Passione e dannazione nel giardino dei morti

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"Sai, oggi stesso ho seppellito l'ennesimo amore della mia vita. Forse, in fondo, avrei tanto voluto che fossi accanto a me in quel momento, come hai sempre fatto in tutto questo tempo, da sempre.

Già, abbiamo passato insieme i momenti migliori della nostra vita. Da quando ti conobbi riuscisti sempre a farmi dimenticare cosa fosse il dolore. Non m'importava del tuo bell'aspetto, né tanto meno delle tue ricchezze e nemmeno del prestigio di cui godevi. Nulla di tutto ciò riusciva ad oscurare la semplicità del ragazzo che eri, e che riusciva ad illuminare ogni istante della mia vita a dispetto degli schiaffi in viso che la vita ci riservava. Ben presto divenimmo come fratelli, e da allora nulla avrebbe potuto più abbattere il mio spirito finché fossi stata accanto a te.

Nemmeno perdere il mio primo vero amore, riducendomi sull'orlo del baratro. Anche in quel momento tu fosti al mio fianco, la spalla sulla quale potevo versare ogni più piccola lacrima il cui peso la mia anima non poteva più sopportare, fino a quando non riuscii a tornare in me. Anche allora il mio equilibrio era stato ripristinato solo in funzione di te. Ma in quel momento vidi un altro amore che se ne andava, un'altra vita cara che mi veniva strappata dal petto. E poi un'altra, e un'altra ancora; così come il cimitero di famiglia stava riempiendosi delle vittime del mio amore, così anche il mio cuore traboccava di disprezzo per la mia stessa vita: ero io, ero sempre stata io la causa di tutto ciò. Mi resi conto di essere maledetta, che mi era stata precluso per sempre l'amore lieto e assoluto per volere inesorabile del destino, che gli artigli della Morte avrebbero catturato chiunque si fosse avvicinato troppo al mio cuore.

Iniziai ad isolarmi, e a rifiutare qualsiasi mio stesso tentativo di liberare un sentimento che avrebbe reciso la vita del mio prossimo, sventurato amante. E ancora una volta eri lì, a offrirmi la tua spalla, ad accarezzare i miei capelli mentre mi sussurravi che andava tutto bene, che la maledizione non era reale, che l'amore vero era più vicino di quanto pensassi. Ancora non avevo capito cosa queste parole significassero davvero. Ma di lì a poco tutto mi sarebbe stato chiaro, come una lama che attraversa una gola, spillandone la linfa vitale.

Tu non ti accorgesti di me, quel giorno, ma vidi tutto fin dal principio, in silenzio. La lama del falcetto che scintillava tra le tue mani, il tuo disgustoso sorriso, insieme soddisfatto di sé, affamato del suo sangue, colmo d'ira e di scherno. Ti vidi gustare ogni singolo istante del tuo crimine, mentre il tempo sotto i nostri occhi si dilatava a dismisura al ritmo dei battiti dei nostri cuori. E nel momento esatto in cui la punta della lama iniziò a intaccare la carne, come acqua che infrange le pareti che inutilmente tentano di costringerla, il tempo riprese a scorrere violento, portando rapide con sé le immagini del mio amato il cui sangue veniva scagliato verso il cielo, così come il suo sguardo che lentamente si perdeva nel vuoto. Fui incapace di proferire parola, mentre davanti a me tu lasciavi cadere l'arma come se stessi rifiutando il tuo stesso gesto, e ti inginocchiavi nella pozza scarlatta, ridendo sommessamente.

Solo a quel punto ti rivolgesti a me, sussurrando qualcosa che non riuscii a capire: forse parole di scherno, forse di compassione. Sapendo di non potermi più avere, con gli occhi colmi di lacrime di gioia mi implorasti di porre fine con le mie stesse mani alla "maledizione". E così feci. Non ricordo nemmeno un istante da quel momento in poi, se non l'immagine del falcetto che stavolta veniva brandito dalle mie stesse dita. Ma di una cosa sono certa: tu stesso rovinasti con le tue mani l'amore perverso che provavi per me. Non credo nemmeno di voler sapere come sei arrivato a credere che nessuno, a parte te, avrebbe potuto avermi. So solo che con questo mi resi complice della tua follia, mio malgrado, condivisi l'estasi che spingeva anche te, e in quel momento di condivisione, mentre ti spegnevi tra le mie braccia, tornai in me e compresi.

La maledizione esisteva davvero.

La maledizione eri tu.

Ed io ero finalmente libera.

Dare e ricevere. Queste sono le regole del gioco. Questi sono i dettami della giustizia celeste. La fortuna non sorride mai troppo a lungo. E la tua si era appena esaurita.

Spero questa lettera ti accompagni. È il mio benvenuto per te all'Inferno. E la stessa liberazione che ho provato mentre il tuo corpo veniva consumato dalle fiamme sarà ciò che mi porterà da te, a farti scontare ogni vita che hai strappato.

Preparati, perché un giorno verrò a prenderti".

La ragazza si assicurò quindi di aver sigillato con cura la busta, depositandola poi nel pesante scrigno di pietra, accanto all'urna che custodiva le ceneri del suo amato aguzzino.

«Procedete, forza.», disse ai giovani servitori, nascondendo dietro una maschera di ghiaccio il tormento che spaccava in due l'anima: un delirio che sfumava tra il dolore per la perdita e la gioia sadica della giustizia divina che finalmente si compiva.

Al cenno affermativo del capo della servitù, i quattro si apprestarono a fare come era stato loro richiesto: porsero alla loro padrona un catino contenente un liquido scarlatto, nel quale lei immerse con gesti teatrali una rosa bianca, per poi depositare anch'essa all'interno dello scrigno.

«Nel frattempo, ti faccio quest'ultimo dono. Ad accompagnarti non saranno però solo le mie parole di disprezzo. Ecco il premio che ti sei guadagnato: attraverso il loro sangue le tue vittime saranno coloro che per sempre tormenteranno il tuo sonno. Buon riposo, mio caro amico.» concluse, inginocchiandosi a posare un ultimo bacio sulla fredda superficie della bara dissacrata per poi allontanarsi di nuovo verso l'ingresso della tenuta, lasciandosi alle spalle il giardino di croci che avrebbe custodito per sempre la sua promessa di vendetta, in terra, come nella prossima vita.

Leggenda vuole che, mentre lo scrigno veniva calato nella fossa, il vento portò con sé una lieve risata dalla direzione della ragazza che si allontanava.








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ISPIRATO A:

Kagamine Rin e Len - "Prisoner of Love and Desire"

By

Hitoshizuku-P × Yama△

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