Capitolo 1

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Emma camminava nervosamente lungo il corridoio della sua piccola casa del mare.
Non poteva credere a ciò che stava per succedere: avrebbe rivisto Francesco.
Gli era mancato così tanto in quell'anno e mezzo. I suoi baci, le sue carezze, la sua voce, morbida e pacata che la cullava quando aveva quei maledetti attacchi di panico...
Erano stati insieme quattro anni, ed era stato il suo primo ed unico amore. A lui aveva dato il suo primo bacio, con lui aveva fatto l'amore la prima volta, era lui la prima persona che le aveva detto di amarla.
Poi tutto ad un tratto, l'aveva lasciata, di punto in bianco. Si era innamorato di un'altra, o almeno credeva di esserlo.
Emma sapeva che non l'aveva dimenticata, perché era sicura di avere costruito con lui un legame indissolubile.
Si erano incontrati per la prima volta che erano poco più che bambini: tredici anni lei, quattordici lui. Si erano dati il primo bacio una notte, sulla spiaggia, e da lì non si erano più staccati. Tutte le sere, fino alla fine dell'estate, si erano incontrati sotto casa di Emma ed erano andati in spiaggia.
I primi giorni non riuscivano a stare lontani per più di cinque secondi l'uno dalle labbra dell'altra, avidi di quei baci che mai avevano dato a nessuno, felici come non mai di quella piacevole novità.
Poi iniziarono a parlare, a guardare le stelle, a rimanere abbracciati ascoltando le onde del mare infrangersi sulla banchina. Il mare, in quelle notti, era calmo e tranquillo, proprio come il cuore della ragazza.

Se c'era una cosa che Emma amava, era il mare.
Che fosse calmo, agitato, in burrasca, il mare rimaneva il suo rifugio. Quello d'estate le ricordava il profumo degli alberi della pineta, il calore del sole sulla pelle abbronzata, il cielo azzurro senza una nuvola.
Quello d'inverno, più riflessivo, lo associava alle poesie di Ungaretti o a "Mare" di Pascoli .
Quando i suoi pensieri erano ansiosi e inquieti, prendeva il primo treno che passava dalla piccola stazione del suo paese e fuggiva in riva al mare. Lui annegava quei pensieri, li purificava con il suo rumore, e le restituiva una sensazione di famigliarità, di tranquillità. Emma amava la sua vastità, per lei il mare era l'immagine di quell'infinito dove il pensiero andava a perdersi. Il mare era uno stato mentale per lei, poteva essere a migliaia di chilometri di distanza e allo stesso tempo portarselo addosso.

Emma era poi cresciuta, ora aveva 19 anni, aveva avuto altre esperienze, era andata a letto con tanti ragazzi, ma il suo cuore non si era mai dimenticato, nemmeno per un giorno, del viso di Francesco. Ed ora lo stava per incontrare di nuovo, dopo che le aveva spezzato il cuore in mille pezzi e lei li aveva faticosamente ricuciti insieme.
Erano stati bene, loro due. Vivevano a un centinaio di chilometri l'uno dall'altra, ma un treno colmava quella distanza ogni sabato pomeriggio. Lui andava da lei, e si amavano fra le lenzuola calde e morbide del suo letto. Erano giovani, inesperti, agitati, ma i loro corpi si incastravano perfettamente, come fossero stati i pezzi di un puzzle. E tutto era così naturale, era come oltrepassare i confini che li separavano. Quando lui era sopra Emma e le spostava i capelli dal viso, lei si sentiva al sicuro. Lei si spogliava delle paure, insieme ai vestiti. Questo per lei era fare l'amore.

Quella sera Emma aveva lasciato i suoi lunghi capelli corvini sciolti, proprio come piacevano a lui. Aveva scelto un vestito bianco, che produceva un magnifico contrasto con la sua pelle color caramello.
Era inizio giugno, e le serate erano ancora leggermente fresche. La brezza marina entrava nella casa e la faceva rabbrividire piacevolmente.
"Perché ancora non é arrivato? Avrà cambiata idea?".
Lei, sua madre e sua sorella avevano deciso di andare passare quel week end nel paesino sul mare dove avevano una piccola casetta dal tetto blu. Emma era al settimo cielo, perché era l'occasione giusta per rivedere Francesco. Si erano scambiati qualche messaggio settimane prima, messaggi in cui lui le diceva di come le cose stessero andando male con la sua attuale ragazza. Emma lo consolava come meglio poteva, ma il suo cuore faceva le capriole e la speranza di poter baciare ancora quelle bellissime labbra, di stringere il suo corpo possente, si era riaccesa in lei.
Si erano accordati per il loro appuntamento, e lei era stata con la testa fra le nuvole fino a quella sera. Avrebbe dovuto studiare, quello era l'anno dell' esame di Maturità, ma proprio non riusciva a concentrarsi su formule matematiche o sulla seconda guerra mondiale.

In realtà non a riusciva proprio a spiegare come un ragazzo fosse riuscito a rapirle il cuore in quel modo. Era uscita con tanti ragazzi, belli, bellissimi, simpatici, ma niente. Aveva fatto entrare queste persone dentro al suo corpo, ma non dentro al suo cuore.
Era piena di spasimanti, ma non era affatto felice.
Sapeva di essere bella. Era mora, alta, con un fisico morbido che faceva impazzire letteralmente gli uomini. Ma la cosa che più colpiva di lei erano gli occhi: grandi, neri, contornati da folte ciglia. Se si osservavano bene, si poteva notare in essi sempre una punta di velata malinconia.
Sua madre, grande lettrice, aveva scelto il nome Emma proprio per i suoi occhi scuri e profondi, che le ricordavano Madame Bovary di Flaubert.
E proprio come lei, Emma era sempre alla ricerca di una storia d'amore priva di banalità. Tutti quei ragazzi con cui era stata la soffocavano con la loro grigia mediocrità. Lei voleva il grande amore dei libri che divorava avidamente ogni sera prima di addormentarsi.

Emma era di nuovo persa nei suoi intricati pensieri, quando lo schermo del cellulare si illuminò.
"Sono qui".

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