Maggio

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"Io non capisco, con Max è stato così facile, perché con Raph non lo è?" chiese Magnus, lo sguardo corrucciato mentre sfogliava un nuovo fascicolo di carte che gli aveva portato Izzy.
Erano ormai passate più di due settimane da quando avevano lasciato Raph in quell'inferno pieno di bambini urlanti e ancora non erano riusciti a tirarlo fuori. La frustrazione che Magnus provava poteva leggerla in ogni gesto e in ogni espressione di Alec.
Il loro bellissimo appartamento un tempo arredato con cura, passato ad essere pieno di giochi infanti, poi ricolmo delle carte e tessuti per i preparativi del matrimonio era infine arrivato ad essere ricoperto da moduli e moduli per l'adozione.
Casa nostra è un po' come i periodi di un artista, se sei abbastanza bravo a leggerla riesci a capire cosa stiamo affrontando.
Alec alzò lo sguardo blu dalle carte sconsolato, la prima settimana era passata nell'euforia generale tra il rendersi davvero conto di cosa implicasse quella decisione presa una sera a cena mangiando maccheroni al formaggio e a divulgare la notizia.

... Quando lo avevano detto a Izzy si era aperta in un sorriso sincero "Lo sapevo" aveva detto solo.
Jace aveva posato una mano sulla spalla di Alec dicendogli preoccupato:"Fratello se vai avanti così ti ritroverai la casa piena di marmocchi".
La più felice era ovviamente stata Maryse, era sempre stata una donna abbastanza fredda con i suoi figli, ma quando si trattava dei nipoti si scioglieva come burro. Una volta abbracciati Alec e Magnus si era voltata verso Jace e minacciandolo col dito indice aveva proferito:"E tu? Cosa aspetti a darmi un nipotino?"
Jace era sbiancato quasi istantaneamente, aveva appena chiesto a Clary di andare a convivere e con quello sperava di essersi sistemato per almeno un paio d'anni, non ci pensava proprio a mettere su famiglia adesso. Non che non la volesse, diventare padre era uno dei sogni della sua vita, ma non aveva fretta.
"Maryse basta Alec a mandare avanti la stirpe dei lightwood" le aveva fatto notare Robert ridendo.
"Lightwood-Bane" lo corresse Magnus.
Robert alzò le mani in segno di difesa.
"Ma io voglio un nipotino con i geni di Clary, pensa che bei disegni che ci farà! O a quanto saranno belli i suoi capelli rossi"
"Ti ringrazio mamma di volermi così bene da volere un figlio mio solo per i geni di Clary"
"Oh andiamo non ho detto questo" lo sminuì lei.
"Ha detto esattamente questo" confermò Alec al fratello che si era voltato verso di lui...

Ora però tutta l'allegria stava scemando. Adottare Raph non era così semplice come sembrava.
Avevano dovuto aspettare il via libera del giudice prima di poter anche solo compilare i moduli di richiesta, e, a differenza di Max, i servizi sociali fungevano da mediatori e quindi il processo per l'adozione andava sempre più a rilento. L'istituto dove era stato inserito Raph poi richiedeva ulteriori accertamenti, carte e carte per affermare che Alec e Magnus potevano fare i genitori.
"Non possiamo usare Max come prova?" mormorò esausto Magnus.
"Pova!" ripetè il bambino battendo le manine.
"Vedi?" fece Magnus indicandolo "È d'accordo."
Alec si passò una mano tra i folti capelli corvini.
"Certo poi magari inizia a fare i capricci perché vuole i capelli pieni di glitter mi dici che figura facciamo?"
"Che hanno di male i glitter?" chiese Magnus orripilato da tanta crudeltà "I glitter fanno di questo mondo un posto migliore" asserì categorico.
"Mags, lo so che tu la pensi così ma..."
"Non ti piacciono i miei glitter?" il tono tra l'incredulo e l'accusatorio.
"Non è questo" chiarì Alec scuotendo il capo.
"Hai visto la direttrice di quel posto? Avrà settant'anni, credo che abbia una mentalità piuttosto ristretta, è meglio tenere un basso profilo... Soprattutto con Max. "
"Quando mai ho conciato Max in un modo che non fosse glamour?"
"È opinabile" mormorò prima di riuscire a fermarsi.
"Cosa hai detto?" chiese gelido l'altro.
Alec poteva elencargli centinaia di episodi in cui aveva conciato loro figlio come se dovesse andare alla parata del carnevale di Rio, ma era abbastanza intelligente da capire quando c'era di mezzo la sua incolumità e quindi decise di tenere la bocca chiusa.
"Scusa" mormorò il moro non riuscendo a credere nemmeno lui che si stesse scusando per aver mancato di rispetto a dei brillantini appiccicosi.
"Oh dovrai fare molto più di così."
Alec abbandonò la sedia su cui era seduto e aggirò il tavolo sormontato da carte e si sedette su di esso di fronte a Magnus incurante di cosa stropicciasse. Gli occhi felini di questo non lo avevano abbandonato nemmeno per un attimo mangiandoselo con gli occhi poco a poco.
"Di più tipo così?" chiese chinandosi a baciargli una guancia.
Magnus mise il broncio.
"Così?" bacio sull'angolo della bocca.
Cenno di diniego.
"E così?" mormorò appena mentre si chinava a baciarlo sulle labbra.
Magnus ad un primo momento cercò di resistergli, ma Alec sapeva toccare tutti i punti giusti, sapeva a che tipo di bacio l'altro non avrebbe retto, non aveva scampo. E Magnus ce l'aveva davvero messa tutta, un attimo prima era lì con le labbra serrate e gli occhi spalancati e l'attimo dopo aveva le palpebre chiuse, le dita perse tra quei grovigli neri che erano i capelli di Alec e le labbra sempre più bramose dell'altro. Quando sentì la lingua di Alec percorrere il suo labbro inferiore non riuscì a trattenere un gemito che fu subito seguito da uno di protesta quando l'altro si staccò.
"Basta" gli sussurrò col respiro pesante indicando con lo sguardo verso Max "Dopo. "
E quella parola, quella promessa fece sorridere Magnus, perché sapeva che Alec aveva voglia di lui almeno quanta lui ne aveva dell'altro. Aveva bisogno di lui. E di quello, di quel bisogno ardente che leggeva chiaro in quegli occhi blu Magnus si nutriva.
Lo faceva sentire vivo, desiderato e, sarà stata una cosa egoista, ma sapere di essere voluto in quel modo da qualcuno, qualcuno che lo conosceva per come era, qualcuno che ormai lo sopportava da anni, qualcuno che sentiva più come una parte di sé che un altro corpo, lo faceva stare bene.
"Papà Alec" chiamò Max rompendo quella bolla magica che si era creata intorno a loro.
"Si Mirtillo?"
"I glitter sono belli."
"Io ci rinuncio" mormorò rassegnato.
"Sei in minoranza tesoruccio mi dispiace" disse Magnus facendogli il solletico sui fianchi.
Mentre si dimenava cercando di scappare da quella tortura Alec si ritrovò a pensare: Ancora per poco, quando torna Raph vi sistemiamo noi.

Quella sera Alec si sedette sul divano in pelle nera con un sospiro di sollievo. Sorrise nel vedere Magnus sopraggiungere con aria trionfante dalla camera di Max.
"Ecco a voi il mago della nanna" esclamò in un sussurro salendo a cavalcioni su Alec.
Questi lo guardò dubbioso arcuando un sopracciglio "Ah sì? E quante volte gli hai dovuto leggere il libro delle fiabe?"
"Tre" ammise Magnus un sospiro rassegnato "E due volte quella.."
"Della rondine e il principe" completò Alec.
"Già."
"E tu non ti sei mai addormentato?" indagò ancora Alec.
"Ho avuto un cedimento a un certo punto, ma evo dire di aver reagito abbastanza bene" sogghignò.
"Ah sì? Credo che ti sei meritato un premio allora."
"Che tipo di premio?" chiese con un sorriso malizioso Magnus facendo ruotare i fianchi contro quelli dell'altro tanto che il suo respiro si fece pesante all'stante.
La bocca di Alec cercò quella ambrata di Magnus mentre con le mani gli accarezzava la schiena. Contrasse i muscoli della schiena per portare Magnus a sdraiarsi sotto di lui, ma, un attimo prima che mettesse in atto tale manovra, lo fermò.
"Lascia fare a me oggi."
A quelle parole roche avvertì una fitta di desiderio che rese i pantaloni che portava terribilmente stretti, dovette mordersi le labbra per non gemere come un dodicenne.
Magnus lo conosceva come le sue tasche e si chinò sorridendo a rubargli un altro bacio consapevole dell'effetto che suscitava in lui.
Con gesti esperti fece scivolare i pantaloni di Alec, aiutato da questo che sollevò i fianchi, senza però rimuoverli del tutto. La maglietta invece volò via facendo sorridere Alec, sapeva quanto il compagno amasse fare l'amore petto contro petto. "È più caldo" si era giustificato una volta facendo spallucce.
Magnus di alzò da lui per potersi svestire completamente.
Alec deglutì trovandoselo davanti. Com'era possibile che non riuscisse ad abituarsi alla vista di quel corpo? Si sarebbe sentito così tutta la vita? Conosceva quel corpo come se fosse il suo ormai, ma non voleva mai smetterlo di percorrelo con gli occhi, di mangiarlo a poco a poco, sguardo dopo sguardo.
Magnus si avvicinò a lui e Alec trattenne il respiro quando sentì la sua mano prendere il suo membro per guidarlo dentro di sé. Si abbassò piano, come se avesse tutto il tempo del mondo, come se così facendo non stesse facendo impazzire Alec che gettò la testa all'indietro mentre un ansito lasciava le sue labbra. Magnus ne approfittò per baciargli il collo e succhiarli piano, incurante dei segni che poteva lasciargli. Quando Alec fu interamente dentro di lui si fermò a osservarlo, aspettando che quegli occhi blu trovassero i suoi e li rimanessero. Non un suono uscì dalle loro bocche, eppure parlavano, si confortavano, si amavano.
Infine Magnus si mosse dapprima piano ad ogni spinta un bacio rovente si andava a depisitare sulla pelle di Alec, poi sempre più veloce. Il piacere montò dentro i loro corpi tanto che per entrambi fu impossibile mantenere il contatto visivo, le palpebre si chiusero, le fronti madide di sudore si scontrarono mentre i loro gemiti si fondevano in uno solo.
Alec venne per primo svuotandosi in Magnus che con un altro paio di spinte gli intensificò l'orgasmo prima di venire egli stesso.
Magnus era ancora sulle ginocchia di Alec, il petto sudato contro quello dell'altro e la testa nell'icavo del collo mentre cercava di recuperare le energie.
Alec lo sentì sorridere contro la propria pelle.
"Che c'è?" gli chiese sorridendo lui stesso.
"Sento il tuo cuore battere."

Alec si svegliò rendendosi conto di essersi addormentato sul divano. Si guardò in torno in cerca di Magnus e, non vedendolo da nessuna parte lo maledisse per averlo lasciato così brutalmente sul divano.
Si tirò su a sedere con una smorfia di dolore, il loro divano era comodissimo certo, ma il letto era il letto.
Non appena fu seduto si accorse che qualcosa non andava. Il ciuffo di capelli che di solito gli ricadeva davanti agli occhi era scomparso e avvertiva una sensazione strana in testa, come quando Jefferson lo aveva costretto ad operare con una mollettina in testa sostenendo che i capelli così lunghi fossero pericolosi.
Lentamente si portò una mano alla testa terrorizzato e questa al posto di scontrarsi con la superficie soffice dei suoi capelli incontrò una specie di resistenza fredda.
"Ma che c..."
Corse in bagno più velocemente possibile e si guardò allo specchio.
I suoi folti capelli neri gli vennero restituiti dallo specchio, erano acconciati in rigide ciocche brillantinate ricoperte di glitter verde scuro.
"Magnus!" urlò incurante di svegliare Max. "Che diamine hai fatto?"
"Lo so mi dispiace" mormorò Magnus facendo capolino dalla porta del bagno sconsolato "Avevo finito i glitter blu."

"... Quindi no so quale possa essere la soluzione migliore per un uomo così. Tu che dici?"
Alec venne richiamato alla realtà dal momento di silenzio che si creò dopo che Jefferson smise di parlare. Alzò lo sguardo ad incontrare quello gelido del mentore.
"Jefferson mi dispiace, puoi ripetere?" chiese passandosi una mano sul volto stanco.
"Ma che ti sta succedendo ultimamente? Non ti ho mai visto così distratto" si fermò un secondo per osservarlo meglio "E puoi si può sapere che diamine hai fatto ai capelli?
Alec si portò una mano ai capelli, la sera prima era troppo stanco per fare qualcosa di più di una doccia veloce, aveva cercato di eliminare più brillantini possibili, ma quelli proprio non volevano saperne. Alla fine aveva ceduto alla stanchezza e aveva rimandato il compito alla mattina, se non fosse che poi la sveglia aveva deciso di scioperare per un giorno e si erano svegliati incredibilmente in ritardo e il problema dei capelli di Alec era stato dimenticato.
Avrebbe voluto sprofondarsi negli angoli più remoti del sottosuolo quando vide la mano che aveva passato fra i capelli un attimo prima cosparsa di piccoli brillantini blu.
"Mi dispiace io..."
"Smettila di scusarti, sono i risultati che voglio" disse gelido Jefferson tanto che Alec fu costretto ad abbassare lo sguardo.
Aveva quasi trent'anni maledizione, non si sentiva in quel modo da quando sua mamma lo aveva sgridato per aver perso di vista Jace al Luna Park e, quell'ingrato di suo fratello, aveva visto bene di rompersi il braccio. Per la prima volta da quando l'aveva presa in mano si concentrò sulla cartella che aveva di fronte.

Alec arrivò a casa demoralizzato quella sera e non sapeva dire se fosse per la strigliata che si era preso da Jefferson quanto piuttosto che a casa non ci sarebbe stato Raph, ma solo questioni legali e cartacce.
"Sono tornato" urlò varcando la soglia come faceva ogni giorno, quante volte facendolo si era sentito come uno di quei membri delle famiglie perfette dei film? Ora come ora non sentiva nulla di tutto ciò.
Non ricevendo risposte da Magnus si aggirò guardingo per la casa finchè lo trovò seduto al tavolo della cucina con lo sguardo fisso su una lettera ancora chiusa.
"Non dirmi che..."
"Proprio lei."
Era arriva alla fine, il contenuto di quella lettera dichiaravano se potevano o meno diventare genitori di Raph.
"Dovremo aprirla a un certo punto per sapere che c'è dentro" fece Alec grave.
"Immagino di si."
Con un sospiro Magnus strappò il bordo della busta facendo quasi trasalire Alec. I suoi occhi felini scorrevano rapidi su ricghe di parole che Alec, dall'altro lato del tavolo, non poteva leggere.
Quando Magnus finalmente posò i fogli sul tavolo Alec sentì il suo cuore incrinarsi.
"Allora?" chiese ansioso.
"Dicono che c'è un'altra coppia che ha chiesto di Raph" lo disse lentamente, come se ogni parola gli costasse un enorme dolore "Dicono che è ancora da accertare, ma sembrano essere orientati verso di loro."
Il cuore di Alec si ruppe del tutto.
"Non venirmi a dire che è per qualche stupido motivo omofobo."
"Non credo. Qui dice che risultano essere più compatibili poiché non hanno altri figli e quindi possono dare a Raph tutte le attenzioni di cui ha bisogno."
"Ma proprio perché non hanno altri figli non hanno esperienza, io non capisco... come possono essere meglio loro?"
"Lei fa la maestra in un asilo e la volontaria in una scuola elementare."
"Ah" mormorò Alec, lo sguardo cupo.
"C'è anche un altro motivo" mormorò Magnus piano, l'espressione triste, le spalle incurvate. "Dicono che sono dei candidati più probabili perché sono... sposati."
Lo sguado blu di Alec si fece torbido e Magnus sussultò a sentire la sua voce incrinarsi mentre in uno sfogo di frustrazione diceva:"Quante stronzate."
"Dicono che una decisione verrà presa lunedì."
Alec guardò afflitto verso il calendario "Mancano solo quattro giorni."
"Lo so."
Sui due calò un silenzio assordante finchè Magnus non alzò di colpo il capo portando Alec a guardare nella sua direzione.
"Sposiamoci."
"Cosa?" chiese Alec in un soffio, lo sguardo incredulo.
"Sposiamoci" ripetè Magnus.
"Ma il matrimonio sarà tra sei mesi..."
"Non tra sei mesi, ora. Andiamo in comune domani, ho un amico che potrebbe farmi ottenere un posto e in cinque minuti saremo sposati agli occhi della legge."
"Ma sposarti con un matrimonio in grande è il tuo sogno. Anche se ci rinunciassi non è detto che Raph..."
Magnus scosse la testa "Rinuncerei mille volte alla festa di matrimonio se volesse dire avere anche una sola possibilità in più di portare a casa Raph."
"Com'è che ogni giorno ti amo sempre di più?" chiese Alec.
"Che vuoi che ti dica? Sono irresistibile."

Due giorni dopo Magnus accorreva cercando di non sudare nel suo bellissimo ed elegantissimo smoking su misura nel tentativo di recuperare il suo futuro marito dall'ospedale che lo teneva prigioniero.
Avevano concordato di sposarsi quel giorno perché entrambi avevano turni che lasciavano scoperto il tardo pomeriggio.
Avrei dovuto saperlo che non dovevo stare calmo quando Alexander mi ha detto che sarebbe andato tutto bene stamattina.
Arrivò sbuffando alla zona delle infermiere, sentiva piccole gocce di sudore scivolargli lungo la schiena. Quel vestito era stato pensato per un clima più rigido, ma lo aveva acquistato giusto qualche settimana fa e non esisteva temperatura che potesse impedirgli di indossarlo al giorno del suo matrimonio.
Ragnor si era detto perfino stupito della scelta che aveva fatto alla fine.
"Ho sempre pensato che ti saresti sposato con la versione maschile dell'abito a bomboniera, questo è quasi normale" aveva detto ridendo.
L'abito era di un tessuto lucido color notte con un panciotto nero con brillantini dello stesso colore che venivano richiamati dai revers della giacca e dal papillon, la camicia bianca sottostante in pendant col fazzoletto da taschino. Le infermiere si voltarono a guardarlo come se fosse un alieno. Non poteva biasimarle, erano le sei del pomerggio e lui se ne andava in giro in smoking tutto sudato per le corsie di un ospedale.
"Lydia" chiamò scorgendo finalmente un volto nuovo in tutta quella ressa di volti bisbiglianti "Hai visto Alec?"
"Oh, si certo, vieni ti accompagno stavo giusto andando a chiamarlo per chiederli una cosa."
"Guai a te se osi trattenerlo" la minacciò.
"Tranquillo non mi metterò fra di voi" lo rassicurò facendogli l'occhiolino.
"Ma dove stai andando?" chiese allibito mentre la seguiva. Si era aspettato di raggiungere Alec in una delle camere dei pazienti o, alla peggio, in sala operatoria, ma ora stavano andando da tutt'altra parte.
All'improvviso tutto gli fu chiaro.
"Non ci credo" mormorò a se stesso.
In un flash si rivide attraversare quelli stessi corridoi, riusciva ancora a sentire l'emozione che avvertiva di gioia trattenuta, trepidazione e ansia in uno di quei mix letali che solo l'amore sa farti creare. Conosceva quella strada a memoria perché solo qualche anno fa la percorreva ogni giorno verso quell'ora, quando il sole calava incendiando di rosso il muri del Bullevue Hospital Center.
Ricordava perfettamente la sensazione di arrivare in quella sterile saletta d'attesa e ritrovarci seduto un Alec che ancora un conosceva, un Alec un po' più cupo e burbero, un Alec che sapeva ascoltarlo come nessuno aveva mai fatto, un Alec che Magnus sapeva sarebbe diventato importante per lui, perché certe cose le si sanno e basta. Quanto amore c'è in una persona che aspetta un quasi sconosciuto dopo un turno massacrante? Forse di amore non era corretto parlare per lui che era un infermiere. Scientificamente l'amore si più provare solo dopo circa tre mesi che si sia conosciuta una persona, eppure lui Alec lo aveva amato dalla prima volta quando, in quella sala d'aspetto, era arrossito incrociando il suo sguardo.
Magnus si credeva pronto, ma nulla avrebbe potuto prepararlo a quello che lo aspettava.
La sala d'aspetto era adornata dei veli e tendaggi che lui stesso aveva scelto con tanta fatica. Sul lato della vetrata, invaso dai raggi dorati di quel sole calante, c'era una cornice di rose bianche. Ma più di quello a soprenderlo fu la folla di persone accomodate su quelle scomode sedie in finta pelle blu. Ogni volto con cui incrociava lo sguardo era una parte fondamentale della sua vita. Erano come tante tessere di un enorme puzzle che rendevano Magnus quello che era ora. Max, Ragnor, Raphael, Cat, Izzy, Clary, Jace, Lydia, maledizione c'era perfino Simon in collegamento skype con Raph e molti altri, c'era persino Jefferson schiacciato in un angolo col suo alone gelido che sembrava essere un po' meno gelido. Tutti lì per lui e per...
Alexander.
Il fiato gli morì in gola per davvero questa volta. Al di sotto della cornice di fiori che si stagliava contro lo skyline incendiato di New York c'era Alec, il suo Alec bello come non mai. Indossava anche lui uno smoking bianco movimentato dai pantaloni blu scuro come i revers in seta della giacca e il papillon. I capelli che sembravano finalmente aver visto almeno l'ombra di un pettine. Il sorriso che sembrava fare a gara con il candore del vestito e lo sguardo blu che corse a Magnus per non lasciarlo mai.
Magnus si avvicinò a lui e, non riuscendo a trattenersi oltre, prese il bavero della giacca di Alec e, sollevandosi un po' sulle punte, lo baciò.
Sentì Alec sorridere nel bacio "Hai saltato giusto due o tre passaggi" gli mormorò con la voce resa roca dall'emozione.
"Ti devo dare una cosa" continuò Alec.
"Cosa?"
"Il mio regalo di nozze."
"Poi sono io quello che salta i passaggi?" ribattè canzonatorio.
"Non avrebbe senso dartelo dopo" disse a un passo dalle sue labbra.
Alec tese una mano e una persona si alzò da una di quelle scomode poltroncine avvicinandosi a loro. Non riusciva a capire come potesse non averla notata prima, erano anni che non la vedeva, ma l'avrebbe riconosciuta anche in capo al mondo.
"Mamma" disse solo sentendo le lacrime con cui stava lottando rompere definitivamente gli argini e percorrerli rapide le gote.
"Bambino mio" mormorò la donna alzando una mano tremante e asciugandogli una guancia "Ti colerà tutto il trucco."
Magnus rise chiudendo gli occhi sentendo altre lacrime cadere mentre premeva il volto un po' più contro il palmo della madre respirando il suo profumo che sapeva di infanzia.
"Mi sei mancato così tanto."
"Anche tu mamma."
"Ora vado a sedermi, ho come l'impressione che quel giovanotto si sia meritato un altro bacio extra."
Magnus osservò sua madre tornare a sedersi e, poiché glielo aveva detto lei, tornò a baciare Alec.
Quando Ragnor prese posto dietro di lui e Jace dietro ad Alec come testimoni tutto fu pronto per iniziare.
Dopo lo scambio degli anelli Magnus pensava di aver versato tutte le lacrime che aveva, ma quando Alec iniziò a parlare un fiume incessante gli offuscava la vista.
"Non sono mai stato bravo con le parole, c'è più di una dozzina di persone in questa stanza che può confermarlo. Ho sempre eretto intorno a me muri invisibili che nessuno mai è riuscito a scalfire, ma poi sei arrivato tu. Tu e quel tuo modo impertinente di fare e quei muri per te sembravano non esistere. Non ti è toccato abbatterli piano piano come han fatto la maggior parte delle persone, tu ci sei passato attraverso dolcemente. Ecco, proprio da quel momento, quando hai sorpassato tutte le mie barriere ho avuto la certezza che ci sarebbe stato un Alec prima di te e un Alec dopo di te. Perché io credo che quando qualcuno ti entri dentro in quel modo diventi automaticamente una parte di te. E tu lo sei, Magnus, una parte di me. Ti prometto di lottare affinchè questo non cambi, ti prometto di fare in modo che quelle barriere non ci separino ma ci circondino entrambi in una bolla felice, ti prometto di donarti me stesso ogni giorno, non importa quanto mi chiederai, mi donerò a te completamente o solo in parte a seconda della tua necessità, ti prometto di amarti ardentemente consapevole della fortuna di avere un amore così, prometto di sopportare per il resto della vita i tuoi odiosi brillantini e il modo stupido in cui continui a prendere il caffè. Ti prometto me stesso, per sempre."
Lacrime calde sgorgavano senza sosta dagli occhi felini di Magnus, quasi non si rese conto che era arrivato il suo momento di parlare, impegnato com'era a ricordarsi come si facesse a respirare, perso nei liquidi occhi blu di Alec.
"Ho sempre amato l'idea dell'amore, ma per qualche strano motivo l'ho sempre ritenuto fuori dalla mia portata. Lo vedevo nelle vite degli altri, ne leggevo sui giornali e lo ascoltavo nelle canzoni, tuttavia non ero mai nemmeno arrivato a sfiorarlo. Almeno fino a te. Non so cosa spinga certe persone a trovarsi, come certi momenti di impatto possano non crearsi mai con individui con cui dividi la vita da moltissimo tempo, ma come questi siano inevitabili con un chirurgo che se ne sta seduto da solo in una squallida sala d'attesa. Perché è stato così. Contro ogni logica, contro qualunque cosa avessi imparato osservando l'amore degli altri, contro qualsiasi aspettativa dal momento in cui hai alzato i tuoi occhi blu su di me ho capito cosa fosse l'amore. Quello vero, quello che trascende ogni possibile definizione. E so che tutti lo dicono e lo vanno ripetendo come uno slogan pubblicitario: si ama più di una volta. Ma io, da quando conosco te, non ne sono più tanto sicuro, perché credo fermamente che questo tipo amore è già tanto se capita una sola volta nella vita. E io ho questa fortuna: vivere nel tuo amore e considerarlo casa mia. Prometto di non darlo mai per scontato, prometto di amarti a mia volta incondizionatamente, prometto di riempire al mio meglio ogni vuoto della tua vita per farti sentire completo, prometto di amare il modo orribile in cui ti lavi i denti e di accettare le tue critiche sul mio buonissimo caffè, prometto di essere la tua casa, come tu sei la mia, prometto di far parte del "noi" che ti fa sentire una famiglia, perché ti amo così tanto Alexander che non potrebbe essere altrimenti."
Ci fu tutta una parte che nessuno di loro ascoltò veramente, persi com'erano uno dell'altro. Quando finalmente si udì "Può baciare lo sposo" si baciarono sancendo quel legame ormai indissolubile delle loro anime. Mentre si protendevano l'uno verso l'altro non erano minimamente consapevoli delle altre persone nella stanza, per loro avrebbero potuto non esistere. Tutto ciò di cui Alec importava era racchiuso dentro quegli occhi verde-dorati e avrebbe voluto così tanto non perdere il contatto visivo durante quel bacio, ma quando avvertì le sue labbra contro quelle morbide dell'altro fu assalito da una marea di emozioni che gli fu impossibile. Chiuse la palpebre e, nel farlo una solitaria lacrima sgorgò da esse e si nascose velocemente sotto la linea della mandibola.

Dopo quella bolla di felicità implacabile come poche cose nella vita arrivò il lunedì in uno di quei strani giorni in cui il tempo sembra fare marcia indietro e non avere nessuna intenzione di dichiarare iniziata la stagione estiva. Insieme al lunedì arrivò anche il tanto atteso e temuto appuntamento all'istituto di Raph.
Alec e Magnus ripercorsero quei corridoi che trasudavano di finta felicità, ad attenderli non il volto sorridente di Raph, ma quello austero della direttrice che li fece accomodare nel suo studio.
Preso posto al di là della scrivania in mogano, mentre loro si sedevano su delle scomode poltroncine dall'altro lato sentendosi sotto esame come non mai.
"So che avete richiesto l'adozione di Raph."
"È così signora Tompkins" disse Alec annuendo.
"So anche che avete già avuto un contato col bambino."
Altro cenno affermativo.
La donna prese a spostare delle carte che aveva davanti senza lasciare trapelare la minima emozione.
Come fa un persona così a lavorare con i bambini? Si chiese Alec.
"Vedo che vi siete sposati da poco. I miei auguri."
"Grazie" dissero in coro.
"Signori, sinceramente non c'è una valida ragione per cui rifiutare la vostra domanda di adozione."
I cuori di Alec e Magnus persero un battito sentendo quelle parole, riempiendosi di speranza.
"Tuttavia..."
La Tompkins continuò ad elencare una serie di motivi per cui affidare a loro Raph non sarebbe stata una buona scelta, alcuni erano motivi abbastanza buoni dovevano riconoscerglielo, un legame col passato di Raph, picchiare il padre di fronte al bambino, la presenza di Max che impegnava già il loro tempo a cui andavano aggiunte le loro carriere e molte altre stupide argomentazioni.
Alec e Magnus non riuscirono davvero ad ascoltare oltre a quel "tuttavia" i loro cuori così pieni di speranza si spezzarono di colpo. Erano un chirurgo e un infermiere, entrambi consapevoli che non fosse possibile che un cuore si spaccasse a metà, eppure non c'era altro modo per descrivere quella sensazione opprimente al petto, la vitalità che abbandonava di colpo ogni fibra dei loro corpi.
"Quando verrà adottato dall'altra famiglia?" chiese Alec con un filo di voce.
"Oggi stesso, ho appuntamento con loro dopo di voi."
"Sarebbe possibile vederlo?" domandò Magnus, lo sguardo vitreo.
"Preferirei di no" disse la direttrice assottigliando le labbra "Ne ha già passate abbastanza e non li serve un ulteriore carico emotivo da portare, mi capite?"
A malincuore Alec e Magnus annuirono.
Ci furono una serie di convenevoli durante a cui nessuno dei due prestò attenzione e, prima che se ne accorgessero, erano al di fuori dell'edificio.
"È stato tutto inutile" mormorò Alec affranto "Mi dispiace."
"Per cosa?" chiese Magnus sollevando lo sguardo su di lui.
L'altro fece spallucce sospirando "Di aver portato a casa Raph, di avervi fatto affezionare si te che Max, di aver anticipato il matrimonio, di..."
"Alec ora ti dirò una cosa sconvolgente: non sei il centro del mondo le cose brutte non accadono per causa tua, accadono e basta e, sinceramente, nessuna delle cose che hai detto è veramente brutta. Preferisco stare male per non avere la custodia di Raph piuttosto che non averlo mai incontrato. E credimi quando ti dico che nessun matrimonio avrebbe potuto essere migliore di quello che mi hai fatto avere."
Alec si chinò a baciarlo proprio nell'istante in cui sopraggiungeva un'auto che parcheggiò a pochi posti di distanza da loro. Una donna, poco più che ragazza, dai lunghi capelli biondi scese dal lato del passeggero chiudendo la portiera con troppa foga e correndo dall'uomo che stava scendendo dal lato del conducente, aveva i capelli rossi e un accendo di barba ispida.
"Oh Josh sono così emozionata" squittì lei.
"Tesoro se continui così quel bambino scapperà a gambe levate" rise il compagno.
Erano troopo presi dalla loro gioia che nemmeno si accorsero dei due individui che stavano fermi accanto a loro, gli occhi rossi per le lacrime trattenute e il cuore a pezzi.
Sarebbero passati inosservati se non fosse che Magnus richiamò la loro attenzione:"Scusate..."
Alec sobbalzò all'udire la voce dell'altro, non poteva averlo fatto per davvero.
"Magnus..." lo richiamò.
"Siete qui per Raph?" domandò senza preoccuparsi di risultare impertinente.
"Sì, lei chi è?" chiese l'uomo aggrottando la fronte.
"Oh, nessuno di importante, faccio l'infermiere nell'ospedale in cui hanno ricoverato sua madre" rispose ambiguo "Siete delle persone fortunate, è un bambino meraviglioso" aggiunse senza riuscire a mascherare l'amaro nella voce, almeno non alle orecchie di Alec.
"Grazie" risposero i due, euforici di quella gioia che può dare solo il diventare genitori.
Fecero per andarsene quando furono fermati dalla flebile voce di Alec "Non fatelo dormire da solo, ha ancora gli incubi anche se non lo ammetterebbe mai."
C'erano così tante cose che Alec avrebbe voluto dirgli. Non toccatelo se lui non lo fa per primo, non riempitegli il piatto perché mangerà tutto fino a vomitare, il latte alla mattina lo preferisce spruzzato di cacao e con un cucchiaino di zucchero, i cereali a parte, si veste da solo ma se non state attenti si metterà la maglietta al rovescio, è bravissimo a disegnare. Adora sentirsi parte di una famiglia, ha adorato noi, adorerà anche voi anche se non ve lo dirà. Ma non aggiunse altro.
I due lo guadarono confusi "Grazie..."
"Alec" si presentò stringendo la mano alla donna.
"Io sono Edel."

Josh fece scorrere un braccio intorno alle braccia della moglie mentre entravano nell'edificio verso il loro bambino, verso una vita nuova.
Edel si voltò all'indietro vero la porta a vetri che avevano appena varcato e vide l'uomo più basso, quello con i lineamenti asiatici, avvicinarsi all'altro e abbracciarlo come se potesse spezzarsi.
Rallentò il passo.
"Sembrano così tristi" mormorò.
Josh annuì e la strinse di più a sé, quasi a proteggerla, una tacita promessa.
Edel rimase ancora un attimo a osservare i due, aveva amato abbastanza da riconoscerlo l'amore quando lo vedeva. Sentì le lacrime pungerle gli occhi e si sentì stupida. Piangeva per due sconosciuti? E poi chi le aveva detto che erano tristi?
Sarà questa cosa del diventare mamma, si disse.
Eppure lo sentiva, come si sente che ti sta per arrivare un raffreddore, come un brivido sotto la pelle.

Edel non si sentiva una brava mamma. Erano passate poco più di ventiquattro ore da quando aveva portato a casa quel bambino dagli occhi neri che le arrivavano diretti all'anima e lei si sentiva già un fallimento.
Raph li aveva accolti con un broncio che né lei, né Josh, né la signora Tompkins erano riusciti a togliergli e tanto più nessuno di loro ne comprendeva il motivo. Avevano infine dato la colpa al fatto che avrebbe dovuto lasciare gli amici che si era fatto lì in istituto, anche se tutte le volte che gli avevano fatto visita prima che la loro domanda di adozione fosse accettata lo avevano sempre visto giocare da solo.
Josh gli aveva regalato il modello di un aeroplanino, la sua grande passione, ma il bambino lo aveva snobbato alla grande con suo disappunto.
La notte avevano tentato di farlo dormire nella sua cameretta, ma non ne aveva voluto sapere e così avevano ceduto e lo avevano fatto dormire nel lettone con loro, promettendo che si sarebbe trattato solo di un'eccezione.
La mattina Edel gli preparò una tazza di latte coi cereali, a chi non piaceva il latte coi cereali, no? Ma Raph lo guardò con aria delusa anche se alla fine mangiò tutto. Sembrava avere sempre fame e quello l'aveva spinta a preparargli un pranzo da re convinta che si sarebbe fermato quando ne avesse avuto abbastanza. Il piccolo stava mangiando una coscia di pollo quando aveva fatto una faccia strana e tutto il contenuto del suo stomaco si era riversato sul pavimento della cucina. Presa dal panico Edel lo aveva portato dal pediatra, dove erano ancora. Dopo una fila interminabile il dottore aveva visitato Raph e aveva concluso che era sano come un pesce, probabilmente aveva solo mangiato troppo.
Edel si sentì in colpa come non mai.
"Raph tesoro, va a giocare con gli altri bambini" disse indicandogli l'area con i gichi adibita appositamente "Io devo fare due chiacchere con il dottore."
Raph, obbediente come sempre, non se lo fece ripetere due volte.
"Proprio un bravo bambino" le disse il dottore osservandolo andare a sedersi su un tavolino "La maggior parte fanno i capricci."
"Si, è proprio di questo che volevo parlarle" e iniziò a raccontare tutta la storia includendo il passato di Max, l'adozione e quel primo giorno da madre "... e poi mi spaventa questa cosa. In un giorno credo di avergli sentito dire solo qualche parola, eppure ne è capace, è intelligentissimo."
"sono scosse di assestamento piuttosto normali, serve solo tempo e pazienza. Quanto a lei non si preoccupi, tutti i genitori commettono degli errori e lei parte da zero con ragazzino con un passato complesso. Se la sta cavando egregiamente."
Edel annuì, ma senza riuscire a togliersi di dosso quella sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato.

Raggiunse il piccolo che si era seduto a un tavolino troppo basso e disegnava con una scatola dei pastelli che aveva trovato chissà dove nello studio pediatrico. Edel si sedette accanto a lui stando attenta a non toccarlo in una di quelle sedie troppo piccole che, anche se minuta, la costrinsero ad assumere pose strane per accomodarsi.
"E così ti piace disegnare eh?"
Raph annuì senza dire nulla.
"Posso disegnare con te?"
Il bambino annuì guardandosi intorno, aveva trovato un unico foglio, fece spallucie e prima che Edel potesse fermarlo e dirgli che non era necessario prese l'A4 che aveva davanti, lo piegò a età e lo strappò attentamente dandole una parte.
Il cuore di Edel si sciolse.
"Ti ringrazio, sei molto gentile."
Raph sembrò ignorarla e riprese a disegnare. Lei rimase un po' indecisa spostando lo sguardo dal foglio intonso al bambino concentrato che faceva spuntare la lingua da un lato della bocca. Sorrise prendendo un pastello.
Al diavolo.
"Ho finito" annunciò soddisfatta qualche minuto dopo.
Il bambino si sporse a guardare il suo disegno e corrugò la fronte.
"Cos'è?" chiese e Edel esultò tra sé a sentire la sua voce.
"Un gatto" spiegò.
Vide le spalle di Raph tremare e per un secondo temette che stesse per mettersi a piangere, invece stave ridendo con quel modo argenteo che hanno solo i bambini e lei non potè impedirsi di ridere a sua volta.
"È così brutto?" gli chiese asciugandosi le lacrime.
Il piccola la guardò indeciso se mentirle o sputarle in faccia la cruda verità.
"Un po', ma puoi imparare."
Sembrò indeciso se continuare o meno la frese così lei decise di andargli incontro:"Tu li sai disegnare bene i gatti?"
"Una volta ho disegnato Church, ma un po' mi ha aiutato Magnus" disse sovrappensiero mentre riprendeva disegnare.
"Church?"
"Si è un gatto, ma è cicciosissimo, tipo così" disse gonfiando le guance "Quindi so disegnare solo gatti ciccioni."
"E Magnus chi è?"
Raph non rispose chiudendosi di nuovo in se stesso.
"Tu cosa hai disegnato?"
Raph si scostò per mostrarle il foglio c'era una specie di mostro antropomorfo tutto nero che veniva sconfitto con un pugno da un uomo vestito di blu.
"Quello è superman? È il tuo supereroe preferito?"
Il bambino scosse la testa:"No, questo è Alec."
Per Edel fu come ricevere uno schiaffo in pieno volto, improvvisamente collegò tutti i puntini di quella storia. Ricordò l'uomo alto dagli occhi blu che richiamava l'altro dai tratti asiatici. Magnus, ecco dove aveva già sentito quel nome. Il primo, che poi si era presentato come Alec, che gli diceva di non lasciarlo dormire da solo. L'istituto che comunicava a loro che anche un'altra coppia aveva chiesto di Raph, la gioia quando poi avevano scelto loro. Ora collegava tutto. La di quei due uomini all'istituto, le loro facce tristi, i toni rassegnati e il sorriso amaro di chi sta lasciando andare, per il suo bene, qualcuno che ama.
"Raph... Tu..." non sapeva come porgergli quella domanda "Chi sono Alec e Magnus?"
Il bambino fece spallucce e Edel pensava che non avrebbe aggiunto altro quando udì appena quel sussurro:"Famiglia".

Appesero i loro bellissimi disegni alla bacheca del pediatra accanto a quelli degli altri bambini. Beh, quello di Raph era bellissimo, Edel si assicurò che il suo fosse parzialmente nascosto da un disegno con una margherita enorme.
Caricò il bambino in macchina stando ben attenta che salisse correttamente sul seggiolino e che si allacciasse la cintura di sicurezza prima di salire al posto del conducente.
"Dove andiamo?" le chiese Raph cercando i suoi occhi nello specchietto retrovisore.
"A casa."

Alec cercava di cullare Max che non la smetteva di frignare per un qualche motivo oscuro a tutto il resto del mondo.
"Magnus!" chiamò urlando verso il bagno "Sta bruciando l'arrosto."
Magnus uscì di corsa dal suo regno mezzo bagnato "Ecco cosa stavo facendo, maledizione."
"Ti sei messo seriamente a fare la doccia con la cena sul fuoco?" chiese Alec allibito.
"Mi sono dimenticato, va bene? E poi tu eri lì e..." borbottò qualcosa di indistinto.
"Papà è tutto matto" sussurrò nell'orecchio di Max facendolo ridere attraverso le lacrime e gioiendo per quell'istante di tregua per le sue orecchie.
Fu forse solo per quello che sentirono il campanello suonare.
Alec guardò Magnus:"Chi può essere a quest'ora?"
Magnus si strinse nelle spalle "Magari è tuo fratello che ha di nuovo litigato con Clary e che ci viene a dire quanto la ama o Simon o magari ci va bene ed è solo qualcuno venuto a fare pubblicità. Comunque sia io non vado ad aprire."
Alec fece scorrere lo sguardo sul marito.
Dio, quanto adoro come suona questa parola.
Indossava delle pantofole fucsia sfondate, i pantaloni sgualciti della tuta che si stavano bagnando a contatto con la sua pelle ancora umida, il petto nudo con delle goccioline lì dove non si era asciugato bene, il trucco un po' sbavato come gli capitava sempre quando feceva la doccia senza rimuoverlo correttamente orima e i capelli zuppi pettinati all'indietro.
"Saresti un gran bel vedere" disse mentre si dirigeva verso la porta.
"Non ho nemmeno fatto in tempo a mettermi le mutande qua sotto."
Alec si sentì arrossire fino alla radice dei capelli, ma non potè impedirsi di lanciargli un sorriso malizioso.
Forse perché stava ancora guardando Magnus, forse perché era rimasto sconvolto dall'ultima frase fatto sta che non vide Church che con la sua immensa mole si era sdraiato perfettamente al centro dell'atrio. inciampò cercando di non ucciderlo e ringraziò mentalmente che non fosse Chairam Meow, si aggrappò a una mensola rischiando di far precipitare anche questa al suolo e serrò la presa intorno a Max che riprese a piangere mentre il campanello suonava per una seconda volta.
"Va tutto bene, tutto bene, papò è in piedi e non è morto nessuno" disse accarezzando la testa del bambino ma rassicurando più se stesso che lui.
Aprì la porta che stava ancora coccolando Max cercando di farlo smettere di piangere quando il bambino smise di colpo e, protendendo le manine paffute in avanti urlò:"Raph!"
Alec si girò piano, non poteva essere vero. Ma Raph era proprio lì in compagnia di quella ragazza bionda... Edel, ora ricordava.
"Raph!" esclamò a sua volta chinandosi sulle ginocchia.
Edel rimase senza parole mentre osservava quel bambino che a stento da lei si faceva toccare correre tra le braccia di quell'uomo e del bambino che teneva in braccio.
"Amore sei ancora vivo? Dimmi che sei caduto per terra come un salame e io non ho vist... Raph!" disse l'uomo che era comparso che teneva in mano una spatola da cucina e indossava solo dei pantaloni della tuta. Edel abbassò lo sguardo in imbarazzo anche se dovette ammettere con se stessa che era un gran bel vedere.
Raph sembrò non farci caso di quanto sembrasse stravagante il nuovo arrivato e si fiondò anche tra le sue braccia. Magnus lanciò la spatola da un lato e lo strinse a sé più che poteva.
"Sei tutto bagnato" rise il bambino facendo ridere anche lui.
Alec era ancora accovacciato per terra tentando di trattenere Max che zampettava impazzito cercando di raggiungere Raph e quasi si era dimenticato di Edel, per questo sussultò quando gli disse."Non l'ho mai visto comportarsi così."
Probabilmente stava dicendo più a se stessa che a lui, ma Alec le sorrise:"Oh, c'è voluto tempo e non è sempre così."
Alec si raddrizzò quando poteva senza lasciare la mano di Max, continuava comunque a guardarla dal basso così decise di prendere in braccio il bambino anche se sapeva che con Raph nella stanza sarebbe durato poco prima di iniziare a sgambettare come un pazzo. I suoi occhioni blu furono catturati da quelli verdi di Edel.
"Ciao" disse lei con quella vocina che non vieni preso per stupido solo se la usi coi bimbi e i cani "sei proprio un bambino bellissimo".
Alec vide come lo guadava Edel e le porse il bambino dolcemente "Vuoi tenerlo?" chiese.
"Io no so se..."
"Oh, non ti preoccupare è di gomma."
Edel mise un braccio sotto Max e lo avvolse con l'altro e sorrise di pura felicità facendo sorrider Alec a sua volta.
"Sei una mamma meravigliosa."
Il sorriso di Edel si spense mentre si chinava e lasciava andare Max che si diresse a passo barcollante aggrappandosi a qualunque cosa trovasse fino a raggiungere Raph e a saltargli addosso.
"Non sono ancora una mamma."
Alec aggrottò la fronte guardando verso Raph.
"Siete voi la famiglia di Raph, è evidente. Ostinarsi a sostenere il contrario farà solo soffrire tutti quanti."
Alec non disse nulla, non trovava parole, gli occhi lucidi.
"Non so come funzioni la cosa, ma possiamo rimandare le faccende legali a domani, sono sicura che l'istituto ci verrà incontro" mormorò tirando si col naso.
Alec sapeva cosa comportasse per Edel quella decisione, si era illusa di essere una mamma e ora non lo era più. Non c'erano parole che potessero alleviare il peso che le opprimeva il petto, così Alec decise di fare una cosa che lasciò sorpreso se stesso per primo. L'abbracciò. Sentì Edel ricambiare l'abbraccio stretto e lui le mormorò un."Grazie."
Perché davvero nulla poteva esprimere che cosa stesse provando se non quella flebile singola parola.
Si lasciarono andare facendo un passo indietro. Magnus, seduto per terra, aveva assistito a tutta la scena mentre i bambini davanti a lui giocavano fra loro.
"Vuoi rimanere per cena?" le chiese "Abbiamo tantissimo arrosto, o meglio... avevamo, penso che a questo punto sia carbonizzato. Ma Alec può inventarsi qualcosa, vero tesoro?"
Alec riservò a Magnus quello sguardo che comunicava solo odio profondo, ma era addolcito sa un amore incondizionato. Lo riconobbe perché era lo stesso che lei riservava a Josh.
Si rivolse ad Alec non volendo farsi sentire da Raph :"Penso che sia meglio di no, non vorrei confonderlo ulteriormente."
Alec annuì.
Dopo qualche minuto per Edel fu ora di andare. L'ultima cosa che vide davanti a lei fu Raph che correva tra le braccia di Alec mentre Magnus si avvicinava tenendo tra le braccia l'altro bambino e scambiandosi un lieve bacio a stampo. Nell'angolo a destra un paio di gatti, di cui uno davvero ciccione, osservava in silenzio la scena.
La porta si chiuse davanti a lei bloccando tutti quei rumori che facevano di quattro mura una casa.
Rimase avvolta nel silenzio del pianerottolo mentre osservava la porta chiusa davanti a sé. Una lacrima le percorse la guancia sinistra e scese fino a incontrare le labbra increspate in un sorriso.


Fine.



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Voglio lasciare a voi immaginare come andrà la vita di questi quattro. Ho fiducia che me li tratterete bene nei vostri viaggi mentali. Nella mia mente sono felici fino al ridicolo.
Alec diventa il primario dell'ospedale e continuerà ad amare Magnus alla follia per sempre.
Raph diventerà un fisioterapista così sarà in grado di aiutare la madre, anche se continuerà a disegnare. Max non so che cosa farà esattamente, ma sarà qualcosa di folle tipo il trapezista.
Entrambi sapranno amare seguendo l'esempio di Alec e Magnus.
Ma questa è solo la mia versione, voi siete liberi di crearvi la vostra.
Quanto fa male lasciare andare questa storia? D'altronde si deve farlo.
È stato bellissimo fare questo viaggio insieme a voi, non immaginavo nulla di tutto ciò quando annoiata dalla vita del pendolare ho iniziato a scrivere quattro righe sul telefono. Non finirò mai di dirvi che se siamo arrivati qui è merito vostro.
Magari ci rivedremo in un'altra storia...
Grazie di tutto.

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