3. Komorebi

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22 Marzo 2019.

La macchina correva veloce sulla strada. Mi ero appena lasciato alle spalle Leicester quindi sarei arrivato ad Holmes Chapel in un'ora e mezza. Kunichi sonnecchiava nel sedile del passeggero, mentre alla radio passavano una canzone di Bob Dylan.

How many years can a mountain exist
Before it's washed to the sea?
Yes, 'n' how many years can some people exist
Before they're allowed to be free?

La campagna inglese mi rilassava, e il pensiero di tornare a casa mi riscaldava il cuore. La mia mente viaggò al giorno precedente. Io e Kunichi eravamo stati alla mostra di Tracey, e mi era piaciuta veramente molto. La mostra o la compagnia?
Cercai di ricordarmi il nome di quella ragazza strana che mi aveva fatto da guida, se così si poteva definire il camminare in modo disorganizzato e l'indicarmi i quadri leggendo direttamente le didascalie senza dirmi nulla di più. Come se non sapessi leggere.

Detroit? Daenerys? O forse Dalila? Nella mia mente solo il vuoto. Anzi solo il vuoto per quanto si parla del suo nome, perché il suo volto me lo ricordo alla perfezione. Potrei rappresentarlo su carta se solo fossi in grado di disegnare. Avevamo parlato poco, solo lo stretto necessario. Kunichi ci aveva affiancato solo in quale momento, troppo indaffarato nel fare da tramite nella conversazione tra Tracey ed un uomo giapponese. Mi aveva raccontato di quello che voleva studiare, e del motivo per cui stava facendo lo stage.
Non mi ricordavo nulla se non la forma delle sue labbra, che avevano un leggero difetto, forse una cicatrice procuratasi da piccola.

How many times must a man look up
Before he can see the sky?
Yes, 'n' how many ears must one man have
Before he can hear people cry?
Yes, 'n' how many deaths will it take till he knows
That too many people have died?
The answer, my friend, is blowin' in the wind,
The answer is blowin' in the wind

"Adoro questa canzone, mi rilassa e mi fa riflettere allo stesso tempo" disse Kunichi sistemandosi sul sedile. "Ti ricordi il nome della ragazzina che ieri mi portava in giro per la exhibition?" gli chiesi mentre lo osservavo di sottecchi che trafficava con la radio, cercando di trovare una stazione che non parlasse di meteo, politica o calcio.
"Chi quella con i capelli abbastanza corti che sembrava un po' pazza?"
"Non è carino da dire, ma si lei" scosse la testa in segno di negazione, poi tirò fuori il cellulare. "Potrei chiedere a Tracey, le mando un messaggio se vuoi" negai con la testa. Non era così importante, semplicemente non mi ricordavo il nome e la cosa mi infastidiva.
"No, non preoccuparti" e il silenzio cadde di nuovo tra di noi.

Vidi da lontano la casa di mia Madre. Dopo che ero diventato famoso le avevo comprato una casa più rande, le avevo proposto di trasferirsi a Londra ma sia lei che Robin, ma aveva preferito rimanere nella sua città natale.

E anche dopo la morte di Robin la sua idea non mutava. Nonostante quella casa fosse troppo grande per viverci da sola. Per questo ogni qualvolta avevo dei giorni liberi ritornavo a casa insieme a lei. E questa volta, per sdebitarmi della fantastica accoglienza ricevuta in Giappone, avevo portato Kunichi con me.

"È carina casa di tua madre, tipicamente inglese" lo sentii dire mentre scendevamo dall'auto. Lo aiutai con la valigia e suonai il campanello; dopo qualche secondo due braccia esili mi strinsero forte e i baci Anne mi riempirono il volto. Proprio come quando ero bambino.


Nel giardino sul retro l'aria gelida mi sfiorava le guance. Fissavo gli alberi e cercavo l'ispirazione per scrivere il discorso da fare alla Rock & Roll Hall of Fame. La mia mente era ingarbugliata e non ne capivo il motivo. Mi strinsi ancora di più nella coperta che avevo sulle spalle, e mi voltai nel sentire la porta scorrere. "Ti ho portato un tea caldo, anche perché tra tua madre e le sue amiche non so chi parli di più" Kunichi mi lasciò una tazza fumante a tema natalizio davanti, poi si sedette sul dondolo poco distante da ma.

"Pensi alla pazza?" mi ci volle un attimo per collegare il nomignolo al volto e lo guardai male "Non è pazza, solo leggermente stravagante" presi un sorso di tea scottandomi la lingua "e no, non pensavo a lei" Perché mai dovrei pensare a quella ragazzina?
"Lo sai cosa significa Komorebi in Giapponese?" lo guardai aspettando che continuasse, perché era abbastanza scontato che non sapessi il significato.
"La luce del sole filtrata attraverso le foglie, esattamente come ora" sussurrò voltandosi verso gli alberi che avevamo di fronte.

Mi rimisi a pensare a Stevie, e al discorso che avrei potuto fare in suo onore. Ero agitato all'idea di parlare davanti a tutti quei grandi volti del Rock, per non parlare del fatto che avrei anche dovuto cantare su quel palco. Mai avrei pensato in vita mia di arrivare a questi traguardi. Per un attimo mi chiesi se fosse stato merito del mio talento o se avessi solo una fortuna sfacciata.
Mi capitava spesso di ritrovarmi in questi strani pensieri, anche se ora ero più adulti e più forte, sia di mente che di fisico, rispetto a quando entrai in questo mondo folle.
La fama ti mangia vivo se non la combatti, per questo cercavo di far parlare il meno possibile di me. Nonostante ormai riuscissi a superare i pregiudizi e tutte le cattive parole che ancora stavano attorno al mio nome, una cosa che non riuscivo a superare era la solitudine. Avere pochi amici fidati non ti porta via dalla solitudine che ti si posa addosso come un lenzuolo quando vai a dormire. È sempre presente, attorno a te, e nessuno può mandarla via. Non è senso di impotenza, o di bassa autostima. È solo una piccola presenza costante, che riaffiora quando attorno a me si fa buio, e cala la notte.

"Si chiama Dalit" una voce mi riportò nella realtà, guardai Kunichi in modo interrogativo.
"La ragazzina, Dalit Murray, è così che si chiama".

Dalit, ma che razza di nome era?

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⏰ Last updated: May 10, 2019 ⏰

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