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Me ne stavo seduto al bar di paese. Guardavo le forme degli oggetti allungarsi dietro il boccale di birra ormai vuoto. Davide sfrecciava per il locale coi piatti in mano. Sembrava ieri quando stava dalla mia stessa parte del bancone. Ricordai le risate, le battute, i "tocca a me offrire". Eravamo in tanti allora. Avevo voglia di condividere quei ricordi con qualcuno. Il locale era pieno e Davide non aveva tempo per ascoltarmi. Il tempo era passato portandosi via la nostra libertà. Gli impegni, il lavoro e la stanchezza sono il dei killer di balotte.

Era una giornata calda. Il meteo prometteva una bella estate. L'Italia fuori dal mondiale e Despacito in ogni stereo un po' meno. Nonostante la malinconia, ero contento di potermi finalmente permettere una giornata in cazzeggio. La mia prospettiva era di restare lì dentro a bere birra non filtrata finché l'effetto soporifero dell'alcol non mi avesse spinto fino al letto.

Proprio quando accettai la malinconia come compagna, irruppe nel locale Mattia. Aveva una camicetta, un paio di jeans e i suoi amati stivaletti neri.

-Buongiorno puttanella!-

-Ve mó chi c'é, figliolo-

-Anche tua madre mi chiama così, io invece la chiamo vacca polacca-

-Guarda che non devi fare lo stronzetto. Nessuno dei due ha colpa se tua madre si masturba con le mie foto-

Lo vidi bello carico e mi avrebbe colpito forte con le parole se non l'avessi abbracciato forte per tempo.

Fu davvero una svolta. Tutta la malinconia che avevo addosso svanì in quell'abbraccio. Prendemmo una birretta e parlammo. Venne fuori che anche lui stava provando la mia stessa tristezza mentre girovagava per casa.

-... quindi mi son detto, fanculo! Adesso esco e basta come facevo una volta-

Continuammo a parlare per un po', ma dovevamo svoltarla in qualche maniera per evitare che la malinconia si ripresentasse. C'è solo un modo per impedire di essere assorbiti dai ricordi: Crearne di nuovi.

Mattia guardò un attimo il sole e gli fu tutto chiaro. Dovevamo andare a Marina. Giusto il tempo di finir la birra ed eravamo già in macchina carichi a molla. L'unico dispiacere che ci portavamo addosso fu per Davide. Tentammo di rapirlo prendendolo di peso e buttandolo in macchina. Purtroppo il suo senso di responsabilità verso i genitori ed il loro ristorante lo fece scendere. Ci fece promettere che ci saremmo divertiti anche per lui e ci salutò trattenendo forse una lacrima. Con la mia Spark, in un paio d'ore arrivammo a Marina di Ravenna. Prendemmo una decina di birre gelate ed andammo nella spiaggia dello Zanzibar. Stappammo la prima per Davide.

Verso le 7 il sole rosso cadeva nel mare. Noi eravamo già immersi negli abbracci ed in quei discorsi filosofici e sconclusionati tipici degli ubriachi a fine serata. Le voci che crescevano dietro di noi erano il segnale: inizia l'happy hour.

Raccogliemmo le bottiglie. Ci tengo a dirlo perché noi montanari veniamo sempre dipinti come bifolchi, rozzi e ignoranti. Che poi é anche vero, ma solo quando beviamo; ciò non toglie che ci teniamo all'ambiente.

Entrammo allo Zanzibar. Andammo direttamente al bar decisi di sfruttare al massimo il 2x1.

Ce ne stavamo appoggiati al bancone, un po' alticci, senza ancora importunare nessuno. La pista si riempiva. I bicchieri si svuotavano. Non ho idea di quante ne buttammo giù, so solo che quando finí l'happy hour il barman ci disse: Se venerdì prossimo tornate, giuro che vi offro un giro.

Prendemmo due birre da compagnia ed andammo a fare un giretto.

La pista ormai era gremita. Inevitabilmente, i nostri sguardi si perdevano nell'ammirare tutti quei culi che ondeggiano a ritmo come pendoli. Purtroppo ballare non era nelle nostre corde. Inoltre la birra iniziava a spingere sulla vescica.

Marina ti rovinaWhere stories live. Discover now