Capitolo 3

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Devo andarmene da qui.

Era l'unica cosa che riuscivo a pensare in quel momento.
Quell'unico pensiero si faceva strada nella mia testa oscurando tutto il resto e diventando sempre più insistente a ogni minuto, a ogni secondo che la piccola feccia rossa della sveglia segnava.

Devo andarmene da qui.

Potevo quasi sentirlo strisciare nella mia testa e, come un virus, si attaccava ai miei pensieri, li modellava, li contorceva, li frantumava lasciando questo unico pensiero prendere il sopravvento.

Devo andarmene da qui.

Raggiunsi barcollando la finestra col cuore a mille e, ansimando in cerca d'aria, mi aggrappai alla maniglia con tutte le forze che avevo e spinosi  bisognosa di ossigeno. Una folata di vento mi investì; inspirai e sentii l'aria fredda entrare nelle narici per poi arrivare ai polmoni ed invaderli restandoci attaccata: profumava di terra bagnata, di fango, di erba... profumava di vita.

La porta si spalancò facendomi sobbalzare, mi voltai per vedere chi fosse entrato senza neanche preoccuparsi di bussare. Sulla soglia avvolto in un vestito improvvisato con un lenzuolo c'era Michael che con aria sofferente si poggiava il dorso della mano sulla fronte

«Signorina Malika,mi rammarica annunciarle che una vecchia zitella vuole incontrarla»

notando il mio sguardo interrogativo entrò definitivamente chiudendosi la porta alle spalle e con un salto si butto sul letto

«Hai la stessa delicatezza di una vacca incinta» lo rimproverai ancora col sorriso stampato in faccia. Mi guardò con occhi da cerbiatto contornati da un ombretto blu che si intonava perfettamente ai suoi occhi e si scostò una ciocca dorata dal viso.


«Hai detto che voleva vedermi qualcuno?»

«Si» rispose sistemandosi meglio contro la spalliera del letto.

«La signora Mrseet mi ha chiesto di chiamarti perché c'era una signora che voleva conoscerti»

Lo guardai curiosa. In undici anni ero stata "adottata" solo tre volte e tutte si concludevano con me che ritornavo nella House of Hopes col borsone in spalla, da allora nessuno mi ha neanche più rivolto uno sguardo... Tutti volevano dei bambini piccoli o dei ragazzi educati che li aiutassero in casa e io ovviamente non rientravo in nessuna delle due categorie, ma tra sei mesi avrei compiuto il mio diciottesimo compleanno e me ne sarei andata da questo pezzo d'inferno.

«E com'è questa signora? L'hai vista?»

«Si l'ho vista di sfuggita, poteva avere si e no sessant'anni con i capelli bianchi ed aveva una veste lunga con sopra dei fiori fatti a maglia»

lo guardai sorridendo

fortuna che l'aveva vista solo di sfuggita.

Mi alzai curiosa di sapere cosa quella donna volesse da me, sicuramente voleva qualcuno che potesse sfruttare per pulire casa o cose del genere. Aprii la porta e mi sorfermai a guardare quel piccolo marmocchio dai capelli dorati

«Toglimi una curiosità... perché ti sei conciato in questo modo?»

«Stephania voleva esercitarsi come stilista e mi ha obbligato a fare da cavia»

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