Svegliati

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Non ce la faceva più. Non era una situazione sopportabile. Era inconcepibile.
Come poteva ignorare certe cose?

Lei stava lì e lo guardava mentre parlava col suo amico. Parlava come se fosse assente. Come se quella conversazione fosse futile. Le dispiaceva per il suo amico, quell'idiota che ancora era lì a calcolarlo.
Lo guardava da lontano, ma capiva quanto gliene poteva fregare del suo interlocutore: meno di zero. Quell'atteggiamento le dava fastidio. Le dava fastidio da mesi e si era stufata.
Gli voleva bene dopotutto, per questo stava lì a fissarlo. Per questo era un'idiota anche lei. Perché lei era una di quelle persone che ancora lo calcolavano, proprio come l'amico con cui stava parlando.
Stava ancora lì, parlava senza espressione. Gesticolava lievemente.
E lei si stava irritando. Doveva parlargli.
Prese il cellulare e chiamò l'altro idiota. Lo guardò rispondere e gli intimò di trovare una scusa e andarsene.
Non servivano spiegazioni. Ormai lo sapevano tutti che c'era qualche problema fra loro due.
Così lui rimase da solo. Restò lì seduto a fissare il vuoto per quelle che le sembrarono ore. Era quasi tentata di alzarsi e andare da lui.
Finalmente lo vide mettersi in piedi e dirigersi verso l'uscita. Lo seguì fino al loro appartamento. Ultimamente era così facile seguirlo. Sembrava facesse apposta ad essere così distratto.
Aspettò circa cinque minuti di fuori, poi prese il suo mazzo di chiavi ed entrò.
Sapeva già dove si trovava. Ormai passava chiuso in camera sua tutti i giorni. Non faceva nulla. NULLA.
Ogni volta che tentava di parlargli lui le dava della rompi coglioni e la mandava via.
Era giunto il momento di tirargli un bello schiaffo.
Ma lei non usava le mani, lei usava le parole. Perché sapeva che una parola ben piazzata era peggio di dieci schiaffi. Così si diresse in camera sua.
Entrò nella stanza e si chiude la porta alle spalle. Lui non ebbe neanche il tempo di girarsi che già aveva cominciato a parlare.
«Ora basta. Insultami pure, non mi importa, basta che mi ascolti. E smettila di fare... quello che stai facendo. La vita non si prende così. Non puoi continuare a lamentarti e trattare la gente male. Cosa pensi di guadagnarci? Eh? Sei solo un ingrato. Potevi nascere e crescere senza la speranza di un futuro, potevi nascere senza poter vedere le meraviglie di questo mondo, potevi nascere senza poter ascoltare le sue melodie, potevi nascere senza poter toccare la natura. Invece tu sei nato con un problema mentale»
Lui si indignó e cercò di interromperla, ma lei continuò, senza neanche mostrare di aver notato la sua espressione.
«Io questo tuo comportamento lo giustificherei solo con un problema mentale. Perché sei uno stupido. Un ingrato che non vede la bellezza che lo circonda. Un ingrato che respinge le persone che gli vogliono bene. Un ingrato che non ha voglia neanche per i suoi hobby.
Un ingrato che non riesce ad amare nemmeno se stesso. Credi di essere il solo a soffrire? Ci siamo passati in molti. C'è chi si arrende, sì. Ma c'è anche chi si rialza, chi riesce a vedere quello spiraglio di luce. Chi lega il suo futuro a quello spiraglio. Perché dopo la tempesta, viene sempre il sereno. Potrà durare anche anni, ma la quiete arriverà. Tocca a noi decidere se aspettarla o non accoglierla. E tu fai parte di quegli stupidi impazienti che non riesce ad aspettare... Continui a trattare male chiunque ti stia vicino, vai! Insulta anche me, dimostrami che ho ragione»
Non aveva neanche la forza di guardarla negli occhi. Fissava il vuoto e non rispondeva.
«guardati. Sei un uomo che non riesce nemmeno a vivere, mi fai pena»
Lo guardò un'ultima volta e si girò. Prima di andarsene fece un sospiro e aprì bocca per l'ultima volta.
«me ne vado, non ce la faccio più. Non così»
Poi aprì la porta, l'oltrepassò e se la sbatté alle spalle.
Era stufa. Era pronta a mandare tutto a fanculo. E lo aveva fatto.
L'appartamento l'aveva già trovato. Le valigie già fatte. Mancava solo dire addio all'unica persona che le era rimasta. Persona che neanche si era resa conto di lei. Persona che si era aggiunta alla lista delle persone che l'avevano dimenticata. Ma stavolta era dura. Lei quella persona l'amava. L'amava da anni. E lui invece si comportava come un estraneo. Gli era rimasta accanto per mesi, sopportando quel comportamento che piano piano la fece impazzire.
Quel "basta" era necessario.
Per lei, ma anche per lui.
È facile abbandonare le persone a cui vogliamo bene?
È qualcosa di molto difficile invece. Molti lo danno per scontato, ma non lo è. È qualcosa di straziante. Ti lacera dentro. Eppure, a volte, è qualcosa di necessario. Perché non puoi sempre tirare la corda se l'altra persona l'ha abbandonata e legata ad un palo.
Non bisogna giudicare così malamente chi lascia andare le persone perché non è mai semplice. Perché molte volte dietro a degli abbandoni c'è molto più dolore di quanto pensiamo.
E così era anche per lei.
Andò in camera sua, prese le valigie da sotto il letto e si avviò verso il portone di casa.
Lui era ancora in camera sua. Probabilmente quel discorso non l'aveva toccato minimamente. A lei non importava più. Aveva perso anche quella battaglia. Prima di uscire si guardò indietro per un'ultima volta.
La lacrima che le scese non era per lui, ormai lui non era più la persona di cui si era innamorata. Quella lacrima era per l'uomo che anni prima aveva conosciuto. Per l'uomo che la faceva sorridere e la faceva star bene. L'uomo che l'aveva sempre vista come una semplice amica. L'uomo che non si era mai accorto dei dettagli. L'uomo che, nonostante tutto, amava ancora.
Ma aveva accettato che tale amore non portava a nulla.
Forse doveva aspettarsi questo finale. Forse avrebbe dovuto abbandonarlo prima. Ma la forza era arrivata solo ora. Ma almeno era arrivata.
Lasciò le chiavi sul mobile del salotto e uscì.
Finalmente era riuscita ad uscire da quell'incubo.
Finalmente aveva dato retta a quella voce che le ripeteva in continuazione «svegliati»

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