「-I closed my eyes and I wished not to see the pain ;☆. 」
Il suo passo, leggero e sicuro, veniva impresso sullo splendente parquet in legno lucido, che rispecchiava le luci della casa, abbaglianti quanto un faro nelle notti più pacifiche e quanto un tuono, in quelle più tempestose.Man mano che avanzava, osservava ammaliato tale sfacciata sfarzosità, la quale grondava, seppelliva chiunque in quel gioco di luci e bagliori, che altro non facevano se non disorientare e accecare il povero malcapitato -probabilmente nemmeno così povero, per permettersi di bazzicare in tutto quel lusso, nella più pura accezione della parola-.
Gli occhi, circolavano liberamente lungo i metri cubi della grande stanza, adornata da nulla, se non un enorme lampadario a gocce, che dirigevano la luce verso le pareti candide, contornate dalle rifiniture cremisi che toccavano la sontuosa apertura d'ebano della porta-finestra che si affacciava sulla costa frastagliata del luogo, lasciando intravedere in lontananza il porticciolo di paese.
Poltrone e divani rigorosamente in velluto bordeaux, dalle rifiniture -sempre ebano- a fare pendant con il resto -o almeno, secondo il suo parere-, erano disposte su un tappeto, ancora una volta di quella stessa tonalita che tanto amava. Poste dinnanzi al maestoso quadro olio su tela raffigurante Dioniso, il quale era adagiato lungo un sofà, intento a contemplare il calice di cristallo, risplendente di vino del color del mare.
Opulento, eccessivo, agli estremi del concetto stesso della pomposità e della fastosità.
Altro non era che l'ostentazione delle sue enormi ed ineguagliabili - o almeno avrebbe voluto- ricchezze, causa della vanità e della fierezza che risiedevano nel suo sguardo, mentre ammirava e assaporava già i volti meravigliati di tutti coloro che avrebbero avuto la fortuna di anche solo sfiorare quel pavimento costosissimo, padrone della stanza.
Oramai era la sua vita stessa ad essere la personificazione, la materializzazione della richezza e del benessere, anche fin troppo in abbondanza, talmente da poterlo definire un tratto personale.
Eccessivo.
L'aggettivo più semplice per dare una definizione alla sostanza del suo essere, alla superficialità vasta del mondo che, attorno a lui, si muoveva, pretendeva di essere controllato dalle lunghe falangi affusolate di quel ventenne appena adulto, che ancora di vita aveva poco intravisto, nella cecità dei bei bigliettoni verdi che profumavano d'ora.
Nulla mancava, eppure tutto sembrava mancare.
"Bellezza, soldi, intelligenza, fortuna, -pensava- Cosa posso voler di più".
Sin da piccolino, elogiato per il suo dolce visino -sebben di dolce il suo esserei riservava invece ben poco- e viziato di tutti i beni terreni possibili ed immaginabili, dai giochi alle ville, ai vestiti delle marche più famose, costose e rinomate, che tanto amava.
Disabilitato dalla realtà annegava nei soldi e nei suoi possedimenti, traendo vantaggio delle grandi fortune che la vita gli aveva voluto dare.
Giusta o sbagliata, qualsiasi strada imboccasse, era sempre giusta, soprattutto per chi mirava al potere che derivava dai miliardi suoi e di suo padre.
Novellino nella vita, se ne fregava, continuando a vivere come più gli andava, ultimando i preparativi della sala che avrebbe ospitato il suo ventunesimo compleanno.
Tuttavia ancor non sapeva come la vita avrebbe sfruttato la sua imperizia, mettendo in gioco le carte più intriganti, che solo per lui riservava.