3

3.1K 116 11
                                    

Cerco di sorpassare un po' di persone per affrettarmi ad uscire da questa prigione di nome scuola. Oggi sono rimasta per ben 7 ore dentro quella cella chiamata classe al posto di 5 per via della litigata con Matt.
Sento le grida dei miei compagni, entusiasti all'idea di andare alla festa di Margot questa sera.
Sento le voci delle ragazze che parlano di come si vestiranno, e dei vari pettegolezzi tra coppie presenti alla festa di più tardi. Ed invece i ragazzi commentare sulle ragazze più carine che ci saranno, e decidere chi si porterà a letto chi.
Queste cose non fanno proprio per me. In quindici anni di vita non ho mai messo piede ad una festa, e ad essere sincera nemmeno ci tengo.
Passerò questo venerdì sera con della musica e una buona pizza, cosa che di solito avrei fatto con il mio migliore amico, ma non importa.
Sono abituata a venir abbandonata dalle persone a cui tengo, visto che i primi a farlo sono stati i miei stessi genitori.
Ogni giorno mi ripeto le stesse cose, ovvero che avrebbero potuto fare più attenzione, che le cose non sarebbero dovute andare così e che ora loro dovrebbero essere qui con me a tenermi la mano.
Sono consapevole del fatto che non sia colpa loro e che è il destino che lo ha voluto, ma non riesco a non dare la colpa a qualcuno per ciò che mi accade.
Mi sembra di essere stata abbandonata, anche se non è così, però la sensazione è quella e non posso far niente per cambiarla, nonostante i miei sforzi.
...
Apro il taschino più piccolo dello zaino in cerca delle chiavi di casa. Mentre sono sul portico a cercare le chiavi sento qualcuno aprire la porta da dentro.
Mia madre è a lavoro per cui non può essere lei, e mio padre è andato in Sud Carolina per lavoro.
Così decido di correre fino all'angolo in cui finisce l'abitazione.
Sento la porta aprirsi, e con essa esce una donna su una trentina di anni insieme a Jennifer, mia mamma.
La donna ha un fazzoletto in mano che ogni tanto si alza all'altezza degli occhi per asciugarsi qualche lacrima. Da qui non riesco a capire bene cosa dicono, sopratutto per il rumore di sottofondo delle auto che passano. Si abbracciano, e la donna di cui non so il nome si incammina verso la strada.
Sono alquanto confusa per il fatto che mamma sarebbe dovuta essere a lavoro, e lei non salta mai una giornata, sopratutto senza avvisarmi.
Non ci faccio troppo caso e decido di entrare dopo qualche minuto.
"Alyssa! Finalmente, ti stavo aspettando" mi dice, con un tono alquanto allegro. Strano.
"Come mai così di buon umore?" Le chiedo con una faccia abbastanza sorpresa ma allo stesso tempo molto confusa.
"Perché non dovrei essere allegra? La vita è così bella. Oggi mi hanno fatta uscire all'ora di pranzo togliendomi il pomeriggio, per cui abbiamo del tempo da passare insieme! Avevo pensato di fare dei biscotti o magari metterci lo smalto come quando eri piccola!" Queste sue parole mi hanno lasciata un po' sorpresa. Non la vedo così da tempo ormai e sento che non mi dice qualcosa. Prima di risponderle esito un po'. Sinceramente mi manca avere un legame umano che non sia quello con Matt, ma allo stesso tempo non voglio dover affezionarmi di nuovo. Con lei ho sempre avuto un rapporto alquanto neutro, del tipo mi chiede come sto ed io rispondo, tutto qui. Non voglio dovermi abituare di nuovo a qualcosa per rimanerci male appena finirà, perché sicuramente questa cosa finirà in men che non si dica.
"Sto bene cosi, grazie" Le rispondo, fredda, mentre salgo le scale del salotto per arrivare in camera mia.
"Alyssa non andare su! Scendi dai stiamo un po' insieme!"
"Devo studiare!" Urlo ormai dal piano di sopra, sbattendo la porta.
Accendo le casse ed alzo il volume al massimo.

"I could stop time,
but I never wanna do that again.
Nothing worse than losing a friend,
and the feeling you get when everybody that you love ain't around
I really gotta get away from this town
I'm just waiting for a wave and I'll drown."
Le note di una canzone di Lil Peep aumentano il mio stato di tristezza, e già ho capito che passerò questa sera con le lacrime sul viso e la sigaretta in bocca.
È incredibile come questo cantante riesca a descrivere ogni mio singolo stato d'animo. È incredibile come riesca a non farmi sentire sola, anche quando effettivamente lo sono.
Così deciso di dar vita al mio pensiero di prima accendendomi una sigaretta e aprendo la finestra spalancata.
Mi siedo sul bordo, guardando le macchine passare, e le stelle illuminarsi con il cielo che si comincia a spegnere per accogliere la notte. Mi racchiudo nel mio maglione nero, che tra l'altro mi starebbe due volte.
Immersa nei miei pensieri accompagnati dal sottofondo musicale, non noto la porta della stanza aprirsi.
"Alyssa!" Sento un urlo così mi giro.
"Alyssa abbassa la mu -" Non faccio in tempo a spostarmi dalla finestra, ne a buttare la sigaretta che mi ritrovo mia madre nel bel mezzo della stanza a fissarmi con la bocca aperta e gli occhi spalancati.
Salto giù e poso la sigaretta sul davanzale facendola cadere di sotto.
"Alyssa cos'è questo odore e perché avevi una sigaretta in mano? Sei seria? Hai quindici anni e stavi fumando? Ahahah" Mi dice, con una voce quasi ironica.
"Anche se fosse?" Rispondo, che in realtà neanche è una risposta. La guardo con la faccia da menefreghista aspettando i suoi peggio insulti per controbattere.
Mi guarda. "Hai una vita perfetta, hai due genitori che ti amano, vai ad una delle migliori scuola e stai a fumare? Ma che cosa fumi? Non capisci che sei solo una bambina viziata? Sei ridicola e questo odore fa veramente schifo." Mi urla, con un tono mai sentito prima.
"Come me" Vorrei aggiungere, ma evito.
Le sue parole mi perforano l'udito, disturbano quella tranquillità che mi ero creata ed improvvisamente sento i denti stringersi ed i pugni pure.
"Cosa ne sai tu!" Le urlo.
"Cosa ne sai tu di come è la mia vita se non ti sei mai preoccupata di chiedermelo. E con chiedermelo non intendo dirmi "come è andata oggi?" ogni santo giorno senza nemmeno accorgerti di quando non ti rispondo." Finisco lanciando il telefono a terra e prendendo lo zaino.
"Alyssa che cosa dici. Cosa stai facendo con lo zaino,
Vieni qui." Alza la voce in un modo esagerato, scommetto che ci avranno sentite perfino i vicini.
Così esco dalla camera e corro giù per le scale. Ho bisogno di uscire da qui e di smettere di sentirla urlare.
"Alyssa non osare mettere un piede fuori da quella porta." Dice urlando.
Nemmeno le rispondo più, apro e sbatto la porta così forte che mi è sembrato quasi di romperla. Sento il "Boum" della porta rimbombare nella mia testa e mi allontano il più possibile da quella casa, ma sopratutto da lei.
Dopo qualche minuto mi accorgo di aver dimenticato sia il telefono, che sarà rimasto in camera a terra, sia la giacca, a cui non ho proprio pensato.
Nonostante sia già metta Ottobre non fa ancora così freddo, sopratutto il giorno, per cui continuo ad uscire in felpa. La sera invece, diciamo che si starebbe meglio con la giacca.
Così decido di accendermi una sigaretta per scaldarmi. A forza di camminare arrivo davanti ad un parcheggio buio, con qualche lampione acceso in lontananza. Stanca e infreddolita mi siedo, con le gambe rannicchiate su un muretto in cemento.
Nonostante il freddo e la stanchezza rimango lì, a guardare le stelle e a godermi il profumo di erba fresca, che tutt'ad un tratto invade il mio olfatto.
Senza nemmeno accorgermene sento una lacrima attraversarmi il volto. È calda e salata. Ne scende un'altra a susseguirsi della prima. E nel giro di pochi secondi ho le guance completamente bagnate.
Sento dei passi alla mia sinistra, mi volto di scatto e vedo un ragazzo alto, con un maglione grigio ed una giacca appoggiata alle spalle. Jeans neri e Balenciaga da settecento euro. Nulla contro le Balenciaga e chi se le può permettere, ma non è il mio caso.
Non riesco ad identificare bene il viso, finché non si avvicina...

Spazio autrice:
Mi scuso se ci sono errori grammaticali ma non ho riletto!

Ti ho amato, davvero.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora