Prologo

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Oggi è il grande giorno, ormai gli scienziati stanno caricando gli ultimi bagagli nelle loro auto costose.
Faccio appena in tempo a salutare il dottor Ivan con un abbraccio, prima che le guardie mi stacchino a forza da lui, impedendomi di inalare profondamente quel suo profumo di sigarette un ultima volta.
Sicuramente sarà lui l'unica cosa che mi mancherà di quelle torture infernali.

Cerco di andare da lui di nuovo ma Luke mi prende in braccio e mi riporta dentro la gabbia bianca che negli ultimi anni ho chiamato casa.
Senza perdere altro tempo, scivolo via dalla sua presa e mi precipito come un fulmine su per le scale a pioli che portano al tetto.
Da lì riuscirò a vedere la sua macchina andare via per sempre, lo so.
Mi appoggio alla ringhiera e guardo la lunga fila di veicoli allontanarsi da questo posto, da noi.
Con tutto quel suonare sembra che abbiano anche una certa fretta.

Dietro di me, la botola da cui sono entrata cigola piano e vedo sbucare il volto di Luke dalla piccola apertura.
Il gran baccano di quelli di sotto si fa subito sentire.
Non riesco neanche a voltarmi per sfuggire alla sua presa che mi ritrovo le sue mani sulla vita, mentre mi caricano in spalla.
Sbraito parole che una bambina di 8 anni non dovrebbe neanche sapere che esistono, ma almeno questo lo fa ridere.
"Sai, dovresti proprio smettere di scappare via correndo in quel modo, sei così veloce che riesco a stento a vedere la direzione in cui vai" mi dice, scendendo la scala.
Arrivati nella camera che fino a quella mattina avevamo condiviso mi lascia sul letto, sospirando "Senti lo so che al contrario di molti di noi tu con lui ci andavo d'accordo, ma pensaci, ora siamo liberi di fare tutto quello che vogliamo, niente più stare seduti in camera a guardare il soffitto e addio agli esperimenti con i nostri corpi."
Vedendo che non rispondo,si siede accanto a me nel letto.
"È il meglio per noi. Non ho dimenticato le tue urla ogni volta che ti portavano in laboratorio e queste" dice, prendendomi i polsi e sfiorandomi le cicatrici causate dalle manette usate dagli infermieri per tenermi legata al lettino "servono per promemoria. Quindi adesso noi andiamo giù e ci divertiamo. Capito?"
Inizia a farmi il solletico sui fianchi, facendomi ridere.
"CAPITO?" ripete ancora più forte, mentre io mi contorco sotto le sue mani svelte. A volte mi dimentico che ha solo due anni più di me.
"Sì sì, ho capito, ora basta, basta" riesco a formulare la frase tra una risata e l'altra.
Mi prende e mi solleva, come se fossi di piuma, e insieme ci dirigiamo verso la cucina al piano di sotto.

Mentre camminiamo mi guardo i polsi.
Il dottor Ivan era buono, lui non voleva farmi del male, era sempre il più delicato possibile.
Forse Luke si sbaglia, forse queste non mi servono da promemoria, ma da incentivo.

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