Diana e il lago di Candia

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Sentiva il sole sulla sua ingenua pelle; vestita, sporadicamente, da piccole lentiggini color albicocca. Il vento leggero le sfiorava la riccia chioma fulva e quel silenzio tutto attorno lasciava spazio ai suoi sogni più proibiti.
Sognava di poter accarezzare con le sue esili mani quel corpo così perfetto.
Sognava di sentire su di sè quel profumo intenso alle note di bergamotto. Sognava Diana, di poter stringere fra le sue braccia il suo Thomàs.
Quel giorno era finalmente riuscita a convincere il patrigno a lasciarle la sua piccola barca 🚣‍♀️ per qualche ora.
Quel pomeriggio di primavera aveva avuto il permesso di passare le sue poche ore libere solo in compagnia dell'acqua di quel meraviglioso lago e dell'aria fresca e spumeggiante, delle maestose Alpi che la guardavano silenziose, della luce di quel cielo così terso e della vita, che non sentiva ormai sua da tanto tempo.

Nata in una piccola comunità piemontese nei pressi di una altrettanto minuta cittadina dai tetti di cotto, Candia, Diana era stata concepita poco tempo prima la salita al trono dei Savoia. La sua umile famiglia viveva in un piccolo cascinale circondato da filari di Erbaluce e si sostentava con la vendita di questo prezioso oro bianco. Era l'unica delle tre figlie a non essersi ancora maritata e suo padre purtroppo, non riuscì a veder espresso il suo più grande desiderio: accompagnare all'altare tutte le sue dolci creature. Scomparve infatti in una delle tante sanguinose rivolte popolari, alla ricerca della difesa dei diritti della sua famiglia e della sua casa, dove non fece più ritorno. Innumerevoli furono le difficoltà nel periodo successivo a questo tragico lutto, come veloci passarono le stagioni. Francesca ed Elena infatti, le dolci sorelle maggiori di Diana, riuscirono a trovare la forza di reagire a quella grande perdita, grazie soprattutto all'incontro, durante quegli anni, dei loro futuri sposi. Si trasferirono entrambe nella vicina città di Ivrea, dove si stabilirono e iniziarono a costruire la loro nuova famiglia.
La madre invece, affossata dalle molteplici responsabilità che non riusciva più a sostenere sulle sue gracili spalle, rifiorì solo dopo, quando incontrò un uomo che sembrava avere nei suoi riguardi le più buone intenzioni.

Inizialmente dolce e premuroso, non ci mise tanto a diventare quel compagno severo ed egoista, ed un patrigno, tiranno e violento. Diana subiva le sue angherie ed i suoi torti, mentre la madre la proteggeva per quanto in suo potere. Indifesa ed innocente per la sua giovane età, la graziosa fanciulla infatti a malapena riusciva a difendersi. Lavorava nei campi e aiutava nelle faccende di casa. Usciva dalle mura domestiche poche volte, giusto il tempo necessario di incamminarsi verso l'interno del piccolo borgo e comprare, con le poche monete in suo possesso, ciò che veniva richiesto dal patrigno.

Sfruttava quei momenti per perdersi tra quelle piccole vie tortuose ed ammirare per quanto riusciva, in lontananza, le pezzature di quei immensi campi ed i frutteti fioriti, le rondini che volavano libere  e che cinguettavano sopra il suo capo. Fu in uno di quei giorni che incontrò Thomàs. Quella mattina vide in lontananza due uomini reggere una portantina, che avanzava lenta verso di lei. Sicuramente al suo interno ci sarà stato un personaggio illustre della nobiltà inglese o francese, pensò Diana. Elegantissima, tutta adorne di fregi e dorature, dipinta e intagliata interamente sui vari lati, con tendine alle finestre, le passò dopo poco al fianco. Scrutò fuggiva all'interno. Rivestita con stoffe e velluti, broccati e cuscini, vide all'interno della magnifica portantina un ragazzo vestito con una casacca, provvista di spalline ma senza maniche. I bottoni erano slacciati e consentivano alla giovane ragazza candiese di vedere il petto virile e possente di quello che da lì a poco scoprì essere un principe francese del ramo della famiglia dei Gonzaga Nevers.

Dai lineamenti gentili, imberbe e con quegli occhi intensi, che fissavano Diana con un celato tocco di veemenza, il ragazzo ordinò agli uomini che lo trasportavano di fermarsi e di farlo scendere dalla sua elegante portantina. Fissò per qualche momento la fanciulla e disse ad alta voce: "Io Thomàs II, Principe del Ducato di Rethel, appartenente alla famiglia dei Gonzaga Nevers, gradirei avere l'onore di conoscere la bellissima dama👸 che ora è qui di fronte al mio cospetto."
Diana arrossì, con un filo di voce disse il suo nome e scappò via. Non aveva mai visto così da vicino un principe 👑 e in quel preciso istante, l'unica cosa che riuscì a fare fu scappare lontano. Si nascose dietro un caseggiato irrequieta e timorosa, in attesa di sentire quel rumore di passi allontanarsi per la via principale. Sentì gli uomini che accompagnavano quell'incantevole ragazzo richiamarla verso di loro, ma nulla. Non riusciva a muovere nessun muscolo.

Attese qualche minuto e si diresse verso il cascinale di famiglia. Arrivata, raccontò a sua madre l'accaduto, che ovviamente, vista la bizzarra ed inverosimile storia, non credette alla figlia. Non capì il perchè di quella menzogna, ma la giustificò. Probabilmente il suo bisogno di attenzione  negli ultimi mesi era cresciuto a dismisura, vista la vita che stavano conducendo e la sua immensa solitudine, dopo la dipartita delle sorelle. 

Passarono i giorni e Diana riuscì, quel succitato giorno di primavera, a convincere il patrigno di accordarle il pomeriggio libero. La madre ci mise lo zampino. Pregò infatti il compagno di lasciare libera per qualche ora la figlia, che in quel periodo le sembrava sempre più grigia ed infelice; mai l'aveva vista così, seppur stessero attraversando ormai da tempo un'esistenza dura ed insensibile.
Le accordarono la barca, quella che il padre acquisito aveva portato in dote alla famiglia. Ci salì, remò fino ad arrivare quasi nel mezzo di quel meraviglioso lago e si stese.  Chiuse gli occhi ed immaginò.

Un guizzo d'acqua la raggiunse poco dopo. Sobbalzò e vide un grande luccio circumnavigare il piccolo peschereccio. Non aveva mai visto un pesce 🐟 muoversi così velocemente, nè capiva il motivo di quella sorta d'accerchiamento cui era protagonista. D'un tratto si fermò. Diana vide che il suo persecutore la osservava, come fosse la sua preda. Era di mille sfumature, colori vividi ed intensi...ma una cosa la colpì. Sul capo notò uno strano simbolo a forma di croce ✝️ : era dorato e quasi brillava, illuminando gli occhi del luccio. Cosa rappresentava? Per quale strano motivo genetico aveva adottato quella forma?

Diana gli si avvicinò e porse all'animale alcune briciole, che sgretolò dal piccolo tozzo di pane 🥖 portato con sè come merenda. Al finire del lauto spuntino, vide che egli rimaneva immobile ad osservarla e così, come con un vecchio amico, sentì dentro di sè la voglia di raccontargli quello strano evento accadutole qualche giorno prima. Era l'unico a cui poteva narrare quella storia senza sentirsi giudicata e per di più, non incontrava essere vivente ormai da tempo che la volesse ascoltare.

Al termine, come per magia, vide una grande luce bianca attorniare l'animale, il quale si trasformò dopo pochi istanti in una bellissima donna 👩 . Vestita con un lungo abito dorato ed impreziosito da piccoli diamanti 💎 lungo tutto il fianco, si appese alla barca e vi salì. La guardò e la ringraziò non solo per il cibo che le diede poco prima, ma per ciò che le raccontò. Durante tutta la sua vita da luccio, cercava una persona che si fermasse in quel grande lago, che la notasse, che fosse così sensibile da guardare oltre il suo aspetto e che l'aiutasse.

Si presentò: Ypa, sacerdotessa di quella piccola città, ancor prima della nascita del Salvatore Gesù. Narrò della sua vita crudele e impietosa, dei suoi crimini e delle sue passioni. Si soffermò su quest'ultimo punto raccontando a Diana delle sue lussurie e della sua tragica fine. Un tempo infatti si innamorò di un altro uomo che non era il suo compagno di vita (per il quale ormai provava solo odio e rancore) e così, per sbarazzarsi di lui, avrebbe deciso di rompere improvvisamente gli argini di quel lago durante dei lavori di manutenzione, compiendo però un errore di valutazione: le acque sommersero buona parte del villaggio adiacente facendo innumerevoli morti, tra cui il suo nuovo amato e lei, colpita dal rimorso, si buttò subito dopo nelle acque del lago.

Diana la guardò attonita. Aveva sentito da suo padre leggende su quel lago e su quella donna così diabolica e determinata. Era tutto vero, tranne che per un dettaglio. Come poteva quindi essere ancora viva?
Ypa le sorrise e proseguì con il racconto: una fata 🧚🏼‍♀️ di quelle acque montane le lanciò una magia per salvarle la vita, proprio mentre era ormai perduta. La trasformò in un luccio e le disse che solo quando si sarebbe pentita di ciò che aveva fatto e avrebbe trovato una persona sensibile e di cuore che la notasse ed aiutasse, allora, solo in quel momento, avrebbe riavuto la sua forma umana e la sua libertà.

Ora Ypa era in debito con lei. Voleva ringraziare la sua salvatrice aiutandola ad abbracciare il principe 🤴🏻 del racconto e a dimostrare alla madre che ciò che le aveva narrato era la pura e semplice verità.

Prese i remi e navigò verso la terraferma, sotto gli occhi ancora spaventati della dolce fanciulla.
Il rientro fu breve ma un pensiero continuava a tormentare la mente di Diana. Dai racconti di suo padre ricordò che la sacerdotessa della leggenda aveva lunghi capelli color mogano ed occhi neri come la pece. Perché mai allora quella donna portava una folta chioma bionda e occhi color azzurro cielo? Che suo padre si fosse sbagliato? O quella donna non era chi diceva di essere?

Un colpo di remo ben assestato e Diana si ritrovò stesa sul molo del lago.

La negromanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora