𝕪𝕠𝕦 𝕝𝕖𝕗𝕥 𝕞𝕖

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Mi hai lasciato che erano le sette e un quarto e pioveva a dirotto.

Mi hai lasciato che c'era uno schifo di tempo, tutto nebbia e umidità, e non riuscivo neanche a guardarti in faccia.

Mi hai lasciato senza dire niente di troppo, senza lasciare speranza, recitando un vecchio copione.

E mi sono sentito esattamente come tutti gli altri, mentre l'illusione di poter essere qualcosa in più svaniva, lasciandomi vuoto.

Mi hai lasciato che era novembre, l'autunno aveva dipinto il mondo di quei colori stupendi, e i tuoi capelli brillavano alla luce dorata del tramonto.

Avevi una camicia sgualcita, che ti ho visto indossare così tante volte, eppure non riuscivo a riconoscerla.

Avevi gli occhi stanchi, quasi annoiati, e io avrei voluto leggerci dentro qualcosa in più. Magari il dolore, il rimorso, forse sarebbe bastata la rabbia.
E invece non c'era nemmeno quella.

Forse cercavo qualcosa che tu non avresti potuto mai darmi, forse la mia felicità, la spensieratezza di quei giorni lontani, era solo una stupida utopia.

Mi hai lasciato che c'era un vento fortissimo, che mi entrava fin dentro le ossa, e scavava nel cuore, come a volersi prendere i resti dell'amore.

Non ci hai neanche pensato due volte, è bastato un dubbio, e hai deciso.
Ed io non potevo far nulla, se non cercare di comprendere, invano.

Mi hai lasciato da giorni ed io non so come sto. Ti vedo ogni giorno, e mi sembra guardare uno sconosciuto.

Mi saluti, parli il minimo necessario, non mi guardi mai.

Forse è quello che mi manca di più. Il tuo sguardo sulla mia pelle, che mi leggeva fin dentro.
Il tuo sorriso compiaciuto, i tuoi complimenti, rari come le volte in cui riuscivo a percepire il tuo affetto, dietro le battute.

Io ti guardo, e tu stai bene.
Stai bene, forse troppo.
Ed io mi chiedo come mai.
Cosa è successo, quando ho chiuso gli occhi e il giorno dopo non eri più tra le mie braccia.

Mi hai lasciato, e mi è tornato in mente quando ci siamo conosciuti.
Stessa camicia bianca, i capelli che arrivavano un po' più giù delle orecchie, occhi troppo belli, che forse non hai mai meritato.

Ti odiavo, eri così bello, e così stronzo.
Non sei mai cambiato.
Passavi ogni notte in un letto diverso, proteggendo te stesso da qualsiasi tipo di sentimento.
Ed io mi innamoravo, pur sapendo che non avrei dovuto.

Eravamo ubriachi marci, quella sera, e io ti ho detto che ti amavo.
Mi hai risposto chiedendomi di smetterla di dire cazzate.
Poi mi hai baciato.

E da quella dannata sera é stata tutta una montagna russa.
Mi baciavi, io ti accarezzavo i capelli, ti spingevo le ciocche bionde dietro le orecchie, e tu te le spingevi sugli occhi, per darmi fastidio.

Ti dicevo che eri la cosa più bella del mondo, e tu arricciavi il naso e sorridevi compiaciuto.

Mi dicevi che mi amavi, quasi senza darci peso, distrattamente, e io mi sono sentito speciale, diverso.
Mi sono sentito amato, e mi innamoravo sempre di più.
Non potevo fare nulla, solo rimanere a guardarti.

"Bri, balliamo! ", mi urlavi, dal mezzo di quella folla danzante e ubriaca che mi asfissiava, e io ti chiedevo scusa, poi uscivo, piangendo e tentando di riprendere il respiro.

E quando uscivi, mi calmavi, nell'unico modo che conoscevi, infilandomi la lingua in gola, e attorcigliando i miei ricci attorno alle tue dita.

Poi mi prendevi per culo, "cazzo, sembri un ottantenne!"
io fingevo una risata, impedendomi di piangere di nuovo.
Dicevo che andavo a casa, tu annuivi, mi lasciavi un bacio veloce, e mi infilavi una mano sotto la camicia, scendendo verso la schiena, ridacchiando quando mi sentivi trattenere il respiro.

E poi tornavi dentro, ed io andavo a casa, fissando il soffitto fino a notte fonda, quando ti sentivo tornare, il fiato caldo che sapeva d'alcol.
Ti infilavi sotto alle coperte, senza preoccuparti di nascondere gli aloni viola che ti ricoprivano il collo.

Tu dormivi, sfinito ed ubriaco.
Io mi giravo dall'altra parte e piangevo, in silenzio.
Mi odiavo, in quel momento, non sapevo che fare.
Mi convincevo che era colpa dei troppi drink, e continuavo a mettere cerotti su tagli profondi e sanguinanti.

Il giorno dopo era quello che odiavo di più, tu dormivi fino ad ora di pranzo e poi si faceva finta di nulla.
Mi sentivo morire, ma ti amavo troppo per fare qualsiasi altra cosa.

Poi qualcosa è cambiato.
Sei rimasto sveglio una notte intera, e mi hai sentito piangere, sei sgusciato fuori dalla discoteca giusto per assistere al mio attacco di panico. Hai notato la mia ansia quando entravamo in un bar, come tenevo gli occhi bassi, mentre tu parlavi con tutti.
Hai percepito il mio dolore più di quanto lo avessi fatto io.
E hai capito, che volevo altro. Che volevo una relazione di quelle vecchio stampo, volevo l'amore, la stabilità.
E tu volevi il divertimento, l'avventura, il piacere.

Ti sei sentito in colpa, forse, e hai scelto la via più semplice. Non avresti accettato di cambiare, non ne valeva la pena, nemmeno per me.

Un giorno mi hai chiesto di parlare, siamo andati a registarare come sempre e poi siamo rimasti fuori, mentre ti accendevi una sigaretta.

Mi hai lasciato.

Ho urlato il nome di Freddie, dopo, mentre le ginocchia cedevano e sentivo il mio corpo colpire l'asfalto.
mentre la gola si chiudeva e i singhiozzi esplodevano in gola.
La pioggia faceva un rumore assordante, sovrastato solo dal battitto terribilmente accelerato del mio cuore.
Attorno a me tutto girava in un vortice infinito, i polmoni reclamavano aria che non riuscivano ad ottenere.
Ho sentito dei passi arrivare svelti, delle braccia sollevarmi da terra. Mi sono appoggiato contro il petto caldo di qualcuno, la voce familiare che mi ripeteva di respirare.

Ci è voluto un bel po', forse davvero troppo, prima che riuscissi sul serio a riprendere il controllo dei miei sensi.
Ero ancora sulla strada, la schiena appoggiata ad un muretto, la mano di freddie che mi accarezzava il braccio e mi ripeteva di stare calmo.

Tu eri lì, a pochi passi, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo impassibile.
C'era anche John, ti urlava contro qualcosa, ma tu non lo ascoltavi, tenevi lo sguardo fisso nel mio, mentre io affogavo nel mio stesso respiro.

Mi hai lasciato che era il 24 novembre, alle sette e un quarto, pioveva e c'era la nebbia, indossavi una camicia bianca e, forse senza neanche saperlo, distruggevi la mia realtà.

Mi hai lasciato e niente è più come era prima, né come lo sarà mai, e io rimango qui, sveglio nel buio della notte, e ripenso all'amore, un coltello affilato che mi taglia in due il cuore e le mie mani che non cercano più il modo di fermare il sangue.

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𝐘𝐎𝐔 𝐋𝐄𝐅𝐓 𝐌𝐄 - 𝚖𝚊𝚢𝚕𝚘𝚛Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora