Il giorno dopo sarei partita. Ero un po' agitata, ma allo stesso tempo sollevata.
Erano le 24.00 precise ed avevamo da poco finito la lezione giù in strada. Era stata l'ultima volta che avrei ballato con loro. Ci eravamo salutati con grande affetto sapendo che non ci saremmo visti mai più e fu un po' commovente ma cercai di trattenere le lacrime.
Mi gettai sul letto. Non sapevo bene cosa fare: non sapevo se lasciare una lettera ai miei o sparire completamente e fare la crudele come loro avevano sempre fatto con me.
Lanciai un'occhiata alla luna, che mi ricordò di essere una brava ragazza così presi un mezzo foglio da un quaderno e una penna e, senza pensarci molto, scrissi:
Cari genitori,
no, proprio cari non direi, dato che questi anni non avete fatto altro che rendermi pessima la vita, ho deciso di lasciarvi. Ora siete liberi, potete fare tutto ciò che, come pare, in qualche modo ignoto io vi rendo impossibile. Partirò e non cercatemi perché non ce ne sarà bisogno. Vado in un posto sicuro, molto lontano da qui anche se non credo che vi importerá capire dove sia.
Ripeto, non cercatemi.
Natalie
Ora ero più tranquilla. Conservai la lettera nel cassetto e posizionai borsoni, valigie e tutto ciò che mi apparteneva avanti alla finestra, pronti per essere calati giù all'arrivo di Julio.
Puntuale come sempre, dopo 20 minuti Julio era giù ad aspettarmi con la corda in mano. Dopo aver scaricato tutta la roba scesi con difficoltà perché tremavo dall'emozione. Percorremo la via principale di Memphis, non l'avevo mai vista di notte e arrivammo all'areoporto.
Lanciai un'occhiata stracolma di felicità a Julio che la ricambiò con una piena di tristezza. Mi sedetti accanto a lui sulle scomodissime poltroncine d'attesa e gli misi una mano sulla spalla, lui allungò la sua e me la accarezzò, poi me la prese e si voltò verso di me gurdaandomi dritto negli occhi. Non potevo resistere anche questa volta, non ci riuscivo. Iniziai a piangere ininterrottamente e lui mi abbracciò forte. Sentivo le sue mani calde accarezzarmi la schiena fino al collo. Poi mi prese la testa tra le mani e me la sollevò dal suo petto e disse:
"Natalie, per me sei come una sorella e non so, davvero non so cosa dirti, ti voglio troppo bene per dirti che sono felice che tu parta". Piangeva forte, molto forte, forse più di me ma non saprei dirlo data la confusione di quel momento.
Mi alzai gli dissi di aspettarmi. Il più veloce possibile corsi verso il bancone dove un signore stava maneggiando la macchinetta del caffè e senza esitare comprai un viglietto per il mio stesso volo.
Mi diressi da Julio e glielo porsi.
Mi guardò con un'espressione indecifrabile mentre il tizio del caffè annunciava il mio, o forse nostro, volo.
Lo guardai attentamente: guardava in su,il soffitto. Mi resi conto di aver sbagliato, non avrei dovuto farlo perché se non mi avrebbe seguito, magari un giorno avrebbe potuto pentirsene.
Abbassai il capo, mi voltai e senza dire niente me ne andai.
Il cuore mi batteva fortissimo. Mi stavo lasciando alle spalle un tesoro, una persona per il quLe provavo un bene che non potrei paragonare nemmeno all'infinito.
Avevo paura. Avevo tremendamente paura. Temevo di star sbagliando. Tremavo e piangevo e mi sembrava che a presto il cuore sarebbe esploso nel mio petto.
Entrai in aereo, mi sedetti, attaccai la cintura e strinsi forte il bracciolo della poltrona. Chiusi gli occhi e quando gli riaprii la prima cosa che vidi fu la luna. Ancora una volta quella sfera argentea mi accompagnava in un'avventura che mi avrebbe cambiato la vita.
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Talking to the moon ...
Teen FictionUna semplice ragazza, uma timida, una di quelle che non parla e che arrossisce quando le chiedono il perché. Una ragazza che ha un segreto ma che presto svelerà a peter, un affascinante ragazzo che improvvisamente compare nella sua vita fatta di del...