Notte zero

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Lei se ne sta sulla spiaggia, guarda il mare, non pensa a niente, finalmente. Finalmente ha smesso di pensare. Stacca dal polso un braccialetto e lo fa cadere nella sabbia: niente di più che qualche filo di lana attorcigliato insieme, impregnato di tutto, tutto il suo mondo fino a quel momento. Una sagoma scura le si avvicina, toglie le cuffie. «Ciao» Dice poi, ma lei non risponde. Lui aggroviglia le cuffie e le butta nella tasca dei pantaloni corti. L'ha vista da lontano, una figura incerta che, persino al buio, l'ha attirato con tutta la sua luce. Ci ha pensato per mezz'ora, poi si è alzato dal lettino su cui si era seduto, le si è avvicinato e ora, che ce l'ha qui davanti riesce a distinguerne i capelli ricci, lunghi, lunghissimi, ha l'aria di una che è stanca morta ma non riesce a dormire da giorni. «Piacere...»
«NO!» Grida, interrompendolo, lui sussulta e la guarda anche un po' male, rotea gli occhi e pensa: questa è fuori di testa. Io una normale mai. Ritira la mano che stava per porgerle. «Niente nomi per favore. Ne ho già la testa piena»
«Okay...» Abbassa lo sguardo, confuso e lei torna a contemplare il niente. «Sei strana»
«Lo so»
«Che ci fa una ragazzina tutta sola in spiaggia? Sono le due di notte»
«E perché un tipo piuttosto losco si avvicina ad una ragazzina che è sola alle due di notte in spiaggia? Sei un maniaco?»
«Sì, sono un maniaco» Ride, tira fuori una sigaretta e l'accende, e solo in qui pochi secondi lei riesce a scorgere più dettagli del suo viso. Ma è troppo effimero e a parte quel po' di barba sul mento, non vede molto. Sospira e abbassa lo sguardo, capendo che ormai il suo tentativo di ascoltare il silenzio è andato a farsi benedire. «Non mi rispondi?» Chiede.
«A cosa?»
«Che ci fai qui da sola?» Poi lascia che una nuovola di fumo gli sfugga dalle labbra. Lei si siede sulla sabbia fredda, che si sente che è fredda anche attraverso i pantacollant che ha su.
«Penso»
«E a cosa pensi?» Si siede anche lui, toglie le scarpe come lei e ci infila dentro le calze reggendo la sigaretta in un equilibrio precario.
«Al mio ex»
«Cioè?»
«Una volta mi hanno detto che ho una sorta di forza gravitazionale. Che non lascio andare via le persone», non dice niente, butta il mozzicone della sigaretta ormai finita tra la sabbia.
«Te l'ha detto il tuo ex?»
«Sì» Sospira pesantemente, cerca di scaldarsi anche se è agosto e non fa poi così freddo, tira solo un po' d'aria dal mare. «Diceva anche che tutta l'oscurità della sua vita era causa mia. Che gliel'avevo attaccata, come si fa con le malattie o con gli adesivi»
«E tu cosa pensi?» Ora la guarda e lei non riesce a sostenere il suo sguardo. Si sdraia sulla sabbia e guarda il cielo, che è piccolissimo in confronto all'immensità che lui nasconde nei suoi occhi. E' questo che lei ama delle persone: gli occhi. Lì dentro ci vede sempre di tutto e questo la frega sempre. Si innamora degli occhi che vede e poi, all'improvviso, per lei esistono solo quegli occhi. Si è già fatta fregare un milione di volte e di sicuro, non ci ricascherà un'altra volta. Ormai l'ha promesso a se stessa. Niente più persone, niente più nomi, niente più occhi.
«Penso che gli servisse qualcuno da incolpare per la sua tristezza. Certe cose che abbiamo dentro quando non le sappiamo spiegare dobbiamo esternarle, toglierle da dentro di noi, per poterle vedere con più chiarezza. Lui le ha buttate addosso a me. Mi ha reso lo specchio camminante di tutto ciò che odiava e temeva. Gli ho sempre fatto molta paura. Diceva che ero il suo incubo e sono certa che anche quando ha smesso di dirlo lo pensava ugualmente»
«Non dev'essere stata una bella relazione»
«Non lo so. Non me lo ricordo più sinceramente, è durata troppo poco. Tra noi è stato di più il dopo che il prima. Insomma non mi ricordo neanche di averlo amato. Era più un'ossessione. Lui non se ne andava mai, non mi lasciava andare mai, anche se ufficialmente non stavamo più insieme. Dava la colpa a me, ma non penso che fosse colpa mia. Ora non penso che nulla di tutto quello che ho passato con lui fosse pienamente colpa mia»
«Lui ha un nome?»
«Sì, ma lo sai come la penso»
«Niente nomi»
«Già»
«E' una stronzata»
«Non m'importa di cos'è»
«Secondo me hai soltanto paura, Strana»
«Hai ragione»
«Io ho sempre ragione, Strana»
«Non chiamarmi così. Non darmi un nome. Che bisogno ne hai?»
«Le cose che mi piacciono le chiamo sempre per nome, ma non so il tuo, quindi te ne ho inventato uno. Non è neanche un nome, è un aggettivo, puoi farmelo passare?»
«Va bene, Maniaco» Sospira, guarda il mare estremamente calmo, che non fa nemmeno rumore. «Dovresti smettere prima che sia troppo tardi»
«Di fare che?»
«Di credere che io ti piaccia»
«E per quale motivo?»
«Perché non mi conosci. Io piaccio sempre all'inizio. Sembro estremamente interessante, un po' complicata»
«Un po' strana»
«Sì, ecco. Un po' un mistero e i misteri piacciono a tutti. E' bello trovare la soluzione delle cose, ci sentiamo grandi e invincibili»
«Non vedo dove sia il problema. Posso scoprirti. Posso risolverti»
«No. Lo credono sempre tutti. Ma io non ho una soluzione e non voglio nemmeno averla. Quando risolvi un pezzo del mistero, ce n'è subito un altro. Alla fine le persone si stancano, se ne vanno, cercano qualcosa di più semplice, io sono davvero troppo complicata, lo spiego sempre, avviso sempre tutti e tutti pensano sempre che io me la tiri troppo»
«E' una fortuna che io sia molto paziente»
«Nessuno è così paziente»
«Non importa. Posso conoscerti lo stesso?»
«Se ci tieni. Io ti ho avvisato»
«Certo. Non ti preoccupare. Non ti darò la colpa di niente, ti hanno già dato la colpa di troppe cose da quello che sento» Lei si alzo, infila le scarpe. Lui la segue, come un'ombra. «Dove vai?»
«Voglio salire sugli scogli»
«Ma è buio. Se scivoli?»
«Conosco questi scogli meglio di me. E' tutta la vita che vengo in questo posto. Io e questi scogli ci siamo levigati nello stesso modo, siamo cresciuti insieme»
«Va bene, ma vengo con te»
«Non avevo dubbi, Maniaco» Sorride nel buio e lui non se ne accorge. «Uno scoglio - una paura»
«Eh?»
«Era un gioco che facevo da piccola con mio fratello» Spiega lei. «Sali su uno scoglio e dici ad alta voce una tua paura. Man mano che sali, il grado di paura deve aumentare. E' un modo per esorcizzare la paura»
«Ma non giocavi a cose normali come nascondino?»
«Non mi piaceva molto» Spiega, salta su piccolo scoglio. «Paura del buio» Lui la guarda, un po' indeciso, poi salta su una roccia poco distante.
«Se cado è colpa tua» Dice. «Paura dei serpenti»
«I serpenti sono belli. Non sono neanche viscidi come sembra» Abbassa lo sguardo, si concentra sul passo successivo. «Paura di non avere niente da dire o da lasciare al mondo»
«Che cosa significa?» Domanda, un po' confuso.
«Non si fanno domande in questo gioco»
«Ho messo questa nuova regola: io posso fare tutte le domande che voglio»
«Non significa niente. Ho solo paura di non avere niente da dire»
«Spiegati meglio, per favore. Ho capito che sei un mistero, che nessuno ti risolve e bla bla bla, ma questo non vuol dire che tu devi peggiorare le cose facendo la preziosa, Strana»
«D'accordo» Risponde, un po' amareggiata. «Mi sento così piccola in confronto al mondo. Vorrei riuscire a lasciare il segno, no? A farmi ricordare per sempre da tutti, a continuare a vivere per sempre. Ma magari non sono abbastanza speciale. Ho tanta paura che quella che sono non meriti di vivere per sempre nel cuore della gente»
«Rimarrai nel cuore delle persone che ti amano»
«A me non basta. Non mi basta mai nulla. Voglio sempre di più»
«Ambiziosa»
«E' una scocciatura»
«Paura della morte» Ammette salendo su un altro scoglio, perde un po' l'equilibrio e si aggrappa a lei. «Ecco tipo salire su questi scogli al buio mi terrorizza»
«Ma moriamo tutti» Sottolinea. «E' per forza così, non è una paura che si può affrontare»
«Lo so»
«Che brutta vita, Maniaco»
«Non è male»
«Paura di deludere i miei genitori» Salta sull'ultimo scoglio e lui la guarda in modo enigmatico. «Sì, ho un cuore»
«Non mettevo in dubbio il tuo cuore, Strana» La raggiunge. «E' l'ultimo scoglio. Questa è la tua paura più grande?»
«Al momento sì»
«E perché? Ti fanno pressione? Ti chiedono tanto?»
«Assolutamente no» Risponde. «Loro sono bellissimi. Mi hanno cresciuta, mi hanno dato tutto quello di cui avevo bisogno, ci sono sempre stati e ci sono sempre per me e mio fratello. Non ci hanno mai chiesto nulla. Ma io mi sento come in dovere di restituirgli la vita che mi hanno donato, capisci? Penso sempre di dover fare qualcosa per loro e ho paura che al momento, così come sono, li deluderò e basta» Si ammutolisce, poi, lui si avvicina e le prende una mano. La stringe come se fosse la cosa più naturale della terra, eppure non si conoscono neanche, non sanno neppure i loro nomi. «Devi dire la tua paura. Non pensare di scappare»
«Paura di deludere mia figlia» Sussurra, con un filo di voce quasi inudibile.
«Tua figlia?» Chiede, lasciando la sua mano. «Quanti diavolo di anni hai?»  
«Non tanti» Dice solo.
«Cosa vuol dire non tanti
«Quanti me ne dai?» Domanda, incuriosito.
«Non lo so» Risponde. «Non ho mai capito come si fa a dare un'età ad una persona alla luce del sole, figurati al buio. Ti vedo solo gli occhi. E gli occhi mentono sempre, dagli occhi sembriamo tutti molto più vecchi»
«Hai ragione. Nemmeno io mi fido degli occhi. Ma so comunque che tu hai diciotto anni»
«Come fai a saperlo?» Domanda.
«Ho sparato a caso»
«E' impossibile»
«Te lo giuro. Ho detto il primo numero che mi è venuto in mente. Diciannove? Davvero?»
«Già»
«Sei piccola»
«Neanche troppo» Commento, lui sospira.
«Sei piccola lo stesso. Mi sa che sono un maniaco davvero»
«Non penso» Mi schiarisco la voce. «Un maniaco mi avrebbe già toccata, credo»
«Non lo so» Si ammutoliscono, lui sposta un po' di sabbia. «Che cosa fai qua da sola? Chi ti ha lasciata da sola?» Le viene un po' da ridere.
«Perché pensi che qualcuno mi abbia lasciata sola?»
«Nessuno sta da solo, noi umani non siamo capaci di rimanere da soli. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci scaldi l'aria con il suo respiro, il nostro non ci basta»
«Hai ragione» Ammette, un po' amareggiata. «Mi hanno lasciata sola. Mi lasciano sempre da sola ad un certo punto»
«E perché?»
«Non lo so, lo fanno e basta. Ormai ho capito come funziona»
«No, non prendermi per il culo. Non ci si abitua ad essere abbandonati»
«È vero» Ammette di nuovo, seccata per l'essere compresa all'istante. «Fa sempre un male cane come la prima volta»
«Chi ti ha lasciata sola?»
«Un ragazzo» Risponde. «Era bello» Aggiunge. «Ma il suo nome ancora di più»
«Per questo non vuoi più saperne dei nomi?»
«Anche»
«E perché ti ha lasciata da sola?»
«Pensa di essere innamorato di un'altra. Ma non è vero. Secondo me ha solo paura di stare con qualcuno e di amare per davvero»
«Cosa intendi?»
«Mi è venuto dietro per anni» Spiega, con un sospiro. «Appena ho ceduto è scappato via come un ladro e si è portato via i miei sorrisi»
«I tuoi sorrisi?»
«Sì» Spiega. «Me li ha rubati baciandomi e non me li ha più ridati indietro, come quando il nonno mi rubava il naso da bambina» Abbassa lo sguardo, si morde un labbro. «Ma ho un segreto che questo ragazzo non sa»
«Cioè?»
«Che non poteva rubarmi i sorrisi senza che io rubassi i suoi»
«Quindi amarsi è rubarsi i sorrisi?»
«È scambiarseli»
«Io non capisco niente di quello che dici, Strana»
«Lo so, Maniaco»
«Devo tornare a casa»
«Da tua figlia?»
«Sì» Dice. «Non le piace che sto in giro troppo dopo il lavoro, dice che c'è buio e poi mi rubano e mi danno ad un'altra bambina» Lei ride, con il cuore che si muove nel petto più veloce.
«Come si chiama?»
«Vuoi sapere il suo nome?»
«Sì, il suo sì»
«E perché?»
«Te lo dico domani»
«Ci vediamo anche domani?»
«Dipende»
«Da cosa?»
«Dimmi il nome di tua figlia»
«Si chiama» Si ferma. «Te lo dico domani notte»
«Perché?»
«Così hai un motivo per venire per forza»

Ciao! Spero che questa storia vi incuriosisca un po', lasciate un commento dicendomi cosa ne pensate e presto pubblicherò il prossimo capitolo.

Un bacione

-G // ( @ilmessaggioperfetto su IG )

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