Un brivido mi percorse lungo la schiena.
Camminai con passo lento fino alla porta della mia stanza e mi appoggiai ad essa per sentire meglio, ma un silenzio tombale invadeva la casa. Con mani tremanti abbassai la maniglia cercando di far meno rumore possibile.
La debole luce della piccola lampada illuminava il corridoio giusto in necessario per vedere dove mettevo i piedi. Senza inciampare nelle varie macchinine sul pavimento, raggiunsi velocemente le scale e allungai la mano per afferrare il corrimano, ma un urlo mi bloccò lasciandomi impietrita sul primo scalino. Due figure completamente nere entrarono nel salone trascinando con loro un sacco di iuta che, come un pennello, strisciava sul pavimento lasciando dietro di se un'intensa striscia rossa. Uno dei due uomini in nero si fermò e, facendo cenno al compagno di lasciare la presa, buttò il sacco ai piedi del divano. Un tonfo sordo riempì il silenzio facendomi sussultare e appiattire contro un angolo della scala. Le due figure scomparvero dietro la porta di ingresso, lasciando che quel sacco sporcasse il pavimento. La curiosità di sapere ciò che conteneva sovrastava li mio buon senso; scesi velocemente le scale e mi avvicinai per guardare meglio. Il sacco, ormai dipinto interamente di rosso, era leggermente aperto e da esso fuoriuscivano delle ciocche di capelli biondi. Il respiro mi si bloccò, indietreggiai e con i piedi calpestai la pozza rossa facendo inzuppare i calzini, spalancai gli occhi riconoscendo i capelli che amavo tanto intrecciare<<Mamma...>>
Aprii gli occhi di scatto battendo velocemente le palpebre e, cercando di regolare il respiro, mi guardai intorno. La pioggia bagnava il finestrino dell'auto disegnando piccole circonferenze imperfette. Osservai il percorso di una piccola goccia che lentamente scivolava via come la mia tranquillità. Sono passati undici anni ma il ricordo di quella notte continua a tormentarmi come il primo giorno, un po' come una sveglia mi ricorda il perché vivo in uno squallido orfanotrofio. Allungai le gambe sedendomi dritta sul sedile, osservai l'uomo alla guida che, concentrato, guardava la strada evitando le pozze d'acqua.
«Buon giorno»
Disse guardandomi dallo specchietto. Non sono mai riuscita a capire perché continua ad occuparsi del mio caso, non è la prima volta che mi accompagna all'orfanotrofio e, sinceramente, sono stanca di averlo sempre attaccato al culo. È il primo assistente sociale che non mi ha lasciato chiusa in quell'inferno da sola, molte volte viene a controllare se va tutto bene e soprattutto se non sono scappata. Numerose volte ha rovinato i miei piani di fuga comparendo all'improvviso e facendo saltare tutto all'aria, ecco perché lo odio.
Accostò dinanzi all'ingresso porgendomi un ombrello che presi senza discutere, non accettavo mai niente da lui ma pioveva molto e non volevo bagnarmi. Scesi e aprii il cancello
«Malika!» mi girai scocciata verso l'auto, aveva abbassato il finestrino e mi guardava con quello sguardo che più odio al mondo
«Ti prego, fa' la brava. Sappiamo entrambi che non sei così...perché non provi a farti degli amici? Stai sempre chiusa in camera e quelle poche volte che esci è per scappare... Io non so più che fare per aiutarti...»
Lo guardai sorridendo amaramente
«Non perdere tempo con me, lo sai che è inutile»
Mi girai aprendo completamente il cancello
« Torna da tua moglie e non rompere»
Lo sentii sospirare
«Un giorno capirai quanto sei speciale e sono sicuro che un troverai anche tu qualcuno capace di farti amare la vita»
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Infinito
FantasyUn cuore spezzato e un sorriso spento sono le uniche cose che Malika possiede. Incredibilmente testarda è impulsiva, fin dalla più tenera età, era considerata da tutti diversa e gli undici anni trascorsi nella camera di un'orfanotrofio non l'aiutav...