Tre parole

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Avevo perso da molti anni la mia antica forza e il mio vecchio potere, quella antica energia che Mefisto prometteva di concedermi se avessi sacrificato la mia anima a lui. Avevo perso così tante forze dalla mia gioventù, e in altre circostanze non avrei saputo dove trovarle. Al di fuori di Mefisto, non c'era nulla che mi concedesse il potere per ripristinare il mio antico splendore. Ma in quel momento, con la mia vita e quella del mio più fedele suddito a rischio, le trovai.

Thane stava ancora piangendo come un poppante ai piedi di Ebony Maw, quando io mi drizzai nella mia forma più possente, la posa più forzata di quanto non fosse quando l'avevo ideata, e caricai. Allargai le spalle, il petto in fuori, l'espressione in un misto di pazza gioia e iracondo terrore. Portai il gomito all'indietro, ruotai il polso come i maestri Titani avevano insegnato a me e a mio fratello Eros.

«Sei la progenie della Morte...» stava terminando Maw, e subito scattai.

Scagliai il pugno sulla superficie rigida della barriera ambrata di mio figlio; vi si crearono delle crepe in un groviglio di filamenti energetici che la spaccarono, demolendo pezzo per pezzo i singoli centimetri di quella prigione arancione. Diedi l'ultima spinta, e il mio pugnò la oltrepassò.

«THANOS!» gracchiò Ebony, colto da un improvviso attacco di panico.

«Maw, allontanati», ordinai.

«Mio glorioso Padre», era da tempo che non sentivo queste tre parole pronunciate dalla sua raggrinzita fauce orale, e ne fui piacevolmente sorpreso, «dove eri finito?» chiese Ebony, avvicinandosi di poco a me e sorpassando a sottili passi Thane.

Il mio giovane Titano era ancora chinato accanto al mio servo. Si era lievemente girato con amarezza appena avevo disintegrato la sua prigione trasparente, ma aveva subito distolto lo sguardo. Aveva riportato i suoi occhi viola al suolo, afflitto dal bisogno interiore di uccidermi ma limitato dall'indicibile volere dell'Onnisciente.

«Ebony, ti ho detto di allontanarti da Thane», comandai ringhiando come un feroce criminale qualunque.

«Mio signore, Thane stava per rimpiangere di averti insultato. Se solo aspettassimo ancora qualche minuto, potremmo vederlo ancora sorridere.»

Spesso i poteri di Ebony si rivelavano utili: calmavano gli animi delle persone e permetteva di estorcere loro segreti altrimenti irrivelabili. Ma, talvolta, si dimostravano un problema. Come in questo caso, il suo bisogno di imporre il proprio pensiero su quello degli altri gli stava impedendo di vedere il quadro generale. Ebony riusciva a persuadere e capire le persone, ma un Titano semi-Deviato con geni cosmici e Inumani come Thane è comprensibile solo da uno della sua razza.

«Ebony Maw, SPOSTATI!» tentai per l'ultima volta cercando di accumulare tutto l'imperialismo degno di un sovrano Titano, ma fu un altro fallace tentativo.

Preso dall'ira che si stava progressivamente diffondendo sotto la mia resistente pelle purpurea, feci un furibondo passo avanti. Sentii ancora una volta l'isola fluttuante vacillare dalla sua disequilibrata struttura gravitazionale, e non mi accorsi di ciò che stava per accadere.

In un attimo, reagendo d'impulso al mio minaccioso passo pesante, Thane si alzò in piedi e si voltò nella mia direzione. Immaginai che mi avrebbe sferrato una scarica di energia arancione, tentando di imprigionarmi in un'altra delle sue invisibili prigioni insonorizzate, ma mi sbagliai.

Senza minimamente sforzare il braccio destro, Thane levò in alto la mano sinistra, quella ricoperta da uno strato di oscura luce galattica, e lo toccò.

Non seppi come reagire.

Rimasi per quei pochi istanti a guardarlo cadere.

Credetti che quei secondi durassero in eterno, anche se sapevo che Eternità aveva smesso da tempo di badare alla mia vita, come anche tutte le altre entità avevano fatto.

Thanos - la strada di un eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora