Quel morbo si era manifestato in qualunque persona avesse conosciuto nell'arco della sua vita, da sua madre quando preferiva trascorrere il sabato sera con i suoi amici piuttosto che con lei, ad Uraraka quando le diceva che avrebbe passato il pomeriggio altrove e non nel loro ristorante giapponese di fiducia, sino ad arrivare addirittura al gatto di Iida quando studiavano insieme ed il padrone lo ignorava.
Ecco, quel maledetto e nefasto parassita colpiva qualunque essere esistente, e lui non era sfuggito al contagio: gelosia.
Aveva toccato proprio lui, Izuku Midoriya, samaritano per natura e ricalcitrante all'idea di fare inutili polemiche, in una fase imprecisa della sua giovane vita; la malattia lo aveva infestato portandolo ad avere un perenne magone nel petto che non gli dava tregua neanche per un istante, e si era vergognato quando si era ritrovato ad asciugare qualche amaro luccicone di fretta e furia, di fronte al televisore che trasmetteva le news scottanti della giornata nell'esatto momento in cui preparava la cena – e maledetti i media! Perché dovevano sempre alimentare le sue angosce e insicurezze?
Prima che torni.
Certo, perché sapeva che se Kacchan l'avesse visto in quelle patetiche condizioni avrebbe iniziato a denigrarlo. Sicuramente avrebbe affermato che era stato in grado di non cambiare mai dal liceo, che era un nerd di prima categoria che preferiva impiegare i brevi istanti di intimità che erano concessi loro a schivarlo come se fosse affetto dalla pesta bubbonica.
Ovviamente, infetti entrambi, allora era meglio evitarsi e rinchiudersi in un mutismo selettivo eretto dal timore di Izuku di perderlo.
Ecco, aveva paura, aveva avuto l'onestà di ammetterlo a se stesso, e non era mancata occasione di rivelarlo sommessamente a Katsuki, magari ebbro di alcol per un ritrovo con gli ex compagni di classe, o quando Kacchan diventava talmente ingestibile per lo stress che aveva bisogno di sentirglielo dire, fra le mille urla, che non era vero che era insopportabile e che avrebbe saputo vivere benissimo da solo, che non era inutile in quella casa e che aveva bisogno di lui.
In quelle occasioni si trovava a dichiarare la sua colpa, con il capo incassato fra le spalle ed i pugni stretti per la tensione: lui non avrebbe mai voluto lasciarlo.
Perché? Gli aveva domandato una volta Katsuki, irato più che mai dalla sua espressione di dichiarata resa.
Izuku non aveva saputo rispondere, e non perché non sapesse la risposta – oh, quella la conosceva più che bene, invece -, ma il problema era farle prendere vita.
Ed aveva paura, ancora e ancora, di essere respinto in via definitiva, di sentirsi dire "Siamo coinquilini, quello che facciamo non ha niente a che vedere con questo, dovresti saperlo". Già poteva immaginare un ghigno sorgere sul suo volto, gli occhi ardenti di risentimento e la vittoria per aver prevalso su di lui ancora una volta che lo colmava di appagamento.
Peccato che in quelle occasioni Deku fosse abilmente capace di confondere la passata versione di Katsuki con il giovane uomo con cui condivideva gli stessi spazi, persino quelli che, agli albori, erano stati etichettati come "privati", di sicuro inaccessibili.
Cosí era capitato di trascorrere qualche nottata sul divano, l'uno addormentato sul corpo dell'altro in una fusione perfetta, finché quello non era divenuto quasi un rituale, un silente contratto stipulato ogni qualvolta riuscissero a far combinare gli orari di lavoro e si ritrovassero entrambi a casa la sera. Dal dormire su un divano due posti, al fare sesso ogni qualvolta ve ne fosse la possibilità in qualunque vano o ripiano dell'appartamento, il passo era stato brevissimo.
Ma nessuno dei due aveva avuto l'ardire di marchiare a fuoco il loro rapporto con un nome – insomma, Izuku avrebbe voluto farlo da un anno, ma non era così sicuro di essere pronto a sentire alle breaking news un tentato omicidio di cui lui era vittima.
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False Losers
FanfictionTUTTI I DIRITTI RISERVATI Dal testo: Quel morbo si era manifestato in qualunque persona avesse conosciuto nell'arco della sua vita, da sua madre quando preferiva trascorrere il sabato sera con i suoi amici piuttosto che con lei, ad Uraraka quando l...