1. Music?

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La guardai un'ultima volta, era bellissima. I suoi capelli mossi e scuri le incorniciavano il volto e le risaltavano gli occhi verdi, come i miei. Si stava truccando nella sua stanza, il sole che entrava dalla finestra spalancata le illuminava perfettamente il viso, mi guardò e sorrise facendomi l'occhiolino. Mise in ordine i suoi trucchi e mi porse il rossetto che aveva usato poco prima. Mi avvicinai a lei e guardandomi allo specchio lo misi in silenzio. <Farò tardi stasera tesoro. Fai la brava e non toccare le mie scarpe nuove> disse ridendo. Amavo le scarpe di mia madre, erano sempre all'ultima moda, con i tacchi altissimi. Quando li metteva, superava mio padre in altezza, che era già abbastanza alto di suo. Quando non era in casa, fingevo di essere lei in una delle sue interviste per la TV. Era una donna speciale e le volevo un gran bene. Il rapporto tra noi due era perfetto, quasi come avere una migliore amica. <Va bene, ho promesso a papà di aiutarlo con i biscotti. Altrimenti li brucerà tutti>. Mi rivolse uno sguardo divertito, mi diete un bacio sulla fronte e uscì dalla stanza, la seguii in cucina, dove mio padre stava già cominciando a fare danni.
<Con quel rossetto dovrei impedirti di uscire da casa, Amy!> esclamò lui guardandomi. Gli sorrisi e mi precipitai alla porta d'ingresso, dove mia madre si stava per mettere il cappotto.
<Buona Fortuna amore>, disse mio padre guardando con ammirazione sua moglie.
<Non fate casino e...>
<Non rompiamo niente> dicemmo in coro. Era abitudine rompere qualche piatto ogni volta che io e mio padre ci improvvisavamo chef di alta classe.
Una volta cenato e finiti i biscotti che profumavano l'intero salotto, accesi la radio per ascoltare qualche nuova canzone. Dopo due brani il telecronista annunciò l'incidente di Anna Price, la cantante del momento in Inghilterra. Il mio cuore saltò un battito, mia madre era appena stata investita ed era morta sul colpo.

Mi svegliai nella mia stanza del college, gli occhi pieni di lacrime. Dal giorno dell'incidente facevo ogni notte lo stesso sogno. Cercai di scacciare quei maledetti pensieri dalla testa e mi alzai dal letto. Spalancai la tenda e feci entrare un po' di luce nella stanza. Era una giornata particolarmente uggiosa, perfetta per studiare. Amavo il rumore della pioggia, mi faceva sentire viva.
Chrissie, la mia compagna di stanza, non gradì l'intrusione della luce sul suo letto e borbottò qualche imprecazione che non riuscii a capire.
<Sono solo le sei, Amy, ed è domenica. Spegni la luce!> disse, mangiandosi qualche parola per via del sonno.
<Domani avrò un esame, lo sai. E il professor Turner è molto esigente>. Non mi rispose, si limitò a lanciarmi il cuscino facendomi rovesciare i libri a terra. Sospirando tirai la tenda, presi i miei vestiti e mi cambiai in bagno. I miei capelli castano chiaro erano completamente per aria e i bigodini fatti la sera prima ormai erano quasi a terra. Mi sistemai coprendo le occhiaie causate dal sonno con un po' di trucco.
Uscii dall'istituto per andare a fare colazione al bar più frequentato della scuola, ma essendo domenica mattina presto, c'erano solo due poliziotti e il proprietario del bar. Ordinai delle uova strapazzate, bacon, succo d'arancia rossa e cominciai a studiare.

La mattinata passò in fretta, verso le nove il bar cominciava a riempirsi, così decisi di tornare all'Imperial College, dove studiavo astrofisica. Era il mio primo anno, anzi le mie prime due settimane, ma mi stavo già ambientando. Andai in biblioteca per finire di ripassare gli ultimi capitoli. C'era solo una persona che, come me, stava entrando per accomodarsi su uno dei numerosi tavoli in legno. Era un ragazzo alto dai capelli super voluminosi e ricci, di un nero molto intenso. Si chiamava Brian, Chrissie aveva una cotta per lui. Mi sedetti affianco a lui. Avevamo instaurato una bella amicizia, poiché fu la prima persona, oltre alla mia compagna di stanza, che mi rovolse la parola. Da quel giorno eravamo praticamente sempre insieme, ovunque andassi, senza farlo apposta lo incontravo. Era un ragazzo adorabile e molto alla mano. Era più grande di me, di ben cinque anni, avendone io 18 e lui 23, ma non ci era mai importato molto della differenza di età. Era molto intelligente, era famoso in università per i suoi voti oltre la media, otteneva la lode con poco sforzo e aveva deciso di aiutarmi con il mio primo esame. Studiare con lui era piacevole anche se molto stancante. Era quasi peggio del professor Turner, molto più appassionato, ma la trovai una cosa positiva.
<Capito tutto?> mi disse, ancora una volta.
<Mi sta scoppiando la testa, Brian.> lo guardai con occhi pigri e con mio stupore sistemò le sue penne e libri nella borsa.
<Ok, allora> fece una pausa sistemando un ultimo appunto sul mio quaderno. <Ricordati questo, e andrà bene>
<Grazie, Chris ci starà aspettando in mensa>.

Il resto della giornata, a differenza del mattino passò molto lentamente. Brian e Chrissie parlarono per tutto il tempo di musica, cosa che mi mise in estremo disagio. Avevo un brutto rapporto con la musica dalla morte di mia madre e non volevo più averne a che fare. Scoprii poi che Brian era un musicista e questo mi rese triste. Non volevo allontanarmi da lui, era l'unico amico che avevo insieme a Chrissie e mi convinsi che sarebbe stato stupido perdere gli unici amici che avevo solo perché appassionati di musica. "tanto non dovrò assistere a nessun concerto" continuai a pensare. Non avevo mai rivelato a nessuno dell'incidente, mi limitavo a sviare l'argomento quando Chrissie mi chiedeva di mia madre. Non ero ancora pronta, era passato solo un anno. E come se non bastasse, il ragazzo con cui stavo fino all'anno prima, che avevo lasciato per il suo carattere troppo possessivo, aveva la stessa passione di Brian con la chitarra.
Il resto del pomeriggio lo passai nella mia stanza, lasciando i due da soli. Non mi dispiaceva stare da sola, non avevo un carattere molto aperto e poi avrei dovuto passare quell'esame, per non abbassare la mia autostima già al primo tentativo.

Il giorno dopo mi svegliai ancora prima della mattina precedente per ripassare gli ultimi argomenti. Mi precipitai nell'aula 23/A, nella quale avrei dovuto fare l'esame. Arrivai con un'ora di anticipo, e mi stupii del fatto che fui l'unica ragazza presente a quell'ora. Avevo probabilmente sopravvalutato i miei compagni di corso.
Dopo due lunghe ore di attesa, l'esame finì e andò alla grande, Brian si era rivelato un insegnante perfetto e il mio 30 ne era la prova.
Soddisfatta andai verso il suo dormitorio, bussai alla porta e quando questa si spalancò, Brian non c'era. Al suo posto un ragazzo biondo con occhi azzurro cielo. Mi guardò perplesso qualche istante poi si decise a parlare.
<Ti sei persa, piccina?>
Lo guardai stupefatta e offesa, ma mi composi e decisi di ignorare quella frase.
<No, grazie. Cerco Brian.> Mi guardò con un sorrisino irritante, e solo dopo poco mi resi conto che sembravo patetica, avrei voluto tirargli un pugno.
<MAY!> Urlò. Si girò tutto il corridoio verso di noi e un gruppetto di ragazze, decisamente più grandi di me, ridacchiarono. <C'è una bambina che ti cerca!>
Era troppo, la rabbia aumentò a tal punto che, non so con quale coraggio, il mio piede colpì la sua tibia.
<Mi piacciono le ragazze aggressive> Mi rise in faccia. Stavo per sferrare un altro calcio quando Brian arrivò.
<Taylor sei un disastro. Mi scuso da parte sua> disse Brian mortificato, lanciando occhiatacce all'amico. <Finito l'esame?>
<Ma allora studi qui!> si intromise il ragazzo, mentre stavo per sfoggiare il mio adorato voto. <Un'università impegnativa per una ragazza come te, no?>
Brian gli tirò un pugno sul braccio e gli fece segno di andarsene con la testa. <Ci vediamo, piccina> Uscì dalla stanza continuando a guardarmi con un sorrisetto che trovai odioso.
Avrei voluto soffocarlo, ma cercai di calmarmi. Guardai Brian e la sua stanza in disordine. Era molto più grande della mia, vicino al letto una chitarra rossa che non avevo mai visto in commercio, un piccolo amplificatore e una libreria piena di libri di astrofisica e vinili.
<Ho preso 30, ti ringrazio!>
<Ora sei in debito, cara mia>. Mi sorrise ed io ricambiai.
<Ti offro il pranzo al diner, ti va?> Gli chiesi, con le gote ancora calde.
Mi ringraziò e infilandosi una giacca di pelle mi fece strada fino al diner. Conoscevo ancora poco le strade londinesi, e il mio senso dell'orientamento era paragonabile a quello di un criceto. Venendo da un paese molto più piccolo, Salisbury di preciso, non ero abituata al traffico della città.
Arrivati al diner, Brian cominciò a congratularsi con me per il voto che avevo preso.
Parlammo del più e del meno, quando il mio sguardo cadde sul bancone del bar. Il ragazzo biondo mi stava fissando.
<Chi è il tuo amico? Non l'ho mai visto in università> indicai con lo sguardo il biondo.
<Ah Roger? È un mio caro amico, ci conosciamo da anni, non studia qua, era venuto a trovarmi. Suoniamo insieme da un po' con Tim>
Tim era il suo compagno di stanza, era un ragazzo molto eccentrico e cercava sempre di attirare l'attenzione. A quanto pare era un vizio degli amici di Brian.
Parlammo del più e del meno, cercando di evitare la musica, anche se con lui era impossibile. Passai tutto il tempo cercando di non guardare il bancone, perché quel ragazzo irritante biondo, continuava a fissarmi.

CIAO A TUTTI!
Questa è la prima volta che scrivo, fatemi sapere se questa storia vi interessa e potrò pubblicare un secondo capitolo!!!
Bye :3

1970 - QueenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora