Suona la sveglia, la spengo e mi alzo.
Guardo fuori dalla finestra: un cielo grigio e malinconico circonda tutto un paesaggio misto tra inverno e primavera, morte e rinascita.
Un paesaggio confuso, che non fa capire se trasmette ansia o felicità.
Mi guardo attorno nella mia stanza e vedo mucchi di vestiti sparsi illuminati dalla luce che filtra dalle finestre creando un ambiente calmo, immobile.
I miei sono in casa, ma non sul piano dove si trova la mia camera, questo rende tutto ancora più fermo.
Non si sentono rumori da fuori, non c'è vento, non ci sono uccelli che volano.
C'è solo un corvo appoggiato su un tetto, di profilo, gli risaltano il becco e le piume nere, pronti a rendere tutto l'ambiente più cupo.
Ripenso a ieri, alle scariche di adrenalina che attraversavano il mio corpo, al mio cuore impazzito che batteva talmente forte che avevo paura scoppiasse.
A quel poliziotto dietro di me che mi guardava mentre parlavo con due mie amiche da un balconcino della stazione, alla marijuana nella mia tasca pronta per calmarmi ma anche per incasinarmi la vita.
Ricordo l'amico di fianco a me che chiede gli orari dei treni per far sembrare quella situazione meno surreale, poi la camminata di fianco a due poliziotti sperando che non mi uscisse la ganja dalla tasca e poi la corsa per andare il più lontano possibile da quel posto.
Ormai questo è solo un ricordo dove tutto è finito per il meglio, ma perché continua a mettermi ansia?
Continua a venirmi in mente la domanda "e se?"
E se cosa? È tutto finito ma è ancora tutto qui nella mia testa, pronto a insorgere dal nulla, anche dal più felice dei pensieri.
È una cosa piccola, praticamente senza significato...Ma penso che sia la chiave per raccontare la mia storia, la storia di un ragazzo tormentato da diavoli che prendono il nome di ricordi e di rituali per scacciarli anche solo per poco.
Una storia che vuole cercare da cosa nascono le emozioni e da cosa vengono tolte.