Erano le 8:00 del 15 luglio, il fatidico giorno per Alex, il giorno che non sarebbe dovuto arrivare mai.. non ero pronta, non lo era la mia valigia, figuriamoci io.
Spensi la sveglia e mi alzai dal letto, mi feci una veloce doccia e mi vestii comoda per il viaggio con una canotta e dei leggins neri.
Feci l'ultimo giro di perlustrazione per controllare se avessi preso tutto il necessario per la mia sopravvivenza in un altro paese.
Successivamente, provai a chiudere la mia valigia, cosa molto complicata dato che tutti i vestiti stavano strabordando da essa: ci saltai sopra e con forza e pazienza la chiusi.
Uscii dalla mia stanza con questa valigia esorbitante, era moooolto piú grossa di me, effettivamente non era tanto difficile dato che ero gracilina e di piccola statura.
Trovai davanti a me mia nonna che mi strinse fortissimo e mio nonno che mi diede una pacca sulla spalla prima di darmi, anch'esso un abbraccio. Mi dispiaceva lasciare i miei nonni da soli a Milano ma era l'unica soluzione data la loro etá, un trasloco all'estero per loro sarebbe stato controproducente. La cosa positiva però era che sarei potuta tornare ogni volta che desideravo a casa mia dato che loro ci vivevano dentro.
Dopo aver salutato i nonni e i vicini, salimmo sul taxi con la destinazione dell'aeroporto Milano Malpensa che non era tanto lontano da casa mia.Arrivammo all'aeroporto e, dopo aver fatto il check in e aver imbarcato le valigie, ci sedemmo sulle panchine davanti al gate in attesa dell'apertura agli imbarchi. Il nostro era un viaggio molto lungo: il primo volo era diretto a Dubai e dopo uno scalo di tre ore avremmo potuto prendere il volo diretto per la California.
Dopo una decina di minuti una ragazza alta e slanciata si sedette dietro al bancone del gate e annunciò al microfono l'apertura dell'imbarco:
«Per tutti i passeggeri del volo EK07432 diretto a Dubai, è possibile effettuare l'imbarco presso il gate A59»
Neanche il tempo alla ragazza di finire la frase che una calca di persone si ammucchiò davanti al bancone per farsi controllare il biglietto e salire sull'aereo per primi.
Ci mettemmo in coda, davanti a noi c'erano numerosi ragazzi che probabilmente partivano per una vacanza, c'erano anche anziani che magari stavano andando a trovare i propri familiari.
Molta gente con la stessa destinazione ma con obiettivi diversi.Salimmo sull'aereo, il mio posto era nella parte centrale del velivolo, vicino al finestrino, mi sedetti e aspettai il decollo, mi venne il magone, non ero pronta a lasciare tutti.
L'aereo iniziò a fare il push back, la crew attivò per tutto il velivolo la voce registrata che spiegava cosa fare nei momenti di emergenza e le hostess mostrarono con delle gesta ciò che la voce stava spiegando, io non ascoltai. Le sapevo a memoria quelle cose visto che ero solita a prendere l'aereo per spostarmi in tutta Europa per delle partite di pallavolo, dato che giocavo a dei livelli abbastanza alti.
Arrivò la fase di rullaggio per il nostro aeromobile, ci allineammo alla pista e, dopo aver aspettato l'ok dalla torre di controllo, il pilota diede spinta ai motori e l'aereo iniziò la sua corsa sulla pista di Malpensa, ci staccammo da terra, la cittá diventava sempre piú piccola sotto di noi, proprio come i miei ricordi che, per sempre avrei portato nel cuore e nella mente.
Iniziai ad ascoltare un po' di musica e feci delle foto al panorama sotto di me.
Mangiai qualcosa offerto dalla crew e poco dopo mi addormentai.
Mi risvegliai solamente durante la fase di landing, disturbata dalle voci della cabin crew che ci dicevano di allacciare le cinture per l'atterraggio.
Dopo 6 ore di volo arrivammo a Dubai, e dopo esser scese dall'aereo, andammo a cercare l'imbarco del possimo volo con l'annessa pausa cibo.
Passate le tre ore di scalo salimmo sull'aereo diretto a Los Angeles.
Ero agitata e anche un po'emozionata.
Il velivolo decolló e subito m'infilai le cuffiette per ascoltare la musica e per guardare un film senza disturbare gli altri passeggieri.
Era appena passato il tramonto e dopo aver scattato qualche fotografia dal finestrino dell'aereo ed averla editata sul mio computer, mi addormentai.
Dopo quasi 16 ore di volo arrivammo all'LAX.
La mia nuova vita era appena iniziata!
Ritirammo i bagagli e ad aspettarci trovammo Jhon il fidanzato di mia mamma. Mi presentai a lui, era un bel uomo, molto giovanile e ben piazzato, fisicamente parlando.
Ci dirigemmo verso il parcheggio dell'aeroporto, giocai a provare ad indovinare quale fosse la sua macchina; superai numerose vetture ma nessuna di esse era quella di Jhon, pensai quasi ci stesse prendendo in giro e fosse venuto in taxi! Poi in lontananza vidi una Ferrari Portofino rossa splendente, corsi verso la vettura e iniziai ad ammirarla:
«Che dici Alex, ti piace?» mi chiese Jhon ridendo.
«Ohh si che mi piace!!» gli risposi
«Quando avrai la patente allora te la farò guidare va bene?» lo guardai confusa, poi tirò fuori le chiavi e schiacciò il bottone per l'apertura della vettura:
«Oh mamma mia! Questa macchina è tua?» dissi io, ero molto emozionata, soprattutto incredula.
Lui annuí, infatti salimmo sulla vettura e arrivammo in un batter d'occhio nella nostra nuova casa.
Era appena l'ora di pranzo in California, perciò Jhon ordinò del cibo su Just Eat e, dopo aver mangiato, l'americano mi accompagnò al piano di sopra per mostrarmi la mia camera.
Presi la mia valigia e iniziai a salire la scala, a cima di essa c'era un corridoio abbastanza lungo con numerose porte, "chissá che se ne faceva un uomo che viveva da solo di una casa cosí grossa!" dissi tra me e me.
Entrai nella mia nuova camera, era enorme, con una grossa finestra che dava vista sulla via, un letto a soppalco con sotto una scrivania per poter studiare, una porta a specchio con all'interno un bagno con vasca e al di fuori di esso, un enorme cabina armadio. Ero ammaliata dalla mia nuova camera, mi sentivo una principessa! Iniziai a sistemare i miei vestiti e tutti i miei effetti personali, volevo renderla mia appendendo le foto con i miei vecchi amici. Feci poi una lista con tutte le cose che avrei voluto aggiungere per rendere ancora di più speciale e colorata la stanza.
Continuai a sistemare le mie cose, dopo un po' qualcuno bussò alla mia porta, era mia mamma, la feci entrare
«Wow! Guarda che stanza enorme! Ti stai già sistemando?! Quando puoi scendi che Jhon vuole portarci a fare un giro per la cittá»
La guardai e annuii e aggiunsi «Tempo di cambiarmi, e arrivo» lei sorrise e se ne andò dalla stanza, poi rientrò e mi disse
«Grazie Alex, so che è un grande sacrificio per te, ma ti troverai bene qui, ne sono certa!» la guardai e la abbracciai, ero felice per lei, e questo mi sembrava il minimo che potessi fare.
Dopo la morte di mio papá era distrutta, fisicamente e mentalmente, non usciva, non mangiava, non viveva piú, ma poi, da quando ha conosciuto questo uomo, è rinata, e io, non posso che essere felice per loro, oramai erano 5 anni che si frequentavano, avanti e indietro tra una nazione e l'altra, vivere insieme era in progetto da un po' e sono felice di aver accontentato i loro desideri.Mia mamma mi lasciò in stanza, io mi cambiai, era piena estate e le temperature di Los Angeles erano molto più alte rispetto a quelle di Milano, m'infilai degli shorts bianchi con una maglietta corta dell'Adidas, raccolsi i miei capelli lunghi e biondi in una coda alta e m'infilai gli occhiali da sole, mi misi le mie stan smith bianche e nere e scesi sotto in salotto dove, c'erano mia mamma e Jhon che mi stavano aspettando.
«Pronte signorine a visitare la vostra nuova città?» ci disse Jhon facendoci il segno di seguirlo, io e mia mamma annuimmo. Andammo verso il garage, io mi avvicinai alla portiera della macchina per assicurarmi il posto davanti.«Ehmm Alex, oggi non ci servirà quella» mi disse Jhon indicando la Portofino, lo guardai, e poi chiesi:
«E scusa, come ci arriviamo in centro dato che non siamo molto vicini?».
La nostra nuova casa era nella periferia di Los Angeles, in mezzo al verde, infatti era attorniata da prati immensi e da boschetti, eravamo vicini all'oceano ma comunque andare a piedi sarebbe stato impossibile!
«Alex, ti presento il mezzo più gettonato del quartiere... La bicicletta!» mi rispose Jhon, io rimasi esterrefatta, non mi dispiaceva andare in bici. Poi egli aggiunse
«Tua mamma mi ha detto che sei una molto sportiva no? Non ti dispiacerà fare due pedalate, giusto?» io annuii, montai in sella alla bici e seguii Jhon e la mamma.Andammo a fare un giro per Los Angeles, era una bellissima cittá, tutta incentrata al cinema e ai suoi attori principali. Costeggiammo anche gli studi cinematografici di Hollywood dato che non abitavamo troppo lontani da essi.
Dopo un giro di perlustrazione tornammo a casa, era giá sera, lasciammo le bici sul vialetto, notai che la nostra abitazione aveva tutte le luci accese, guardai mia mamma e le chiesi:
«Abbiamo dimenticato tutte le luci accese?!»
Jhon si mise a ridere, e poi inserendo la chiave nella serratura, mi disse:
«No Alex tranquilla, ora vedrai» entrai in casa, c'erano numerose voci maschili, arrivammo nell'immenso salotto e seduti sui divani c'erano almeno una quindicina di ragazzi che stavano guardando la tv, ero confusa, che ci facevano li?Jhon si schiarí la voce per cercare la loro attenzione e cosi avvenne, infatti, loro si girarono, iniziarono tutti a fissarmi e poi iniziarono tutti a fischiare, a parlare tra di loro e fare battutine... sarei voluta solo sparire e dentro di me, una domanda continuava a tormentare la mia mente, anzi due domande: chi erano questi? E che ci facevano li?
Poco dopo uno di loro si alzò, era alto, pelle olivastra, con i capelli castani a spazzola ricci raccolti con del gel, con le braccia spesse e il corpo abbastanza muscoloso, era molto attraente.
Andò subito da Jhon e lo abbracciò, ero confusa, lo stesso fece con mia madre e iniziò pure a farle i complimenti, cosa che mi confuse ancora di piú, poi si avvicinò a me, mi guardò, aveva gli occhi azzurri, proprio come i miei, allungò la mano verso la mia e mi disse
«Tu devi essere Alex, piacere di conoscerti!» lo guardai stranita, gli strinsi la mano e gli dissi
«E tu saresti?!» lui si mise a ridere
«Calmati sorellina, io mi chiamo Nicholas, Nicholas Anderson, sono il figlio di Jhon, non che tuo fratello» sgranai gli occhi, ci rimasi male
«Non sapevo di aver acquisito un fratello... bene!» dissi sarcasticamente.
Jhon s'intromise nella conversazione «Non ce solo Nicholas, ho anche un'altro figlio: Mason, lui è piú grande ha 22 anni, è partito l'altro giorno per la Florida con la sua fidanzata, è andato a trovare sua madre.. ci rimarrá per un mesetto» io annuii, ero ancora scioccata dalla notizia, Nicholas si passò la mano tra i capelli e poi si girò verso i suoi amici e disse
«Loro sono i miei compagni di squadra, con loro gioco a football, sono il loro capitano, finita la partita in tv ordiniamo una pizza» lo guardai con aria interrogativa e poi un suo amico aggiunse «Se vuoi ti puoi unire a noi, saremmo tutti curiosi di conoscerti sai» disse ridendo, tutti i suoi amici lo fecero e in più, iniziarono a guardare tutti le forme del mio corpo e fecero numerose battutine a riguardo. Lo guardai e dissi
«Mi spiace, io passo» me ne andai, ma, nemmeno il tempo di uscire dalla stanza che uno di loro mi urlò «Che bel culo!» io alzai gli occhi al cielo, era solito questo commento da parte dei ragazzi, sapevo di avere un buon fisico, giocavo a pallavolo a livelli abbastanza alti e avevo allenamento ogni sera, era normale che avessi un fisico allenato. Perciò prima di lasciare il salotto risposi ad un uno di quei individui «Grazie che carino! Ma sicuramente è meglio della tua faccia!» oramai avevo le risposte pronte.
"Che casi umani, e io che pensavo che solo in Italia fossero cosi i ragazzi.. " pensai.Salii in camera, mi buttai sul letto e mi addormentai, questa nuova vita era iniziata con troppe sorprese..
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Boyfriend or Brother?
ChickLitQuesta storia è per tutti quelli che credono nell'amore, semplice, difficile, a distanza, un'amore arcobaleno, un'amore tra anni di differenza, un'amore vietato.. definitelo come volete, ma è sempre amore e, se ci credete e lo volete, tutto quanto s...