Cap 1🌷

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Gelsomino giallo
simbolo di Felicità

La giornata era bella, la primavera appena arrivata e il sole splendeva caldo.
Taehyung guardava fuori dal finestrino; lo stavano trasferendo nuovamente in un altro ospedale per altre cure, ma a lui non interessava granché, guardava le persone passeggiare, i bambini giocare e i fiori sbocciare sugli alberi fino a poco prima spogli e tristi.

Lui sorrideva guardando oltre quel vetro che lo separava da una realtà che non aveva da anni, eppure si era ripromesso che sarebbe guarito e con il suo migliore amico avrebbe viaggiato. Voleva andare in America, in Francia a visitare il Luvre, in Spagna per girare per le strade colorate e le persone dai colori caldi. Lui voleva vivere e lo avrebbe fatto, perché un giorno non ci sarebbe stato più un vetro a separarlo dal mondo, dalla realtà che voleva riavere.

-Signorino Kim, siamo arrivati- un uomo lo aiutò a scendere dalla macchina che lo aveva portato all'ingresso di quel grande ospedale; guardò l'immensa struttura bianca e respirò per l'ultima volta l'aria fresca di primavera, salutando ogni cosa che vedeva prima di entrare nella grande Hall con gente che faceva avanti e dietro per i corridoi, i telefoni squillavano e gli infermieri portavano sottobraccio cartelle dei pazienti.

Portava sulla spalla il suo borsone preferito, vestito con una camicia rossa e bianca aperta con sotto una maglia bianca, i jeans e le scarpe comode; guardava intorno a sé, studiando il palazzo che odorava di pulito, prima che un uomo lo spronasse a camminare verso i piani superiori.

Quello era uno di quei sporadici giorni in cui aveva davvero pochi dolori e ne era contento, infatti si sentiva pieno di energia e se avesse potuto saltellare qua e là per l'ospedale lo avrebbe fatto, ma non gli sembrava il caso. Salutava i bambini che gli passavano accanto seduti sulle sedie a rotelle con grandi sorrisi e facce buffe per farli divertire un po' -Signorino, cosa fa?- gli chiese l' uomo non vedendolo più accanto a sé, si voltò e vide il ragazzo abbassato sulle ginocchia a tirare su di morale un piccolo paziente che piangeva -Piccolo perché piangi?-  si tolse la mani dal viso alzando lo sguardo per incrociarlo con quello di Taehyung, i grandi lacrimoni facevano luccicare gli occhi a mandorla del bambino che disse tra i singhiozzi -Non ho più il mio peluche- -Ti portava fortuna?- annuì -Beh io allora ti dò questo semino rosso qui- uscì dalla tracolla un seme rosso scarlatto porgendolo al bimbo -Questo è un porta fortuna potentissimo, lo utilizzavano gli Indiani; quelli con la faccia buffa che facevano versi strani. Questo semino qui sembra inutile, ma mi ha portato parecchio fortuna guarda- mostrò il polso e un braccialetto dal nastrino bianco con al centro il seme cremisi -Lo porto quasi sempre, mi ha aiutato tanto sai- il bimbo guardò il seme curioso prendendolo dal palmo del ragazzo -Non è morbido come un peluche ma ti assicuro che funziona, devi ringraziare lui se io sono qui a parlarti- mise in mostra il suo sorriso rettangolare convincendo il bambino che sorridendogli lo ringraziò raggiante -Chiederò alla mamma di farmi anche a me un braccialetto!- -Bravo così non lo perderai-.

L'uomo rimase a guardare quella scena, intenerito da ciò che aveva appena visto; quel ragazzo era riuscito a far sorridere un quantitativo notevole di persone da quando aveva messo piede in ospedale e sperava che riuscisse a farlo con il suo futuro compagno di stanza.

Era arrivato in un corridoio per fare una visita con il medico che lo avrebbe seguito, strinse il manico della sua tracolla appena si ritrovò davanti alla porta che lo separava dal medico. Era abituato a tutte quelle visite ed a incontrare sempre medici nuovi, ma comunque la tensione rimaneva; prese un bel respiro, abbassò la maniglia dopo aver bussato ed entrò.

L'uomo seduto alla scrivania si alzò, con un gran sorriso gli si avvicinò -Kim Taehyung vero?- -Esattamente- sorrise anche lui stringendo la mano del medico giovane dai capelli neri -Sono Kim Seokjin, il tuo medico fino a che starai qui; siediti pure- il giovane coreano dai capelli marroni si sedette sulla sedia davanti alla scrivania -Ho visto le lastre e i reperti medici che mi sono stati mandati. Le tue condizioni non sono delle migliori, ma con il ciclo di chemio terapia che abbiamo possiamo sperare in risultati migliori. C'è da dire che è una terapia sperimentare, ma sei compatibile con il progetto quindi speriamo in ottimi risultati- lo sperava anche lui da un lato, perché aveva bisogno di tornare alla sua vecchia vita, alla vita prima del cancro -Iniziamo la visita?- -Si-.

Aveva solo 16 anni quando gli venne diagnosticato un cancro al polmone destro e da quel momento in poi la sua vita non è stata più la stessa; aveva smesso di andare a scuola e uscire con i suoi amici, ogni giorno si faceva sempre più difficoltoso alzarsi dal letto, perché i dolori erano sempre più forti e la debolezza si faceva sentire.
Respirava spesso aria finta, faceva avanti e dietro tra un ospedale e l'altro, gli amici lo avevano abbandonato tutti e si era sempre trovato da solo a far fronte a quella malattia che lo stava consumando dall'interno.

-Taehyung iniziamo domani con la terapia, sta sera conoscerai i tuoi due compagni di stanza- era curioso di sapere con chi era capitato sta volta perché ogni volta aveva gente sempre strana con lui, sperava in una compagnia più normale.

-Ragazzi avete un nuovo compagno- annunciò un infermiere che fece entrare nella stanza bianca Taehyung che subito sorrise, ma non ricambiò nessuno -Salve...- era confuso e spaesato; si avvicinò al suo letto, posando la tracolla guardandosi intorno. C'erano due letti oltre quello suo, uno era vuoto e in uno dormiva un ragazzo dai capelli rossi e confusi sul cuscino -Lui dorme spesso non preoccuparti, l'altro sarà a fare la sua terapia- l'infermiere fece un sorriso a Taehyung che iniziò a cambiarsi per mettersi il pigiama e sedersi sul letto in modo da lasciare lavorare l'infermiere -Come mai dorme a quest'ora?- chiese il bruno mentre l'infermiere gli bucava la pelle con l'ago delle flebo -Soffre di narcolessia, e i farmaci che prede non lo aiutano a stare sveglio; è qui da poco tempo, ma non ha fatto miglioramenti da quando sta con noi- si stava già facendo tante domande su quel ragazzo dai capelli rossi che intravedeva tra le lenzuola bianche.

Aveva stranamente sonno, ma non ce la faceva a stare seduto in quel letto voleva andarsene un po' in giro. Si fece aiutare con le flebo e l'ossigeno, poi con la sua vestaglia a righe lunga fino ai piedi andò via dalla sua stanza.

Percorrere quel corridoio era devastante, nelle stanze c'erano malatti di oncologia e cardiologia con un aspetto devastato dalla realtà che dovevano affrontare; perché quello non era più vivere, ma combattere.

Quando si ha il cancro non si vive più, ma si combatte tutti i giorni una malattia silenzia, trasformando le persone di quel piano non più pazienti, ma deboli guerrieri senza armatura o armi, sa loro con la speranza di un giorno guarire.

Taehyung andò in esplorazione, studiando le pareti chiare e le persone che camminavano; senza rendersene conto si trovò quasi a scontrarsi con un donna dalla pancia gonfia -Oh! Stavamo facendo un incidente- sorrise Taehyung alla giovane asiatica che ricambiò il sorriso -Io ho l'airbag però- posò una sua mano sul pancione accarezzandolo teneramente -E che bel airbag, complimenti!- il suo viso fece subito simpatia alla signora -E così giovane cosa ci fa qui in ospedale?- ma Taehyung non voleva intristire la donna in un giorno così bello per lei, perciò improvvisò -Nulla di speciale- fortunatamente il suo pigiama non faceva vedere il drenaggio che aveva attaccato al fianco e le flebo che aveva sul braccio -Mi stavo facendo un giro e sono finito qui- -Qua ci sono tutte le signore come me, sei capitato nel reparto di Ostetricia- -Quello più felice di tutto l'ospedale- li nascevano nuove vite ed era così bello, un giorno sperava di avere una famiglia, stringere tra le braccia un bambino che lo avrebbe chiamato "papà"; doveva soltanto essere forte, solo un altro po' ed era certo che da quel ospedale sarebbe uscito sulle sue gambe, perché la vita era lì ad aspettarlo, ma questo era solo ciò che pensava e che sognava.

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