"Alt! Fermi tutti! Fermate tutto. Fermi. Fermi." - urla l'ometto con gli occhiali dalla montatura pesante e la cravatta di sghimbescio. La sua voce, potente per uno con la sua corporatura, si propaga per il capannone. Quello comincia a muoversi tra gli enormi ingranaggi, che sbuffano vapore, fermando il lavoro e richiamando gli operai perché arrestino le macchine, che in quel momento stanno girando a pieno regime.
"Alt! Tutti fermi. Alt! Alt!". Ripete come una cantilena mentre scorre i fogli spiegazzati della cartellina che ha in mano, come se stesse cercando qualcosa. "Come è potuto accadere? Come è stato possibile che si sia verificato un fatto del genere? Due su due: non è fattibile secondo le regole. Non rientra nelle regole. Le regole non possono essere sovvertite in alcun modo: esistono per evitare situazioni di questo genere. Che guaio, che guaio!". Il sovrintendente sembra parlare tra sé mentre si mette a percorrere lo stanzone da un capo all'altro come in preda a una forma di una isteria.
Nessuno l'ha mai visto così sconvolto e in preda al panico. "Non sono stati eseguiti i controlli periodici? Non si può tollerare un evento di questa portata, rendiamoci conto. Vorrebbe dire perdere ogni credibilità. Gli ordini sono chiari". Gli operai e i supervisori lo osservano con un misto di preoccupazione e di perplessità. Il capannone, per la prima volta da che riescono a ricordare, è silenzioso. Gli ingranaggi che permettono lo svolgimento delle operazioni sono fermi. Nessuno osa farsi avanti per chiedergli cosa stia succedendo ma dal suo comportamento comprendono che qualcosa di grave deve essere successo. Quando sono stati assunti gli è stato spiegato che il loro lavoro è mantenere efficiente quell'area, provvedere alla manutenzione e fare in modo che i complicati meccanismi non si inceppino e non interrompano la produzione. Non sanno a cosa servano, non è stato spiegato loro nel dettaglio, ma sanno di essere il centro delle operazioni gestionali della grande azienda.
Il sovrintendente si guarda intorno, tutto è fermo. Per la prima volta da chissà quanto tempo c'è silenzio. Quello è solo il primo passo, il suo lavoro è molto importante e non può lasciar correre un avvenimento di quella portata. Non solo metterebbe in cattiva luce il suo operato ma quello dell'intero reparto. Per tacere del danno d'immagine che causerebbe all'intera società e a cascata una serie di altri problemi.
Come se già non avessero abbastanza problemi.
Con piglio deciso si ficca la cartellina sottobraccio, lasciando cadere alcuni fogli. Un operaio li raccatta e glieli porge, con fare solerte. Negli occhi gli si possono leggere milioni di domande, che vengono ignorate dall'ometto, che invece si lancia in una specie di corsa verso l'ufficio del capo reparto. Qualcuno prova a fermarlo, per avere almeno una parvenza di spiegazioni ma quello riesce a sfuggire e, come una furia, si catapulta nell'altra stanza. Senza bussare e senza farsi annunciare. La segretaria si alza in piedi di scatto, lui è più veloce e riesce a evitarla, senza farsi prendere. Non le resta che tornare a posto e cerca di informare il capo reparto attraverso l'interfono. Attraverso il silenzio, tutti possono sentire il rumore dei passi che salgono le scale. Le suole di cuoio producono un secco rimbombo sui gradini e infine possono scorgere la figura che scompare dietro la porta.
La donna si alza e si avvicina a un giovane dai capelli a spazzola e l'aria spaesata. "É possibile avere una spiegazione ragionevole per questo trambusto? Il capo non sarà contento". Da sopra si odono, a conferma, gli ululati del capo reparto mentre il sovrintendente sta fornendo una motivazione per il suo comportamento, per aver fatto spegnere i macchinari e per essere piombato nell'ufficio senza farsi annunciare, secondo quanto previsto dal regolamento.
Gli uomini e le donne presenti stanno con il naso rivolto verso l'alto ma riescono solo a udire la voce del superiore che man mano si spegne. Sembra che le motivazioni del sovrintendente, alla fine, siano convincenti quel tanto che basta per farlo soprassedere al mancato rispetto delle procedure. Dopo poco i due uomini escono e si infilano nell'ascensore utilizzato dalla dirigenza per le visite al complesso. "Cosa dovremmo fare?", domanda uno degli operai ma nessuno ha una risposta. Sono fermi da parecchio ormai e il danno alla produttività comincia a essere importante. Il grosso tabellone numerico che indica i processi portati a termine è fermo.
YOU ARE READING
Rivivisioni - i giochi del destino
Aktuelle LiteraturSe esista o meno un destino prefissato per ciascuno di noi, un fato che ha già deciso prima ancora della nostra nascita, non è dato saperlo ai comuni mortali. I filosofi si sono interrogati su questo e ognuno ha trovato una risposta diversa, a secon...