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I due entrarono nella grande dimora, attraversarono un lungo colonnato a passo svelto, non degnando di uno sguardo le stanze ai loro lati, arrivando così nel giardino. Centro delle òikos, le case greche.
Esso non eccedeva nello sfarzo, si trattava di uno spazio verde con erba curata che presentava qualche margherita qua e là, al centro vi era una fontana di medie dimensioni, non molto elaborata, nel cui mezzo, poggiata su un piedistallo, era posizionata la statua di Artemide, dea della caccia, degli animali selvatici e del tiro con l'arco. Una tra le dee più venerate a Sparta.
La divinità dalla delicata bellezza era stata scolpita nel marmo con una precisione tale da averla resa una tra le più belle statue nella città. I capelli erano raccolti in una treccia annodata appena dietro la nuca, sul capo vi era posta una semplice tiara mentre sul viso era dipinta un'espressione impassibile, senza alcun pathos. Le era stato scolpito addosso un vestito corto e non molto ampio che arrivava appena sopra le ginocchia, le gambe si distendevano forti dal bacino in giù andando a finire nei piedi nudi che poggiavano entrambi sul piedistallo.
Nella mano destra teneva due frecce, mentre nella sinistra un lungo arco. Le braccia erano piegate leggermente in avanti come a voler invitare colui che stava al suo cospetto a scoccare le frecce e a combattere, qualunque fosse stata la battaglia.
La statua dava esattamente sull'entrata del giardino e, non appena Basilos e Helene fecero il loro ingresso in questo, non poterono che osservarla rimanendone affascinati come la prima volta che la videro.
La seconda rallentò addirittura la sua camminata, chinando di poco il capo in segno di rispetto, quasi fosse stata nel tempio sacro della divinità.

I due poi proseguirono il loro percorso sotto le navate laterali che circondavano il piccolo giardino rettangolare, arrivando davanti alla porta della camera notturna dei due regnanti della dinastia degli Agiadi, che si trovava esattamente alla destra dell'imponente statua.
Basilos stava per bussare sul legno grezzo della grande porta di loro interesse quando una forte vociare arrivò alle loro orecchie facendo bloccare il suo movimento. Sembrava che il padre di Helena, re di Sparta, fosse impegnato in un'accesa discussione con un altro uomo.
<se fossi in te, cugino, non busserei - una voce familiare attirò la loro attenzione, facendo vagare i loro sguardi poco più in là, su una figura che entrambi conoscevano molto bene - Agesilao, secondo del suo nome della dinastia dei Euripontide, sembrava molto nervoso quando è arrivato e dai toni che possiamo udire sembra che la sua irritazione sia solo aumentata> appoggiato ad un imponente colonna vi era il primo genito dei reali, Hippolotus.
I lunghi e ricci capelli castani dell'uomo, appena divenuto trentenne, erano sciolti sulle sue larghe spalle. Essi brillarono sotto la luce del sole non appena egli si allontanò dal marmo cui era appoggiato. Gli occhi verdi quanti quelli di Helene osservarono gioiosi i due familiari, mentre le labbra si distesero in un piccolo sorriso. Erano passati diversi giorni dall'ultima volta che si erano visti, a causa di alcune spedizioni e ricognizioni sul territorio.
Non appena furono vicini Hippolotus salutò Basilos, suo amico e compagno di armi, con una pacca sulla spalla, mentre sua sorella minore con una piccola carezza sul capo. I due fratelli, sebbene l'elevata differenza d'età e il fatto di non aver trascorso molto tempo insieme, avevano sempre avuto un buon rapporto basato su rispetto e appoggio, lasciandosi andare a volte in qualche carezza.
<ti fai grande ogni giorno di più, eh?! - mormorò il castano guardandola con orgoglio - tra non molto sarai una giovane e forte spartiata, nonché nobile sposa> disse infine guardando prima Basilos per poi lanciarle un occhiolino.
Helene arrossì leggermente a quell'ultima affermazione, sentendo bruciare sulla sua pelle il penetrante sguardo del corvino, i cui occhi la intimidirono per l'ennesima volta.
Sospirò infine, scuotendo leggermente la testa, cercando di riprendere un po' di autocontrollo aprì bocca per chiedere al fratello come fossero andate le imprese sui confini dei loro territori quando uno sbuffo annoiato arrivò alle loro orecchie facendoli voltare in direzione della navata opposta, sul cui muretto vi era seduto un giovane uomo di appena venticinque.
Cleopas, il figlio di mezzo, era intento nell'intagliare un pezzo di legno con un piccolo coltello che usava portare nel bracciale di cuoio attorno al suo avambraccio. I suoi ricci capelli biondi erano raccolti in una piccola coda bassa mentre un'accenno di barba iniziava ad essere presente sul suo viso, quasi a voler imitare il fratello a piccoli passi.
Sebbene sapesse che i tre lo stessero osservando egli non si degnò di voltare lo sguardo in loro direzione, sperando semplicemente che la smettessero di annoiarlo con il loro parlare.
Il suo fastidio fu percepito chiaramente dai tre che, nonostante tutto, non si scomposero più di tanto, sospirando solamente esasperati dal suo carattere difficile decidendo infine di ritornare a chiacchierare tra loro. A Helene però non passò inosservato il grande ematoma nero che cerchiava l'occhio destro di Cleopas, mentre le parve che il labbro inferiore avesse appena smesso di sanguinare.
Nella società spartana era normale che i giovani qualche volta presentassero lividi o tagli, erano continuamente sottoposti ad allenamenti e scontri corpo a corpo, erano continuamente addestrati alla guerra. Era la quotidianità e il giovane dai riccioli biondi, ormai venticinquenne, non sarebbe stato certo l'eccezione.
<Cleopas non sarebbe meglio fasciare quel taglio?> domandò preoccupata al fratello notando un profondo taglio sul braccio destro dell'uomo che la schernì con uno sguardo profondamente intimidatorio e arrabbiato, per poi tornare a fare ciò che stava facendo.
Helene stava per aprire nuovamente bocca quando una mano fu appoggiata sulla sua spalla fermando i suoi movimenti.
<oggi è stata dura per lui, ha bisogno di stare da solo per un po'. Helene non preoccuparti> disse Hippolotus, sapendo bene cosa fosse successo al fratello e quanto il suo orgoglio fosse stato ferito. Più del suo corpo.
Quel giorno alla caserma dove Cleopas era stato assegnato erano arrivati delle nuove reclute e i superiori avevano deciso di metterli alla prova con uno scontro corpo a corpo e il giovane era stato battuto da un novellino, ricoprendosi di vergogna e imbarazzo.
Helene annuì debolmente, sapendo quanto il fratello di mezzo fosse orgoglioso.
<fratello, non parlare come se non fossi qui> sibilò il biondo, osservando con occhi arrabbiati Hippolotus, elogiato da tutti per non aver mai perso uno scontro, che dopo aver sospirato ed essersi passato una mano tra i lunghi capelli castani, scosse il capo esasperato.
<beh è come se lo fossi visto che non rispondi nemmeno alle domande di nostra sorella> disse il maggiore cercando di essere paziente sebbene suo fratello stesse consumando tutta la sua calma.
Dopo aver sbuffato, Cleopas lanciò uno sguardo derisorio a Helene.
<non spreco tempo con chi non è uno spartiato> rispose sprezzante, alzandosi dalla sua postazione e avvicinandosi così ai tre con fare minaccioso calpestando una parte del giardino curato e alcune margherite. Se solo sua madre l'avesse visto, certamente, l'avrebbe rimproverato della sua maleducazione e del poco rispetto che riponeva nel lavoro compiuto da altri, sebbene quegli altri fossero schiavi.
Si mosse con così tanta ferocia che fece muovere di un passo sia Basilos che Hippolotus, pronti a difendere a spada tratta la più piccola che lo guardò impassibile non muovendosi di un palmo da dove si trovava.
<lo è quanto te, Cleopas> il corvino lo guardò severamente mentre una risata divertita lasciò le labbra del giovane dal viso tumefatto che sembrava aver ingoiato veleno.
<ah ah, - mosse l'indice in aria - sbaglio o non ha ancora superato la prova dello schiavo? Mh già, credo proprio che tu te lo sia dimenticato - mormorò soddisfatto quando vide l'espressione fredda di Basilos vacillare. Purtroppo lui sapeva bene che Cleopas aveva ragione, quella era una delle prove che rendeva uno spartiato tale. Ammise in cuor suo che quelle parole lo avevano messo in difficoltà, stessa cosa per Hippolotus - se fossi in te ci penserei bene a sposarla, potrebbe non essere capace di generare figli degni di essere spartani> sputò velenoso Cleopas, guardando con occhi infuocati la minore che strinse le mani lungo i fianchi in due pugni.
Non sopportava quando la gente sottolineava i suoi errori, sopratutto se a farlo era Cleopas, pronto sempre a puntare il dito contro tutto e tutti. Fin da quando erano piccoli non erano mai andati d'accordo e in quegli ultimi mesi, da quando Basilos gli era stato indirettamente proposto come marito, le loro rare interazioni finivano con forti discussioni e talvolta con violenti schiaffi sul viso.
<Cleopas finiscila!> sibilò a denti stretti Helene, superando di qualche passo suo fratello maggiore e suo cugino avvicinandosi sempre di più al figlio di mezzo che le mostrò un sorriso sornione, quasi avesse vinto un duello.
<la verità fa male, vero? Helene sei solo ridicola... solo perché nostro padre ti ama più di noi, più di quanto dovrebbe, non significa che tu meriti di sedere alla nostra mensa, di indossare le nostre armature e di ricevere il nostro rispetto - l'uomo espresse indirettamente la gelosia che aveva sempre provato nei confronti della sorella che, ai suoi occhi, era stata trattata con più riguardo dai suoi genitori - mi imbarazza il fatto che tu sia mia sorella> disse sprezzante, arricchendo quel suo sorriso malvagio di pura cattiveria, mentre la bionda abbassò lo sguardo per qualche attimo. Sebbene non volesse ammetterlo, quelle parole l'avevano un po' ferita e fatta sentire fuori posto, sentimento che già spesso provava osservando la semplice quotidianità di contadini, mercanti o giovani avventurieri.
Cleopas non vedendo una reazione da parte sua, ma solo silenzio, si lasciò andare in una grassa risata derisoria e, dopo aver sussurrato un "come pensavo", le voltò le spalle pronto a ritornare al suo posto ma la voce della sorella bloccò la sua camminata facendogli sgranare gli occhi.
<se trovi che uccidere uno schiavo disarmato e senza speranze sia più onorevole di battere un uomo armato e addestrato, mi deludi fratello... ma d'altronde da uno che è capace di portare a termine solo la prima azione non mi potrei aspettare altro> mormorò lei facendogli morire il sorriso sulle labbra. Tutta la spavalderia di qualche attimo prima scivolò al suolo con la sua dignità. Helene sapeva di aver toccato un tasto dolente, ricordando al fratello quanto lei, a differenza sua, fosse molto più abile nell'arte della guerra nonostante fosse donna. Sapeva di averlo ferito ma purtroppo lui l'aveva costretta.
Hippolotus e Basilos, che stavano per intervenire per sanare gli animi, a quelle parole rimasero immobili e sorpresi. Al primo quasi sfuggì una risata per la schiettezza della sorella, che aveva distrutto in pochissimi attimi l'animo orgoglioso di Cleopas riducendolo ad un cumulo di rossore e imbarazzo. Il secondo, invece, le aveva rivolto uno sguardo curioso, sempre più affascinato dalla sua figura che faticava a comprendere e decifrare.
Il biondo umiliato si voltò verso la più piccola furibondo e in un impeto di rabbia l'afferrò per il collo avvicinando di scatto i loro visi. Gli occhi azzurri di lui incontrarono quelli verdi e impassibili di lei, che non si scompose più di tanto alla sua azione impulsiva e violenta, lasciandolo deluso e insoddisfatto.
<Cleopas ora basta, lasciala stare, te la sei cercata> disse Hippolotus con una calma glaciale che però non convinse il fratello minore a ritornare sui suoi passi, ma anzi questo iniziò a fare più pressione attorno al collo di Helene che portò una mano a stringere il polso del suo aggressore.
Vedendo che il giovane non sembrava intenzionato a lasciarla andare, Basilos estrasse, con un gesto rapido, la sua lucente spada appoggiando la punta sulla gola dell'uomo fin troppo irascibile. Si scambiarono un'occhiata e lo sguardo inflessibile e severo del corvino bastò a far allentare la pressione sul collo della minore che continuò a mostrarsi indifferente, non volendo dare soddisfazione al fratello di mezzo.
Cleopas, però, la lasciò andare solo nel momento in cui le grandi porte che davano sulla camera notturna dei due regnanti Agiadi, si aprirono mostrando la figura arrabbiata di Agesilao II, secondo re di Sparta della dinastia degli Euripontide, che senza degnare loro nemmeno di uno sguardo uscì frettolosamente borbottando con odio maledizioni contro la casa "rivale" e tutti i suoi discendenti.
A seguire dell'uomo furibondo si presentò sulla soglia della stanza la regina Agiade, il cui viso consumato presentava un'enorme stanchezza. Gli occhi chiari guardarono i familiari vuoti e asciutti, le labbra sottili erano appiattite con forza l'una contro l'altra mentre i lunghi capelli biondi ricadevano con inusualità sciolti sulle magre spalle, donandole un aspetto ancor più trasandato.
Cleopas, notando le condizioni della madre, si allontanò di un passo dalla sorella non volendola turbare ulteriormente, allo stesso modo Basilos ritrasse la sua spada infilandola nel fodero senza dare nell'occhio.
<entrate> disse la regnante in un sussurro, invitandoli a seguirla con un gesto della mano.
Senza discutere, i quattro seguirono l'ordine avviandosi verso la grande stanza, semplice e spoglia.
Ma, prima di fare il suo ingresso, Cleopas si avvicinò all'orecchio di Helene, quanto bastò per essere sentito solo da lei, sussurrandole parole che la fecero sussultare per la minaccia che celavano.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 21, 2019 ⏰

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The goddess dice//K.Th. [sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora