Nel limbo

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12 marzo

Rebecca

Bianco. È tutto bianco. La neve che copre il sentiero e gli abeti, quella che nasconde i pendii dei monti, quella che continua a cadere in larghi fiocchi dal cielo.Il cielo stesso sembra bianco, ora. Non vedo nulla, procedo a tentoni allungando le mani davanti a me, cercando di sentire sotto le dita i tronchi degli alberi.Tutto è bianco e silenzioso, sento solo il rumore dei miei piedi negli scarponcini che arrancano nella neve e, di tanto in tanto, il tonfo lontano di un ramo che cede sotto il peso di tutto questo candore.
Con la coda dell'occhio vedo i fiocchi attaccarsi ai capelli che mi circondano il viso. Non è innocuo nevischio misto a pioggia, questa è neve vera, di quella che arriva per restare.
Dannazione.
Scuoto la testa e con le mani intorpidite allontano quei piccoli ghiaccioli dai miei riccioli, rabbiosa.
I miei capelli saranno un disastro, così fradici e crespi, ma posso solo immaginarlo perché le dita hanno perso sensibilità.
Non ho la minima idea di dove mi possa trovare. Spero solo che, continuando a camminare, possa raggiungere un sentiero battuto, una strada, magari trovare un rifugio.
Ho le dita gelate. Non mi sento più la punta del naso. Credo che non riuscirei neppure a parlare, il viso rattrappito in una maschera ghiacciata. Comunque parlare non mi servirebbe: non c'è anima viva qui intorno.

Mi maledico per la centesima volta per aver lasciato il cellulare in albergo, uscendo. E per quanto accidenti di tempo ho camminato nel bosco prima che iniziasse a nevicare?
Non mi sembrava di essermi allontanata tanto dal paese, dannazione.
Un fiocco mi cade sulla punta del naso, incrocio gli occhi osservandolo e maledicendolo al tempo stesso: sembra mi stia sfottendo e cerco d'incenerirlo con lo sguardo. O, almeno, di farlo sciogliere.
Marco andrebbe su tutte le furie se sapesse che sono stata così avventata e disorganizzata.
Sì, ecco, a destra, mi pare di ricordare che all'andata avevo svoltato a sinistra, quindi ora per tornare devo svoltare a destra. Tasto il tronco di una grossa pianta, mi convinco che sia l'imponente larice che avevo superato ore addietro. Sì, sono sulla buona strada, ne sono certa.
La neve cede sotto il mio peso. Precipito.
Rotolo giù, sempre più giù. Qualcosa di duro urta contro la mia testa.
Scivolo in basso, incapace di arrestare la caduta. Sbatto contro un tronco, da qualche parte, ed un dolore sordo mi dilania il braccio sinistro.
Cado. Rotolo. Poi, finalmente, mi fermo.
No, non ero sulla buona strada.Sono sdraiata a terra nella neve fresca. Guardo in alto, verso il punto da cui credo di essere precipitata, ma non riesco a vedere nulla che non siano bianchi fiocchi cadere implacabili su di me.
Mi giro su un fianco e provo a mettermi in piedi, ma la caviglia destra cede sotto il mio peso e mi sfugge un grido di dolore. Possibile che me la sia rotta?, mi chiedo mentre mi accascio al suolo. Tutto si fa nero.
Che morte stupida.
Qualcosa di caldo, umido e puzzolente mi tocca la guancia. Ancora. E ancora. Gli angeli possono essere nauseanti?
Be', forse la mia vita non è stata tanto esemplare da farmi meritare il paradiso, penso mentre quella cosa calda e sgradevole si sfrega ancora contro il mio viso.
Da bambina avevo tagliato i capelli alla bambola preferita di mia cugina, crescendo ho bigiato la scuola diverse volte, soprattutto per svignarmela da quelle terribili lezioni di chimica, e poi mi sono sbronzata in svariate occasioni. A ben pensarci, credo di aver dato non pochi grattacapi ai miei genitori, a cominciare dai tempi della scuola via via fino ad arrivare a quello che, citando Dante, con tono pomposo definirebbero il gran rifiuto . E di certo mi piacciono gli uomini, parecchio.
Per non parlare poi di quel fattaccio brutto con Raffaele, il professore convivente e con prole con il quale da adulta mi ero divertita un bel po'... Be', quella però è una colpa da dividere a metà: aveva cominciato lui a starmi dietro e sempre lui aveva preso l'iniziativa nel baciarmi. Per il resto, si sa che da cosa nasce cosa... E comunque mica era sposato, che diamine! Non ho ordito intrighi per infrangere il sacro vincolo , suvvia: si sa che la convivenza è un impegno solo a metà. O sbaglio?
Comunque no, non credo proprio che gli angeli possano puzzare. Non così tanto, almeno.
Apro gli occhi a fatica e il mio sguardo incontra quello, scuro e profondo, di un lupo totalmente bianco. I contorni del suo muso si intuiscono appena, pelliccia immacolata nel candore circostante che va via via oscurandosi nella sera incombente. Si avvicina ancora, mi lecca nuovamente il viso. Mi sta assaggiando, penso.
Cibo per lupi.
Richiudo gli occhi, tutto torna nero.
Che morte stupida.

Ah, allora è così che succede. Quella faccenda dell'uscire dal proprio corpo, intendo. Mi sento sollevare in alto, ma non poi tanto. E non è che mi veda fluttuare sospesa sopra il mio corpo. No. Sento solo caldo sul lato destro, dalla spalla fino alla coscia. Il che è strano. Non mi risulta che in paradiso ci si possa andare solo per metà. Forse la mia vita è talmente incasinata che persino il Padreterno deve prendersi un po' di tempo per capire che deve farci, con me.
Santa santa non sono mai stata... Ma all'inferno no, per favore, ché la dannazione eterna non credo mi si addica. Però, tutto sommato, se la compagnia fosse come quella descritta da Dante nella Commedia potrei farci un pensierino... Una capatina nel girone dei lussuriosi, ad esempio, ad incontrare Paolo e Francesca... li ho sempre ammirati tanto, fin dall'adolescenza... però mi piacerebbe incontrarli come ha fatto il Sommo Poeta: una salutino veloce e poi via, ecco. Stare con loro fino alla fine dei tempi mi sembrerebbe davvero eccessivo.
È che qui, qualunque posto o non posto sia questo qui , il tempo non pare esistere. La sensazione di essere sollevata, quella del calore sul lato destro del mio corpo, tutto questo mio sproloquiare, da quanto tempo durano? Non saprei proprio dirlo.
Oh, questa è bella! Sento le mie braccia muoversi da sole. Ehi, piano!, il braccio sinistro mi fa male! Male? Ma come? Se sono morta non dovrei sentire dolore. O no? Stai a vedere che sono davvero finita all'inferno... Il dolore credo vada a braccetto con la dannazione eterna. Ma dai, davvero sono stata così schifosa in vita da meritarmi una permanenza definitiva con Belzebù e soci?
Adesso sono le gambe a muoversi per conto proprio. A cominciare dai piedi. La caviglia destra mi fa un male cane e credo di urlare, però non sento nessun grido, solo una specie di mugolio piagnucoloso che pare arrivare da molto, molto lontano.Ecco, penso di essere sospesa nel limbo. In fondo, se il Grande Capo deve decidere che farsene della mia anima, il limbo mi pare essere un posto accettabile per un'attesa. Sono sdraiata sulla schiena sopra qualcosa di morbido, che però non è la neve di prima e, anzi, è quasi tiepidino; c'è anche della luce, ma non quel fulgore abbagliante che viene descritto tanto spesso, no, è più un bagliore incerto e traballante.
E sento della musica.
Niente a che fare con i cori celestiali, però. Più che altro sembrano nacchere.
Ehi, voi, angeli o lupi, sono nel limbo sbagliato! Non posso stare con le anime spagnole, non lo parlo nemmeno lo spagnolo io!
Ah, no, aspetta, non sono nacchere... Sono io che batto i denti. Allora sono viva!
Qualcosa di enorme, morbido eppure solido e piacevolmente caldo mi si adagia di fianco e qualcos'altro di soffice e profumato mi ricopre.
Sì, mi piace proprio.

***

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A presto! 

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⏰ Last updated: Apr 09, 2019 ⏰

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La Principessa e l'OrsoWhere stories live. Discover now