Capitolo 1: Incontro

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Niente fa più male di quando ci provi con tutto te stesso, ma non è ancora abbastanza. È un concetto che imparai a mie spese, nei precedenti anni.
Capii molte cose, come il fatto che essere troppo gentili sia un difetto. Finisco spesso in brutte situazioni che avrei facilmente evitato, se solo non fossi stato gentile. Ma non ci riesco. Capii anche che devi goderti le cose belle finché ti stanno succedendo. Una volta finite, diventano solo ricordi.
E nulla è più crudele dei ricordi.
Piccoli animaletti con denti appuntiti che masticano e ti corrodono, guastafeste, per niente amichevoli…
Ma poi incontri qualcuno.
E questa persona ti fa sentire come se tu non fossi più te stesso. Quindi ti analizzi, ogni tua esperienza, e realizzi che tutte le brutte giornate, i fallimenti e i successi ti hanno portato qui, a conoscere quel qualcuno. Si inizia a pensare che forse non esistano incontri casuali, forse qualche forza più grande di noi sta operando in questo momento.
Ma poi le cose belle finiscono.
Un altro ricordo.
E il ciclo si ripete.
Quello che sto per raccontare è uno di quei cicli, quello che ha avuto più effetto su di me. E forse quello dal quale non ho mai pienamente recuperato.

Ma partiamo con qualche premessa.
Adoro la musica. Non sono particolarmente portato, ma riesco spesso a esprimere cose che normalmente non riuscirei ad esternare. Cercai per un periodo di trasformare la mia passione in una professione, senza successo. Era il periodo di transizione tra estate ed autunno, ma era ancora molto caldo. Spesso mi ritrovavo in un parco, con la mia chitarra, a suonare qualche canzone. Quando qualche passante si fermava non poteva che farmi piacere, ma la timidezza mi portava a distogliere lo sguardo, a mangiarmi qualche parola e via dicendo, era ed è tutt'ora più forte di me.
Era una giornata afosa, il sole batteva sulla mia testa come il martello di un falegname batte sulla testa di un chiodo, e le poche e sparse oasi di ombra erano pullulate da persone in cerca di ristoro. Stavo suonando una canzone abbastanza sconosciuta, ma era una delle mie preferite, una di quelle che non importa quante volte la ascoltassi, non mi stufava. Un gruppetto di persone mi passa davanti, ma non presto molta attenzione, visto che non sembravano intenzionate a fermarsi. Ma qualcuno si ferma, una sola persona. E sento questa voce, una voce bellissima, che accompagna la mia seguendo le parole di quel testo che solo io pensavo di conoscere. Alzai lo sguardo e la vidi. Non era una di quelle classiche bellezze da capogiro che si vedono nei film, né il classico stereotipo della bella ragazza rapita dal talento del musicista, ma qualcosa mi colpì. Non era particolarmente alta, aveva lunghi capelli castani chiari, quasi biondi, che le correvano lungo la schiena e sulle spalle, indossava un'anonima t-shirt, e dei pantaloncini. Finita la canzone, non ebbi tempo di aprir bocca che mi sorrise, e dopo un breve applauso se ne andò salutandomi con la mano. Restai lì impalato per un po'. Avrei potuto rincorrerla e chiederle almeno come si chiamasse? Certo. Lo feci? Non proprio. - Che idiota… - pensai, mentre misi la chitarra nella sua custodia nera appoggiata sull'erba alla mie spalle, che quasi scottava, e me ne andai. Impegni vari occuparono di lì in poi le mie giornate, tenendomi lontano da quel parco e dalla possibilità di, forse, poterla rivedere. Non ci diedi troppo peso, ma di tanto in tanto mi ronzava in testa il suo pensiero.
Passarono i giorni, ed arrivò l'ora di tornare a scuola.
Un giorno inoltrato del primo mese del quadrimestre salì sull'autobus, assonnato, troppo assonnato. Avete presente quegli zombie che si vedono nei film horror con basso budget? Ecco, assomigliavo tremendamente a uno di quelli. Scrutai per un momento l'interno del mezzo in cerca di qualche faccia familiare, quando una voce mi riportò tra i viventi.
-Ti ho tenuto il posto, vieni!
Max, uno dei miei migliori amici all'epoca, mi accolse salutandomi con la mano. Lo conoscevo da tanto tempo, Max. Non fu subito amicizia, per un periodo infatti ci ignorammo completamente, nonostante frequentassimo la stessa scuola da praticamente sempre, e vivessimo solo ad un paese di distanza. Ragazzo robusto, capelli ricci, occhiali tondi, quasi perennemente storti.
Parlando del più e del meno arrivammo a destinazione, e ci separammo all'entrata della scuola, visto che frequentavamo due corsi diversi, e ci ritrovammo all'intervallo.

-Credo sia la giornata più noiosa che io abbia mai vissuto… - gli dissi tenendomi il mento con il palmo della mano, poggiato su un tavolino. Ma non sapevo che qualcosa sarebbe successo di lì a breve. Qualcuno mi diede un colpetto sulla spalla per richiamare la mia attenzione, e quando mi girai, restai ben sorpreso dallo scoprire che, quella ragazza che avevo visto al parco quel giorno d'estate, frequentasse la mia scuola.
-Ma tu suonavi al parco ogni tanto, vero? Ogni tanto passavo a vedere se c'eri, ma non ti ho più trovato… -
Quelle parole mi colpirono più del previsto. Arrossii, non sapevo che dire, mi era sembrata carina già dal primo impatto in quel caldo pomeriggio, e lo confermai in quell'istante. Era davvero carina.
-Sono stato sommerso da impegni… - dissi, grattandomi la testa. La conversazione non ebbe tempo di maturare che venne interrotta dal suono della campanella, e la seguì con lo sguardo mentre si apprestava a salire le scale.
-Prima o poi le chiederò come si chiama, credo… -

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