Finalmente, dopo settimane, ho bevuto una birra per intero. Mi distraggo molto meno, anche se, dentro, qualcosa mi rode, come se mi sentissi emotivamente vuota. Ed effettivamente lo sono, di una tristezza che non si può imparare a scuola per quanti libri si leggano sull'esistenzialismo, per quanto liquore si beva o per quante pillole si ingurgiti. L'amore non è alla mia portata, è chiaro che se non esiste più mi devo rassegnare al fatto che nessuno è necessario per nessun altro. Punto. Questo mondo trabocca di tristezza, per cui Venere, tanto vale sbronzarsi e spassarsela. Che si tratti di uno pseudonimo, poco importa, se non ci sei, non esisti. Voglio barcollare per i viali come un ballerino del Bolshoi, senza meditare sul passato, senza l'immagine della tua camicetta appena sbottonata sul seno. Merda! Questa serata di Aprile, così ottusa, così inutile, sembra suggerirmi che in fondo bisognerebbe proprio rinunciare a pensare. E invece vivere, nutrirsi di malto senza mai far ritorno, sempre alla ricerca di qualcosa che mi aiuti ad uscire dalla tua dimensione, che mi aiuti a dimenticare le ville ingessate, bianche come il latte, a parlare con te di pesca, di chiesa e ogni tanto anche di vodka. Così come sei venuta, sparisci e non tornare, che a stare sul balcone la sera si gela.
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