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Mi appoggio di peso alla porta alle mie spalle, chiudendola con un tonfo e un sospiro frustato, mentre spingo a calci l'ultimo scatolone pieno dentro l'appartamento.
Do un'occhiata veloce in giro: è tutto un completo disastro. Pile di altri scatoloni dappertutto, cianfrusaglie, libri di scuola in giro e vestiti stropicciati su ogni mobilio presente nelle stanze... Il piccolo bilocale è composto da salotto e cucina insieme, con un corridoio che porta alla stanza da letto ed al bagno; le pareti sono color bianco panna, fatta eccezione per qualche facciata grigio chiaro.
Sarà strano svegliarsi in questo posto d'ora in poi, senza il delicato aroma che mi invadeva le narici di prima mattina, per i dolci che preparava nonna Abbie a colazione.

Appena fuori, inizio a camminare con calma, senza una meta precisa, e con le cuffiette ad un volume molto alto.
Non ho realmente idea di dove io sia diretta, ma riordinare l'appartamento non era nei miei piani e fare un giro per il campus mi sembra la miglior soluzione a tutto.
Il tempo scorre come l'acqua da un rubinetto e senza che me ne accorga, sono già arrivata al grande giardino sul retro dell'istituto, dalla parte opposta ai dormitori e proprio accanto alla mia amata biblioteca.
Un posto terribilmente rilassante, nel quale potersi stendere sull'erba, sotto l'avvolgente tepore pomeridiano di inizio settembre o sedere all'ombra di un'albero a leggere un libro.
Libro..? Si, giusto!
Prendo l'occasione di essere qui al balzo per ricordarmi di fare una sosta in biblioteca a restituire il romanzo che ho terminato da giorni e prenderne uno nuovo in prestito.
Ma sono talmente persa tra miei logoranti pensieri e il tranquillo paesaggio dinnanzi ai miei occhi, da non rendermi minimamente conto di dove io stia andando.
Poi, in un attimo, è subito confusione; faccio un passo indietro poggiando la mano alla fronte e, per qualche secondo, socchiudo gli occhi nel tentativo di riacquisire lucidità. Ho urtato qualcosa, o meglio, qualcuno.
Alzo lentamente lo sguardo e riconosco una figura strettamente familiare, con il suo solito sorrisetto quasi fastidioso stampato in faccia; i suoi occhi verde smeraldo sono fissi sulla mia di figura, mentre i miei sono ora ricaduti sulla robusta mano che tiene saldamente il mio polso, quasi come se stessi per scappare da un momento all'altro.
Poi, mi chiede improvvisamente come sto, con uno sguardo misto tra divertimento e preoccupazione. Indugio per un po' di secondi sul da farsi, tentennando nervosamente su me stessa e fissandolo con insistenza senza proferire parola.
Lui mi poggia delicatamente una mano sotto il mento, nel tentativo di riportare la mia attenzione sulle sue parole.
"Ti ho chiesto se va tutto bene?" Domanda per l'ennesima volta, con tono fermo, e si avvicina sempre di più a me. Una vicinanza pericolosa, azzardata e particolarmente scomoda, ma a cui lui non sembra far caso.
"Che domande idiota fai, ti sembro per caso fatta di ceramica?" Sbotto improvvisamente a voce alta e scosto il mio braccio dalla sua presa ferrea con un movimento molto brusco senza, però, smettere di sostenere la sua profonda espressione, pressoché provocante; non comprendo nemmeno io il perché di questo mio gesto così avventato, ma il suo contatto iniziava a rendermi nervosa.
Nel suo sguardo, una nota di confusione.
Senza interrompere il contatto visivo, si inginocchia lentamente a cogliere il libro che mi era caduto e me lo porge in silenzio, mentre il biondino affianco a lui, la cui presenza mi salta all'occhio solo ora, ridacchia beffardamente alle sue spalle.
"Non c'è bisogno di scaldarsi tanto Evelyn, di sicuro non volevo essere scortese e farti arrabbiare a tal punto; se anche chiederti 'come stai' ti irrita, eviterò di farlo, non preoccuparti."
"A me non pare proprio di aver detto ciò, quindi sii libero di pensarla come vuoi. Ora, se non ti dispiace, ho altro da fare in questo momento." E senza concedergli altra risposta, lo supero e mi dirigo a passo spedito in un qualsiasi posto lontano da qui.
Supero la soglia della biblioteca con nonchalance, come se non fossi appena scappata via da Rayan e il suo amico.
"Buongiorno Evelyn, di nuovo qui?" Mi accoglie calorosamente la bibliotecaria; Rose è una donna sulla settantina, dai capelli rosso spento e il viso leggermente raggrinzito, con un paio di occhiali a goccia che le ricadono sul piccolo e lentigginoso naso aquilino.
"Si, ho riportato 'La ragazza del treno'"
"Hai fatto in fretta! Allora? Come l'hai trovato?"
"Davvero intrigante, esattamente come avevi detto tu."
"Ormai ti conosco.. Tieni, prova a vedere se la trama di questo libro può interessarti." Scrive il nome sopra un pezzetto di carta e me lo porge. "Si trova nel solito reparto dei romanzi thriller, secondo scaffale."
La ringrazio e mi dirigo nella sezione interessata: la copertina blu petrolio con il titolo del libro mi salta subito all'occhio.
'Le sette morti di Evelyn Hardcastle, di Stuart Turton', terribilmente affascinante solo dalla trama presente in prima pagina.
Trovo un posto libero e mi accomodo a leggere l'avvincente volume che ho tra le mani.

Una leggera carezza delicata sul capo mi risveglia dal dolce sonno nel quale ero caduta.
Strizzo lievemente gli occhi per abituarmi alla luce della lampada ancora accesa e mi accorgo che oltre a me ed alla persona che mi ha smosso, nella stanza non c'è nessun altro, mentre il sole fuori pare, ormai, tramontato da ore.
Alzo lo sguardo dal libro sottostante al mio volto, sul quale mi ero addormentata e noto con stupore che a svegliarmi è stata la stessa persona che da giorni sembra perseguitarmi.
"Ancora tu?" Esclamo con la voce roca, impastata dal sonno e parecchio irritata.
"E' stata Rose a chiedermi di svegliarti" La sua indifferenza beffarda nel rispondere mi infastidisce, e non poco.
"Che ore sono?"
"Le nove passate" Si lascia scappare una risatina.
"E tu che ci fai qui?"
"Ma quante domande fai?"
"Rispondi e basta."
"Niente, ero qui a fare un giro."
"Quando qualche giorno fa ti ho domandato se mi spiassi, perché hai detto no?"
"Ma chi ha detto che ti spia! Se questo è il tuo posto preferito, non vuol dire che non possa essere anche quello di qualcun altro."
"Io continuo a pensare che ti dedichi allo stalking "
"Pensala come ti pare" Sogghigna nuovamente.
"Ti tirerei un pugno su quel sorriso sfacciato."
Detto ciò, mi alzo, recupero il libro e lo supero con altrettanta indifferenza, avviandomi rapida verso l'uscita; poi, dopo aver dato la buonanotte a Rose, lascio la biblioteca, senza dare ulteriore attenzione alla presenza di Ryan alle mie spalle.
"Vai a casa?"
"No, stavo pensando di andare a lezione di letteratura. Ma hai per caso una laurea in domande stupide? Sono ormai le nove passate, cosa vuoi che faccia?"
"Chi lo sa che magari non esci e vai in un locale?"
"Ti sembro il tipo di persona per queste cose?"
"Non ti conosco abbastanza per poter rispondere"
"Ti rispondo io, allora: No!"
"Vuoi che ti accompagni?"
"Guarda che non ho paura del buio"
"Era semplice cortesia"
"Fa come ti pare"
Nonostante io non l'abbia trattato nel migliore dei modi e non mi sia neanche degnata di girarmi per rispondere, la sua figura continua ad essere dietro alla mia, persistente come un'ombra
"E così ti piacciono i romanzi gialli?" Con un paio di passi più lunghi e lesti, mi raggiunge, accostandosi al mio fianco.
Ha un tono incerto, il che è parecchio strano se attribuito alla sua persona; faccio un leggero cenna di sì con la testa in risposta, senza aggiungere altro.
Non è nelle mie intenzioni sostenere una conversazione con lui in questo momento ed il mio buonsenso mi impedisce di trattarlo male un'ennesima volta.
Fortunatamente, sembra comprendere da sé il fatto che io non voglia parlare ed un silenzio assordante cala su di noi durante tutto il resto del tragitto, senza che nessuno dei due tenti per alcun motivo di iniziare un discorso; quasi come se, il solo proferire una parola, possa rompere il forte imbarazzo creatosi, fatto da un sottile strato di vetro che divide in due la stradina che stiamo percorrendo.
Arrivati alla porta del mio appartamento, il disagio sembra essersi allentato almeno un po', così decido di aggiustare la situazione terminatasi in questo modo a causa mia.
"Si, i romanzi gialli sono i miei preferiti. Il tuo genere, invece?"
Il suo sguardo si fa subito perplesso, confuso su cosa dire e subito pronto a mettere sulla difensiva il suo ego da sportivo palestrato del college, che non si azzarda a toccare un libro.
"Non tentare minimamente a negare la cosa, lo so che ti piace la letteratura!"
"E come mai ne saresti così sicura?"
"Non mi avresti mai fatto tu per primo quella domanda, se non fosse stato anche un interesse tuo. Sono certa che avresti potuto trovare un qualsiasi argomento da aprire, eppure hai voluto proprio quello. Per di più non ho dimenticato l'esplicita osservazione che hai fatto in biblioteca."
"E quale sarebbe?"
"Che se quello è il mio posto preferito, non è detto che non possa essere anche quello di qualcun altro." E' vero, sto parlando con parecchia sicurezza, anche se una piccola parte di me non è realmente convinta che ciò sia vero.
Dopo una breve pausa di quiete, si decide a rispondere.
"I miei preferiti sono i fantascientifici e i gialli. Quindi fatico ad ammetterlo, ma avevi ragione."
Un piccolo sorrisino vittorioso e beffardo si fa spazio sul mio volto, provocando la stessa reazione a Ryan.
"Va bene dai, buonanotte. Ci vediamo domani."
"Notte."
Dopodiché, richiudo la porta alle mie spalle, appoggiandomi di peso contro il legno e ritrovandomi di nuovo nel tremendo caos lasciato qui stamattina.

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