Cap 3

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Rosa

La cena, sia pur riscaldata, aveva chiara e distinta l'impronta lasciata dal mio chef. Mi sono permessa di dirlo. Amelia mi ha guardata storto e ha commentato che il mio caro Andrea tutto da lei aveva imparato.
- Questa cena è stata improvvisata - ha aggiunto - Non c'era il tempo per cucinare tutto fresco. Domani per pranzo ti dimostrerò chi sa cucinare!
"Eccomi incastrata anche domani" penso mentre cerco inutilmente di evitare di essere nuovamente ospite di questa anziana donna. Non che non sia una compagnia piacevole, ma non voglio disturbarla oltre.
Non riesco a farla desistere dal suo proposito. Sembra si sia davvero offesa dalla mia innocua osservazione. Forse alla base c'è un'insana competizione con il nipote Andrea?
- Quanti anni ha, Amelia? - le domando per cambiare discorso.
- Si sta forse chiedendo che sono troppo vecchia per essere la zia di Andrea? - risponde con un sorriso ironico - Sicuro. Io sono la sorella della sua nonna. Tecnicamente sono una prozia. Ma chi ha sentito appellare qualcuna con questo titolo? Comunque, signorina, per soddisfare la sua curiosità io ho la bella età di ottantatré anni. Ne ho viste e vissute di storie in questa valle!
- Forse è tardi. - esordisco - Dovrei rientrare.
- No, - sembra implorare la vecchina - resta ancora un po'.
- Va bene - mi impietosisco - Mi racconti del periodo della guerra. In queste vallate ci sono stati diversi scontri tra partigiani di varie fedi politiche, eserciti della repubblica di Salò, tedeschi e Yugoslavi. Avrà sentito raccontare tante storie in questa terra di confine.
- Avevo quasi dieci anni a quell'epoca - inizia immergendosi tra i suoi ricordi - L'inverno del '44 era stato lungo. La mucca era rimasta la nostra unica risorsa. Quando sentivano arrivare sidecar o camionette la nostra prima azione era nasconderla. La portavamo nel bosco ed eravamo terrorizzati che la scoprissero. Non erano solo i regolari che temevamo, ma anche tutte le altre bande. Nelle loro scorrerie ci avevano razziato quei pochi salumi e formaggi che erano in dispensa. I miei fratelli più piccoli erano ancora bambini e avevano il compito di imboscare le tre galline rimaste. Io e mia sorella, la nonna di Andrea, eravamo di guardia alla mucca. Per questo dormivamo nella stalla. Una sera mi sono svegliata all'improvviso per un rumore. Qualcuno cercava di forzare la porta. Anche mia sorella si era svegliata nel frattempo. Siamo rimaste mute e ci siamo ricoperte con il fieno. La paura ci attanagliava e sconvolgeva le nostre viscere. Ho arpionato la mano di mia sorella mentre la coprivo di fieno con l'altra.
Abbiamo sentito la porta che si apriva. Subito dopo si richiudeva e un corpo buttarsi a terra con un tonfo. All'esterno abbiamo sentito un grande scalpiccio. Il rumore si fermò, un lungo bisbigliare per noi incomprensibile e poi riprese allontanandosi sempre di più.
Anche chi era entrato lentamente si alzò e uscì. Eravamo così terrorizzate che non abbiamo avuto il coraggio di muoverci per molto tempo.
Tutto era durato solo qualche minuto, ma credimi è rimasto impresso nella mia memoria in modo indelebile. Chi fosse l'uomo entrato nella stalla non l'ho mai saputo. Il mattino seguente abbiamo sentito sparare nel bosco. Tutti noi con i pochi abitanti rimasti in paese ci rifugiammo in chiesa a pregare e a farci difendere dall'unico che ritenevano in grado di farlo: Dio attraverso il suo parroco. Alcuni giorni dopo la guerra finì. Ma per tutta l'estate seguente andai nei campi o nei boschi con il timore di incontrare un nemico.

Finito il racconto Amelia sospira. Sono trascorsi settant'anni e ancora il ricordo la turba come se un filo rosso di terrore la unisca al passato. Come se ... ci fosse altro che non ha detto.
Anch'io sono rimasta senza respiro mentre procedeva nel suo racconto. Sono scossa dalle vicende che conosco per averle studiate, ma senza averle vissute. Conoscerle da una fonte diretta è tutt'altra cosa.
- Un liquorino alle erbe per digerire? - chiede dopo che abbiamo lavato i piatti.
Io mi sono proposta di aiutare e asciugarli. Lei non me lo ha permesso liquidando la mia proposta con "Lascia. È un lavoro inutile. Si asciugheranno da soli".
Il liquore alle erbe è amaro in modo disgustoso. Vedendo la smorfia involontaria si alza e dalla credenza prende un'altra bottiglia con un liquido trasparente.
- Bevi questo! - mi ordina - Ti scalderà lo stomaco e ti farà dormire. È un distillato con le mie prugne fatto personalmente da un amico.
- È una grappa fortissima - commento dopo un piccolo assaggio che mi infuoca la gola e lo stomaco.
- Lo so, ma bevilo tutto. Dormirai senza problemi - ripete e ridacchia - Questo slivovitz mette ko voi deboli umani della pianura.
Infine decide che è ora di dormire. Mi accompagna ciabattando fino alla porta.
- Chiudi bene, mi raccomando - mi consiglia prima di lasciarmi andare - anche le finestre. Ci sono tanti animali liberi e curiosi che vivono nel bosco. Sai che hanno avvistato ultimamente anche un orso. Vai - mi ordina - aspetto che chiuda la tua porta prima di chiudere la mia.
Un cenno di saluto e, attraversata la piccola stradina che ci divide, entro nel mio rifugio di questa notte.
Sono due le camere a mia disposizione. Una grande e una piccola. Io opto per la piccola tanto non devo restare qui a lungo e soprattutto perché mi sembra più difendibile. Da chi dovrei difendermi?
Non so proprio. Ma i racconti di Amelia sommati alle mie ultime vicende mi hanno fatto insorgere un senso di inquietudine se non proprio di paura nel restare sola. Non dimentichiamo che la casa mi è pure sconosciuta.
È una vecchia casa solida se ha resistito ai terremoti, con molte parti in legno. La scala scricchiola e geme ad ogni mio passo. Ugualmente sinistro il pavimento della camera. Le assi sembrano soffrire per ogni mio movimento. La polvere poi sembra sommergere tutto.
Ho deciso. Dormirò vestita coperta solo dal piumone. Perché fa freddo, davvero molto freddo.
Nonostante sia tardi non resisto. Riaccendo il cellulare. Una serie infinita di notifiche mi comunica che hanno cercato di contattarmi in molti.
Edoardo: quindici chiamate in mattinata, dieci nel pomeriggio e dieci messaggi.
Imma: otto chiamate e sei messaggi.
Mia madre: dieci chiamate e due messaggi.
Mio padre: tre chiamate.
Andrea: due chiamate e due maxi messaggi.
A questo punto posso stilare una classifica di persone che si preoccupano di me. Mi rattrista pensare che a cercarmi sia la persona che mi conosce da minor tempo.
Sono tentata di aprire e leggere i messaggi di Edoardo. Ma sono ancora arrabbiata e peggio delusa e confusa.
Dovrei leggere tutto. Cerco scusanti per il mio comportamento debole. Man mano che cala la rabbia cresce la consapevolezza che scappare non è la soluzione ai problemi.
Ok. Inizio con i messaggi di Andrea. È lampante che tutti sono allarmati. Mi rassicura che farà da mediatore e proteggerà il luogo sicuro dove mi ha portato. Mi invia le indicazioni per trascorrere una buona notte.
Affronto i messaggi di mamma con una certa apprensione. Non vorrei mai che la mia fuga le procurasse un peggioramento al cuore. Diversamente da come mi aspettavo lei appoggia il mio colpo di testa. Mi confida che Andrea le ha "confessato" dove mi trovo. Questo la rassicura e ciò la spinge a sostenermi. È bastato un accenno al coltello più affilato della nostra cucina per farmi comprendere come sia riuscita ad ottenere le informazioni dal povero Andrea.
Resto incerta davanti all'icona di Imma. Decido. Leggerò più tardi i suoi messaggi.
Resto ancora più indecisa su cosa fare davanti al numero dieci dei messaggi di Edoardo. Per un attimo sono tentata di cancellarli. Solo un attimo però. Prevale la curiosità innata della donna che spera di aver avuto torto nel giudicare il suo comportamento.
"Rosa! Dove sei?"
"Rosa! Almeno leggi. Dammi un segno che stai bene"
"Rosa! Ti chiedo solo di ascoltarmi"
"Rosa! Non sei mai stato il mezzo per fare un affare"
"Rosa! Ti prego dimmi solo se stai bene. Non serve che rispondi. Basta che leggi e io vedo la spunta."
"Rosa! Ti prego leggi!"
"Rosa! Sto impazzendo. Dammi un cenno!"
"Rosa! Leggi!"
"Rosa! Sono preoccupato per te! Ti prego rispondimi"
"Rosa! Non mi controllo più. Rispondimi!"

Mentre leggo lo immagino preoccupato, ansioso e via via in preda di una grande inquietudine.
" Gli sta bene!" Penso perfida. Ma mi vergogno subito. Incredibile! Mi dispiace per lui, il suo dolore mi tocca. Devo essere impazzita! Davvero. Provare empatia per la sofferenza provata da chi ha provocato la mia? È disumano o no?
Sono confusa. Non capisco i sentimenti e le emozioni che sto provando. Dove è finita la mia razionalità? E la donna con le palle che mi ritenevo di incarnare? È scomparsa pure lei?
Perché adesso vorrei essere tra le sue braccia?
Pazza! È ufficiale. Sono impazzita.
È quasi la mezzanotte quando prendo coraggio e rispondo.
" Sto bene"
Invio veloce prima di pentirmene.
Immediata la risposta. "Grazie. Buona notte, tesoro mio"
Mi rintano sotto il piumone un po' più serena, ma stento ad addormentarmi. Un rumore all'esterno risveglia tutti i miei sensi. Sempre più vicino. Sembra che qualcuno rimuova la terra. Seguono grugniti soddisfatti.
Dal bosco vicino invece arriva un suono cupo, ripetuto anche se breve.
Sarà un uccello notturno?
"Chiudi gli occhi e dormi..." mi ripeto all'infinito prima di cadere in un sonno agitato

Il b&b dei misteri 2. "Io mi devo bastare"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora