chiederti la stessa cosa."

Nessuno dei due parlò più per un po'.

"Non riuscivo a dormire." disse piano Sherlock.

John si prese un po' di tempo per osservare l'aspetto trasandato di Sherlock. I suoi capelli, solitamente così ordinati, erano un disastro, e gli coprivano parzialmente la faccia. Indossava una t-shirt bianca e dei pantaloni grigi, insieme a una stropicciata vestaglia blu. Era la prima volta che John vedeva Sherlock da ventiquattro ore, dato che era stato chiuso in camera tutto il giorno precedente. Era un disastro, ma John non disse niente riguardo al suo aspetto, mentre andava a buttare via il pacco di biscotti ormai vuoto (//Diabete non ti temo//). Rimase fermo tra la cucina e il salone, incerto se lasciare Sherlock a se stesso o se provare a parlargli.

"Buona notte, John." sentì.

Per un momento John provò il desiderio di consolare Sherlock, ma sapeva che sarebbe stato inutile. Qualunque fosse il problema era decisamente troppo grande per essere affrontato questa sera.

John sospirò.

"Buona notte, Sherlock."

Ci mise del tempo ad addormentarsi, quella sera. Rimase sdraiato sul letto ad ascoltare le malinconiche note del violino di Sherlock provenienti dal piano di sotto. Di tanto in tanto la musica si interrompeva e riprendeva un paio di secondi dopo da dove si era interrotta. John dedusse che probabilmente stava cercando di comporre qualcosa per calmarsi. Si ricordò che una volta Sherlock gli aveva detto che per lui comporre musica era una specie di scappatoia. Quando voleva tenere la mente impegnata suonava qualcosa che era già stato composto. Se invece voleva liberare la mente si concentrava per crearne della nuova. Nonostante ciò, John non poté fare a meno di notare quanto suonasse triste, piena di desiderio e disperazione. Non pensava che uno strumento potesse evocare simili emozioni, ma eccolo lì, spinto sull'orlo delle lacrime dal suono del violino di Sherlock. Non sapeva neanche cosa facesse più male: il suono disperato e abbattuto della musica che stava ascoltando, o il fatto che fosse Sherlock a produrlo. Sperava semplicemente che starebbe stato bene, la mattina dopo.

Quando si svegliò, solo un paio di ore più tardi, l'appartamento era immerso in un silenzio ovattato. Dopo aver fatto una rapida doccia e essersi vestito, John scese per vedere se in cucina ci fosse qualcosa che potesse essere trasformato in una colazione. L'occhio di John cadde sulla poltrona, e, nonostante la penombra, riuscì comunque a riconoscere una massa di capelli ricci e sorrise. Il braccio di Sherlock era poggiato sul bracciolo e l'arco del violino era abbandonato a terra là vicino. Sembrava che alla fine Sherlock fosse riuscito ad addormentarsi. Da quel momento John si assicurò di essere super silenzioso in modo da non svegliarlo. Andò tutto bene finché non ebbe la geniale idea di prendere in mano una tazza di tea e di farla cadere a terra dopo aver realizzato quanto fosse bollente. La tazza si infranse al suolo e una serie di imprecazioni sfuggirono dalle labbra di John. Sentì dei movimenti alle sue spalle, e vide che Sherlock si era svegliato. Alzò gli occhi al cielo e si maledisse mentalmente per essere stato così maldestro. Era probabilmente una delle poche ore di sonno che Sherlock era riuscito ad ottenere durante l'arco della settimana, e lui la aveva rovinata per una stupida tazza di tea.

Pochi secondi dopo, uno Sherlock alquanto assonnato barcollò in cucina. Con la mano destra stringeva il violino e con la sinistra si grattava la nuca. Il suo sguardo si spostò su John, poi sulla tazza infranta ai suoi piedi, e poi di nuovo su John. Con un'espressione vuota si voltò e tornò di nuovo in salone. John raccolse i pezzi della sua tazza e li buttò via. Mentre puliva il tea da terra, Sherlock riprese a suonare il violino. La melodia che stava suonando adesso era più felice di quella che aveva suonato quella mattina e quella notte, anche se non di molto. John sperava che il suo umore fosse leggermente migliorato, che forse anche quelle poche ore di sonno gli avessero fatto bene. John si versò un'altra tazza di tea e facendo attenzione a non farla cadere, questa volta, andò a sedersi sulla sua poltrona. Sherlock era in piedi vicino alla finestra, rivolto verso di lui, con gli occhi sul violino mentre suonava. John bevve un sorso del suo tea senza staccare gli occhi da Sherlock. Le lunga dita sottili maneggiavano lo strumento con un'eleganza che John non aveva mai notato. Aveva un'espressione di pura concentrazione sul volto, come se la sua vita dipendesse dal pezzo che stava suonando in quel momento. I suoi occhi incontrarono quelli di John e sorrise. John ricambiò il sorriso, felice che il suo amico si sentisse meglio.

John si alzò per andare a lavare la sua tazza, e sentì il telefono di Sherlock suonare. John non ascoltò attentamente la conversazione che seguì, ma riuscì a capire che Sherlock stava rifiutando la richiesta della persona dall'altro capo del telefono, chiunque essa fosse. Un paio di secondi dopo, Sherlock entrò in cucina e si appoggiò sul bancone, vicino a dove si trovava John. Le loro braccia si sfiorarono, e John avrebbe potuto giurare di aver sentito un brivido corrergli lungo la schiena. Spostò il peso da un piede all'altro, cercando di scrollarsi di dosso la strana sensazione provocata dal quel contatto. Sherlock girò la testa per rivolgergli uno sguardo interrogativo ma John rispose semplicemente con un sorriso innocente. Sherlock allora ricambiò sorriso e John si scoprì a fissare le labbra di Sherlock abbastanza spesso in quei cinque secondi che passarono a guardarsi. Le labbra di Sherlock si tesero ulteriormente verso l'alto, e quando John spostò di nuovo lo sguardo sui suoi occhi vide che aveva la stessa espressione di quando si era ubriacato alle Fiji. John socchiuse la bocca e lo sguardo di Sherlock si intensificò. I loro volti si avvicinarono inconsciamente, fino ad essere a pochi centimetri di distanza.

Improvvisante un forte rumore metallico li fece entrambi congelare sul posto. John abbassò velocemente lo sguardo mentre Sherlock si chinava per raccogliere il proprio telefono. Sospirò e fece un passo indietro. Sherlock si schiarì la voce mentre controllava se lo schermo si fosse rotto o scheggiato in qualche punto. John uscì rapidamente dalla cucina e cominciò a camminare avanti e indietro, cercando di capire cosa fosse appena successo. Si sedette sulla poltrona e allungò il braccio per afferrare il giornale poggiato lì vicino. Sentì una porta sbattere da qualche parte nell'appartamento. Sherlock doveva essersi di nuovo chiuso in camera sua. Forse era meglio così. Non era sicuro di essere in grado di guardarlo di nuovo in faccia dopo quello che era successo in cucina.

A Study In Love - Johnlock Fanfiction [Ita]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora