C'è chi fuma, chi si droga, chi cerca di dimenticare con l'alcool e poi invece ci sono io..che come migliore amica ho una lametta. Ora ci possono essere persone che mi reputerebbero pazza, malata, psicopatica, ma sinceramente non me ne fotte un cazzo dell'opinione altrui. So di non essere l'unica che si sfoga in questo modo e so anche che alcune persone lo fanno per moda e questa cosa mi fa mandare a fanculo anche il letto che è il mio secondo migliore amico. Si, sono acida. Odio tutti, non provo sentimenti, o meglio li provavo un tempo. Ma si sa, le persone ti cambiano e questo è il risultato.
Ho conosciuto la lametta attraverso altre ragazze, ma le reputavo 'folli' anch'io. Poi sono cresciuta e crescendo sono aumentati i problemi tra cui quelli dell'adolescenza. Ero grassa rispetto ai miei amici e spesso ero vittima di bullismo. Le persone mi evitavano e non avevo amici. Ero sola. Non che ora sia cambiato qualcosa.. Solo si sono aggiunti altri problemi come la mia famiglia. Non fanno altro che discutere, che minacciare di lasciarsi. Mio padre viene da lavoro e subito mia mamma attacca a discutere. È un discutere continuo, su qualsiasi cosa e usano me come tramite per comunicare. Un giorno mi stancai e dissi ad entrambi 'se non smettete di farei bambini allora me ne vado. Vado via di casa.'
Loro non risposero, stettero zitti ma poi ricominciarono a litigare. All'inizio piangevo, ora non più, ci ho fatto l'abitudine. Semplicemente corro in camera per non sentirli, mi chiudo a chiave e inizio la mia tortura giornaliera.
Un taglio. E il sangue scorre fluido sul polso. Un'altro taglio più profondo e in testa sento solo le voci dei miei genitori, della mia famiglia che mi giudica per qualsiasi cosa, dei compagni di classe che prendono in giro. Un taglio anche per il mio carattere di merda, per la mia acidità, per il mio cuore di ghiaccio. Un taglio per te, da lassù che mi guardi, che vedi che soffro ogni fottuto giorno, e nemmeno provi a far ritornare l'equilibrio in famiglia. Un taglio anche sull'altro polso o si sente solo. Questo è per me stessa. Per ricordarmi ogni giorno quanto faccio schifo. Il mondo è così bastardo. La società lo è.
Prendo della carta e pulisco la mia amica lametta del mio sangue rosso. Poi passo a pulirmi i polsi.
Finirà mai tutto questo? Un giorno starò bene? Tornerò a sorridere e ridere come quando ero piccola? Quando ero incapace di immaginare un mondo così crudele, così bastardo e categorico. In questo mondo di merda subito ti puntano il dito per qualsiasi cosa. Manco fossimo all'epoca di Hitler. E all'ora cosa facevano? Come sopportavano tutta quella cattiveria? Forse erano decisamente più forti di noi, più coraggiosi. Io crollo per qualsiasi cosa. Per un'offesa, per una parola detta per sbaglio.. al momento non ci penso ma poi una volta arrivata a casa crollo come un castello di carte. Un soffio di vento e mi ritrovo a terra, con una lametta e dei tagli in più da nascondere sul braccio. Ormai indosso costantemente bracciali, polsini o bandane. E i miei genitori sono talmente impegnati a prendersi a parole che non se ne rendono conto.
Non parlo con nessuno. Tanto non ho nessuno. Sono più sola del brutto anatroccolo. Almeno lui alla fine diventa bello e viene accettato, io invece? Io resterò brutta e sola per sempre. Sono semplicemente invisibile.
Ho perennemente un mantello dell'invisibilità che scompare solo davanti a persone belle e mozzafiato perché così possano prendermi in giro e ridere di me con altre persone.
Ma stasera non ce la faccio a reggere tutto questo, a differenze delle altre sere sto piangendo. E io non piango mai dopo che 'il gatto mi ha graffiata'.
Mi sento una codarda, inutile, invisibile. Mi sento un errore. Il peggior errore che mia madre e mio padre abbiano potuto commettere. E se litigano anche per colpa mia? Perché a scuola sono un disastro? Perché sono sempre sola? Perché passo la maggior parte delle giornate ad ascoltare canzoni e leggere libri?
Sto singhiozzando. Ma forse qualche altro taglio riuscirà a calmare l'agonia che brucia in petto.
Prendo il taglierino questa volta. Lo passo sulle cicatrici dei vecchi tagli più volte fin quando non si accumula un grumo di sangue color ciliegia sul braccio. Non ripulisco, semplicemente continuo, facendo uscire il dolore che conserva il mio corpo al suo interno, come una cripta, attraverso il sangue.
Ogni taglio equivale a un demone in meno. Nella mia testa ci sono tutte le parole che non mi fanno dormire la notte. Nei miei occhi si vede solo sangue.
Le mie braccia non sono altro che una distesa di acqua rossa e densa, ma il mio lavoro non è finito qui. Mi scopro le gambe rivelando dei taglietti insignificanti ai miei occhi così passo il taglierino anche lì. Lo passo più volte. Una. Due. Tre. Quattro. Poi il sangue esce fluido rivelando il suo colore. Scendo fino a sotto il ginocchio. Poi ammiro quel disastro. Mi sento una pessima figlia, ingrata. Mi sale un senso di nausea e mi asciugo il naso col palmo della mano. Cerco di trattenere un singhiozzo ma è inutile. Sto tremando e sento freddo. Continuo a piangere imperterrita mentre il sangue continua a sgorgare fuori dai tagli fino a creare una pozza rossa sul pavimento bianco e lucente. Soffoco altri singhiozzi ed è così che mi rendo conto di cosa voglio. Voglio che questa tortura finisca. Poi capisco e tutto mi è chiaro. Alzo lo sguardo verso il soffitto e sussurro con voce smorzata dalle lacrime un 'ci vediamo tra poco'.
Riprendo il taglierino in mano, la mia mano ormai sporca del mio sangue amaro e pieno di acidità. Rivivo in pochi secondi tutta la mia vita. L'infanzia e i momenti felici e poi l'adolescenza e i momenti bui e tristi. La voglia di morire che non va via. Impugno forte il taglierino e da che tremavo, il mio corpo diventa rigido. Senza pensarci due volte affondo la lama dentro quel taglio da cui sembra di intravedere il muscolo del braccio. Quello è stato il mio primo taglio e sarà anche l'ultimo. Sento un forte dolore al polso sinistro e spingo più forte il taglierino. Piango, e le lacrime cadono sopra le braccia mischiandosi al sangue e procurandomi delle fitte di bruciore per tutto il corpo. Vedo la stanza girare e mia madre aprire la porta per poi corrermi accanto e accasciarsi di fianco a me singhiozzando. Mi toglie il taglierino dal braccio e un'altra fitta mi invade tutto il corpo. Fa male.
Ho sonno e i miei occhi si appannano leggermente rivelando la mia stanza di un bianco accecante. Eccola, la luce. Finalmente è tornata. Non vedo più tutto nero. 'Sto arrivando' penso.
E poi i miei occhi si chiudono del tutto e sento per l'ultima volta il dolore dell'adolescenza. E fa male, mi ripeto. E starai bene, mi dico.