Capitolo 2 - Una soluzione necessaria

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Willa

Il suono del cellulare mi desta e quando apro gli occhi, smette di squillare. Guardo lo schermo e noto un mucchio di chiamate perse, tutte di mia madre.

Apro dei messaggi, sono della sera prima. Voleva vedermi e parlare con me di qualcosa di molto importante, anche se non è specificato cosa.

La serata con quel bifolco non mi ha fatto mai prendere il cellulare, e non perché stessi particolarmente bene ma semplicemente perché ero troppo impegnata a seguire i suoi assurdi discorsi retrogradi e misogini. Ci ho litigato quasi per tutta la sera, difendendo i diritti di noi fanciulle, ecco perché non ho avuto tempo di prenderei il cellulare.

Sono andata via dal locale dell'appuntamento da sola, arrabbiata, coi nervi a mille. Ho chiamato un taxi e sono corsa a casa, rilassandomi con un bagno caldo e andando subito a letto.

Non ho proprio pensato a prendere il cellulare per vedere se vi fossero chiamate. Avevo solo bisogno di rilassarmi e di calmare i nervi.

Con un gesto, scorro la lista delle chiamate sul cellulare e pigio su"Mamma". Al secondo squillo, risponde allarmata.

«Che fine avevi fatto? Sono stata in pensiero tutta la notte!»

Urla, come fa spesso, e io la odio quando fa così.

«Rilassati, mamma, sto bene. Ieri sera sono uscita con un idiota con cui ho litigato per tutta la sera. Lasciamo stare, va! Volevi qualcosa?»

«Chi era costui? Come l'hai conosciuto?» domanda, e la sento apprensiva nel tono di voce.

Mamma è una delle donne più conosciute e temute del suo ambiente, ma per me è semplicemente mia madre. Con gli altri si comporta come una donna di ghiaccio, ferrea e senza scrupoli, ma con me è diversa. Solo al mio fianco tira fuori il lato più tenero di sé, quello umano, quello materno, dolce e a tratti comprensivo. Sono il suo unico punto debole, l'unica persona per cui farebbe di tutto.

«Un tizio che ho conosciuto in discoteca. Un imbecille patentato, comunque!» mi lamento, alzandomi finalmente dal letto. Indosso le ciabatte e cammino per uscire dalla stanza e recarmi in cucina.

«Sei uscita con uno sconosciuto? Ma ti ha dato di volta il cervello, Willa?» Urla ancora, con quel tono stridulo e gracchiante.

«Lasciamo perdere, mamma. Cosa volevi dirmi di così urgente, piuttosto?»

La sento vacillare. Sembra balbettare qualcosa, ma poi si ferma.

«Mamma, è tutto a posto?» chiedo, leggermente impensierita dal suo titubare.

«Io...preferirei parlarne di persona, tesoro. È una questione delicata.»

Raggiungo il frigo e prendo dell'acqua fresca, recuperando il mio bicchiere, lasciato lì la sera prima, e versandomi da bere. Ingollo velocemente tutto e poi parlo.

«Non farmi preoccupare, mamma. Dimmi che succede, per favore» le chiedo, con tono dolce. Ho paura. Nonostante i suoi mille difetti e i suoi, di sicuro, loschi affari, è mia madre, tutto ciò che ho al mondo. Le voglio bene, tengo a lei come a pochi altri, nella mia vita. Se dovesse stare male non so come farei senza di lei.

«Tesoro, vieni qui e ne parliamo» insiste, ma io non so aspettare. Se c'è un difetto che ho e che supera tutti gli altri è la mia impazienza, la mia sete di curiosità. Non posso e non voglio aspettare un secondo di più. Devo sapere, adesso!

«Adesso,mamma. Non lo ripeterò più!» la rimprovero, alzando il tono di voce.

Emilia Polster fa il braccio di ferro con tutti e vince sempre. Non cede mai con nessuno, non abbassa mai il capo davanti a nessuno, ma con me... con me è diverso.

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