uno

9.4K 484 126
                                    

Entrai nel ristorante Les Trois Garçons di corsa, cercando di darmi un contengo e raggiungendo i miei amici, seduti al nostro solito tavolo.

Ero in ritardo. E io odiavo essere in ritardo. Mia madre sarebbe stata fiera di me, poiché il suo motto era 'una vera donna sa sempre farsi aspettare'. Ridicolo, vero? Perché dover perdere sempre del tempo prezioso, soprattutto se si è già pronte da tempo?

«Finalmente triccispicci, sei arrivata! Pensavamo ti fossi persa per Oxford Street!» disse Louis, alzandosi.

Mi buttai tra le sue braccia, ispirando il suo profumo Fahrenheit 32. «Non immagini nemmeno cosa mi è capitato questa mattina, spennacchiotto!»

Lui si mise a ridere, risedendosi dopo aver accompagnato la mia sedia mentre mi sedevo, da vero gentiluomo qual'era. Salutai con un gesto stanco Harry e Shelby, la quale non mi degnò nemmeno di uno sguardo, troppo impegnata ad ammirare le fossette del suo vicino di posto.

«Ma cipollotta, mi avevi detto che andavi a parlare con la coinquilina questa mattina!» mi disse Louis, aprendo il menu e sfogliandolo, nonostante sapesse già cosa prendere.

Louis Tomlinson era il mio migliore amico, la prima persona che avevo conosciuto quando ero approdata a Londra. Ricordo poco del nostro primo incontro, ma ho ben presente la sua figura che dormicchiava sul mio divano in uno stato pietoso la mattina dopo la festa.

Un ragazzo come pochi e non solo perché fosse ricco sfondato e imparentato lontanamente con la famiglia reale, ma perché riusciva a farmi ridere, sempre. E riuscire a farmi ridere di gusto come faceva lui era un'impresa simile alle dodici fatiche di Ercole, per intenderci.

«Appunto!»soffiai, alzando gli occhi al cielo.

«Un disastro?»chiese Harry, pettinandosi i ricci già perfettamente sistemati. Styles era il figlio di papà più snob, egocentrico e pieno di sé che mai avessi avuto la fortuna di conoscere ed era proprio per queste sue meravigliose caratteristiche che andavamo tremendamente d'accordo. Aveva due anni in meno di me e tre in meno di Louis ed era la cotta - non molto - segreta di Shelby. L'unico suo difetto? La sua fidanzata fotomodella che alle volte si portava appresso.

«Un disastro è un eufemismo, mio piccolo Hazza.»sospirai disperata, prima di ordinare quando il cameriere venne a prendere le ordinazioni.

«Troppo snob?» chiese Shelby, riprendendosi dal suo stato comatoso e tornando nel mondo dei vivi.

Osservai disgustata il suo vestito verde asparago prima di risponderle.

«Oh no… solamente troppo sensibilmente limitata, per intenderci!»

Alejandrina Blanca Castro Dominguez - più comunemente chiama ABCD, soprannome banale e trascurabile come il suo livello mentale - era una ragazza di origini ispaniche, dalla carnagione arancione a causa delle troppe lampade e dai capelli ossigenati. Una Barbie fabbricata male che il buon Dio aveva graziato dandole il dono della parola - dono del quale lei non faceva evidentemente buon uso. Si era presentata al 43 South Molton Street vestita con un orribile vestito rosa garofano. E il 43 South Molton Street non è assolutamente posto da rosa garofano. Ed era arrivata in ritardo. E ripeto, io odio arrivare in ritardo, ma più di tutto odio chi arriva in ritardo.

Avevamo passato la mattina a parlare delle sue meravigliose e straordinarie unghie rosa - meravigliose e straordinarie solo per lei, s'intende - dei suoi capelli ossigenati e del suo parrucchiere di fiducia - e poiché non mi aveva detto come si chiamava capii che parlava di sua madre - degli ultimi vestiti che aveva comprato - da H&M e Zara, di sicuro non da Armani e Dolce&Gabbana, guardando la qualità del capo - e del suo ultimo fidanzato, un giocatore di rugby famosissimo - sì, forse nelle scuole elementari di qualche paesino sperduto, non a Londra di certo. Insomma, una ragazza con la quale avrei chiacchierato solo per prenderla in giro senza ritegno.

the tenantDove le storie prendono vita. Scoprilo ora