3. Are you still my Henry?

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«No! È fallo! Cavolo!» sbandierò Robin all'arbitro furiosa quanto un toro alla sua corrida.

Erano le cinque e mezza di pomeriggio, faceva un freddo innaturale e il sole si era già ritirato dietro il sipario nero delle colline. 

«Giuro che lo squarto con il solo uso degli occhi se non lo da per fallo!»

«Quanta violenza!» ironizzai mortificata dal suo accanimento malato per il calcio.

«Che ti credi? Non vedi come l'ha spinto?» indicò il punto in cui era posizionato il suo acerrimo nemico con l'indice. 

«Si?!» Robin mi fissò sbigottita. 

«Mari! Capisco che non ti piace il calcio, però» smosse con un colpo netto della mano la sua lunga chioma color platino. 

«Partecipazione!» mi spronò a imitarla stimolando le mie mani a ondeggiare. La spalleggiai.

Robin era la mia migliore amica. 

Al mondo, non credevo potesse esistere persona più appropriata per mantenere questo ruolo al mio fianco. 

Robin era nata per fare le veci di una sorella maggiore. 

La mia. 

Certo era un po' mascolina e patita del calcio, però era un'ottima ragazza. La più incredibile di questo universo e non l'avrei scambiata per nessun esemplare dell'intero globo terrestre. 

«Si scusami!» mi voltai verso il campo assecondando le sue parole e vidi Tom intento a diplare un avversario. Henry era già pronto a riceverlo. 

Oggi i ragazzi avevano un'amichevole con la squadra avversaria del girone di calcetto. 

Tom e Henry la mattina stessa erano venuti proprio per questo. Per avvisarci a che ora si fosse svolto il match, ma Jay, sfortunatamente, non sarebbe potuto essere presente. 

Il suo turno al ristorante era stato prestabilito come ogni venerdì alla medesima ora. Quindi, a meno che non avesse la capacità di sdoppiarsi, non credo ci avrebbe mai raggiunti.

«Marissa,Henry sta per ricevere la palla e ti fissa in un modo insolitamente maliardo» informò con gli occhi spiritati. 

«A si?» deglutii spaventata da quella notificazione. 

«Ed adesso mi incita a chiamarti» tappò le mie orecchie con le mani convertendo la mia prospettiva visiva a quest'ultimo. 

I miei occhi lo cercarono in mezzo a tutte quelle maglie bianche e quando lo trovarono, lui mi ammiccò con lo sguardo mimandomi con le dita un 

«Guarda!»

accondiscendetti con un movimento graduale della testa e il cuore in gola. 

Non avevo la più pallida idea che sottospecie di pensiero perverso balenasse nel suo cervello in questo preciso istante, eppure, mi sentivo più tutelata del solito. 

In fondo quanto oltre avrebbe potuto spingersi davanti a un pubblico vasto come quello di uno stadio si seconda categoria?

Tom raggiunse la sua postazione, gli passò il pallone con un movimento spedito, lui si liberò facilmente del muro dei suoi avversari e alzando la gamba caricò tutta la forza in quel tiro. 

Portando la squadra alla vittoria. 

Tutto il paesaggio sportivo si librò in un urlo esaltatorio.

«Siiiii! Goal!» Robin mi strinse a se per la troppa emozione.

«Henry sei un grande!» l'elogiato in causa planò parallelo alla nostra postazione e lustrarsi in un inchino teatrale eseguito in mio onore. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 13, 2014 ⏰

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