Quel giorno non la vidi più, la giornata che sembrava infinita si concluse invece in un lampo, nella sua seconda metà, e prima che me ne accorgessi ero diretto verso casa. Salutai Max alla fermata del mio paese, e per qualche secondo dopo essere sceso, osservai l'autobus allontanarsi, verso la prossima fermata. Era passata da poco l'una, ed un timido sole si poteva intravedere tra una nuvola e l'altra, come se si stesse quasi nascondendo volontariamente. Mi avviati verso casa, tra un pensiero e l'altro.
-Cosa mangerò oggi? Come passerò il resto della giornata? Riuscirò a finire tutti gli esercizi di matematica? Come si chiama quella ragazza?
Arrivato a casa attesi un attimo prima di entrare, osservando il vecchio portone d'entrata in legno scuro, logorato dal tempo, ma che aveva comunque il suo fascino. Non feci in tempo a suonare al campanello che la porta si aprì, e mia madre corse fuori, quasi spintonandomi, non avendomi notato, ed essendo di fretta per andare al lavoro.
-Se hai fame dovrebbe andare essere avanzato qualcosa nel microonde, vado al lavoro.
Una donna deliziosa. Fumava e tutt'ora fuma troppo.
Entrato in casa mi sentì subito ristorato dal clima fresco che trovai all'interno, e superato un primo disbrigo entrai nell'effettivo appartamento. Mio padre dormiva beatamente sul divano. Sembrava sempre severo, nervoso, si lamentava del lavoro e raramente lasciava trasparire qualche emozione. All'epoca non lo capivo, ma crescendo lo feci. Anche lui era un fumatore, avrebbe dovuto smettere dopo aver superato un attacco cardiaco, ma sapevo che di nascosto continuava, e la cosa non mi andava molto a genio, ma non dissi niente per non far preoccupare mia madre e per concedere a lui quel poco relax che quella sigaretta poteva donargli.
Mio fratello lavorava. Lavorava sempre, nella cucina di un ristorante, quindi non ci vedevamo spesso. E forse era meglio così, non andavamo molto d'accordo. Quasi per niente. Passavo quindi la maggior parte dei pomeriggi da solo, chiuso in camera a scrivere qualche canzone o a leggere, fare qualche disegno. Era un periodo in cui non avevo molta voglia di uscire, e gli amici scarseggiavano. Sapevo solo una cosa, non ero felice.Stavo lì, seduto sul letto con la chitarra in mano, quando lo schermo del mio telefono iniziò a brillare nella semi-oscurità causata dalle tapparelle socchiuse. Il nome di Max spuntò sul display.
-Pronto?
-Hey ciao! Mi chiedevo se ti sarebbe interessato partecipare ad un talent.
Un talent? Era un evento raro che nei nostri paesi si organizzasse qualcosa di interessante, e fui subito attratto dall'idea. Non ci pensai più di tanto prima di rispondere positivamente.
-Perché no? Potrebbe essere divertente! Hai già qualche idea su cosa potremmo fare?
-È da tanto che mi esercito con questa canzone al piano, la sonata al chiaro di luna di Behetoven. Vorrei fare quella. Se poi riusciamo ad organizzarci, potremmo proiettare un tuo disegno che accompagni la melodia!
L'idea mi piacque, mi sembrava una trovata originale. Accettai di buon grado. Il talent si sarebbe tenuto di lì a un mese circa. E mentre ci si inoltrava verso l'inverno, io e Max ci incontravamo sempre più spesso per perfezionare la nostra performance. Un disegno con gessetto bianco su foglio nero, eseguito in sincronia alla melodia del pianoforte. Non vedevo l'ora arrivasse quel giorno. E in men che non si dica arrivò. Era una domenica sera, ed il freddo iniziava a farsi sentire. Mi trova con Max alla fermata degli autobus: i nostri genitori non ci sarebbero stati, quindi anche per il trasporto dovemmo arrangiarci. Da una parte la loro assenza era un bene, sarebbe stato imbarazzante, personalmente. Dopo una decina di minuti di autobus arrivammo al teatro dove si sarebbe tenuto l'evento. Mancava ancora un'ora circa all'inizio del talent, ma per eventuali soundcheck e preparativi ci era stato chiesto di arrivare in anticipo. Ci venne consegnata una targhetta che riportava i nostri nomi ed un numero che probabilmente indicava l'ordine con il quale ci saremmo susseguiti. Provammo quindi la nostra esibizione: tempistiche perfette, ero molto soddisfatto.
Ci fecero scendere dal palco, per le prove della prossima esibizione.
-Prossimo check! - tuonó la voce del tecnico, mentre io e Max ci sedemmo nelle prime file, in attesa di nuove direttive. Non feci caso a chi salì sul palco, mentre chiacchiera o con Max ed un suo amico, venuto a darci manforte, e sinceramente non me ne interessa nemmeno, fino a quando non iniziò a cantare.
Quella voce, quella canzone è quelle parole, le stesse che due sconosciuti duettarono durante un'esibizione improvvisata in un caldo giorno di qualche mese fa. Alzai lo sguardo e la vidi, e lessi la targhetta che portava sulla maglietta.Crystal.
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Ho sbagliato più di te.
RomanceIspirato da esperienze vissute, luoghi e persone sono fittizi.