Prologo

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I vecchietti che ti spiavano non erano proprio il massimo, ma una certa motivazione per accelerare ancor di più per infastidire quei loro poveri timpani.

"Gideon! Zia Ruthe sta dormendo, ti conviene smetterla o ti lascio a digiuno stasera!" Bla bla bla, pensai. Quando parlava mamma tremava tutto il paese, sembrava una sirena.

Qualcuno fischiava in modo provocante dietro di me e sapevo già chi era.
"Non ti stanchi mai di queste di moto vero?" George era seduto sul muretto di pietra con una sigaretta in bocca, anche lui aveva questa passione, ma non era un fanatico come me.

"No, sono la mia vita scemo" in modo scherzoso gli ho tolto la sigaretta da bocca per portarla sulle mie labbra e fare qualche tiro, ma ogni volta che lo facevo mi sembrava di soffocare.

"Questa non è roba per te, a proposito, hai sentito Jane?" Jane.. Jane.. ogni volta che si parlava di lei i miei occhi sembravano dei cuori pulsanti, ero pazzamente innamorato di lei.

"No, perché?" Gli domandai confuso mentre stavamo entrando in casa dalla veranda che si affacciava sulle montagne.

"No niente, ho soltanto chiesto" Quel 'No ho soltanto chiesto' suonava sempre come la bugia più grande del mondo, so che mi stava mentendo e non capivo il perché.

"Ragazzi se non venite a tavola prendo la ciabatta!" Scoppiammo a ridere come degli scemi quando mamma ci mostrò la ciabatta scherzosamente, chiaramente perché c'è la voleva lanciare addosso.

Zia Ruthe dormiva sulla sua poltrona vecchia e consumata, come al solito d'altronde. Certe volte mi sembrava morta quando dormiva.

Non abbiamo un padre, o almeno è quello che mi ripeto io per cacciare via i brutti pensieri. La realtà è che i nostri genitori sono divorziati e lui s'è sposato con un altra.

Sin da bambino amavo le moto, le disegnavo, le sognavo, le ammiravo, le amavo. Non so perché, forse mi rispecchiavo nelle moto.
Sono così simili a me che, quando lo racconto a qualcuno mi prendono per pazzo.

Amo correre come le moto,
Quando sento di essere stanco ma non voglio ammetterlo, continuo, e corro.
Continuo e corro.
Ma poi, mi fermo.
Mi fermo e penso; Cacchio! Ne ho fatta di strada però, eh?
Ed è sempre stato così.

Tanti dicono che l'animale è il miglior amico del uomo, ed è vero, ma il mio miglior amico è sempre la mia Muller Zundapp.

Per questo ho deciso di aprire una specie di scuola dove i ragazzi possono sfogarsi, gareggiare, correre, truccare le proprie moto, ma soprattutto, imparare una lezione, la lezione della vita.

Che in un secondo puoi essere morto, morto su una di quelle strade che tanto amavi percorrere, morto dentro perché qualcosa in te se n'è andato, morto in generale.

Non voglio insegnare ai ragazzi di usare le moto come le scarpe, ma che le devono trattare come le proprie donne, come degli tesori, che non devi scherzare con loro, altrimenti ti buttano a terra e ti uccidono come se fossero umane.

La mia prima moto la comprai a diciotto anni e un giorno, o meglio, la rubai ad un meccanico che la lasciava sempre fuori, e ogni volta che ci passavo davanti mi tentava, mi tentava con il suo muso sportivo come se mi dicesse 'cosa aspetti? Portami via.' È così ho fatto, e quando la portai nel mio garage gli ho dato una bella spruzzata rossa con la bomboletta in modo che quel meccanico non la riconoscesse.

"Vado sù, non ho più fame" George era sempre così, non mangiava mai a cena.

"Anch'io mamma!"

"Sì certo, ascolta quel cretino di tuo fratello" Alzai gli occhi al cielo. Brontolava sempre.

Salendo le scale un bigliettino si appiccicò sotto il mio piede davanti alla camera di George, e mi dava un gran fastidio, alzando la pianta del piede tolsi via il bigliettino leggendolo ad alta voce.

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