-Capitolo primo

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Il sole è alto nel cielo. La città si sta svegliando e le persone cominciano a riversarsi in strada.
C’è chi accompagna i figli a scuola, chi va a lavoro e chi apre la propria attività.
La mattina tutti vanno di fretta. E’ quel momento della giornata che odio, perché ci perdiamo ogni attimo solamente per essere puntuali.
Non si ha tempo per un abbraccio, per un bacio, per due parole. L’unico pensiero è quello di alzarsi e correre.
-“A cosa pensi?” mi chiede Gabriele entrando nel mio ufficio.
Mi volto e gli sorrido. –“A nulla, sorseggiavo un caffè” mormoro –“Ne vuoi?” gli chiedo.
Scuote la testa sedendosi dietro la mia scrivania.
-“Non vedo l’ora di tornare a casa” mi dice sbadigliando.
Mi avvicino a lui e comincio a massaggiargli le spalle.
-“Mh..” mormora mentre si rilassa “Dici che questo massaggio possiamo riprenderlo anche a casa?”.
Gli sorrido per poi lasciargli un bacio sul collo.
-“Vedremo” gli sussurro.
Ad interromperci è una telefonata.
Mi allungo per prendere il telefono e rispondo.
-“Certamente, arriviamo” dico per poi staccare la chiamata.
-“Mi sa che questa giornata non volgerà al termine come sperato” mormoro dandogli una pacca sulle spalle.
Gabriele sbuffa e si alza dalla sedia seguendomi.
In poco tempo arriviamo nell’ufficio del commissario, dove tutti i nostri colleghi sono già riuniti.
-“Eccoci qui, commissario” mormoro entrando.
-“Bene, finalmente” dice il commissario “sedetevi anche voi”.
Facciamo come ci chiede e ci accomodiamo sul divanetto infondo all’ufficio.
-“So che avete lavorato intensamente questa notte ma abbiamo un caso urgente da seguire”.
Tra noi comincia un vociferio che il commissario mette a tacere.
-“Ragazzi, ascoltate. Si tratta di qualcosa di serio, altrimenti non vi avrei chiesto di rimanere oltre l’orario di lavoro”.
Annuiamo e lasciamo che ci spieghi la situazione. Dopodichè, ci spiega come agire e cosa fare.
Usciamo dall’ufficio e faccio segno a Gabriele di seguirmi.
-“Cosa ne pensi?” gli chiedo chiudendo la porta.
-“Penso che sia azzardato fare una cosa del genere ma il commissario è lui”.
-“Lo penso anche io e forse anche tutti gli altri”.
Sospiro un po’ nervosa.
Gabriele mi si avvicina e mi abbraccia dandomi un bacio.
-“Asia, cerca di stare tranquilla,mh?” mi dice sorridendomi “Andrà tutto bene” aggiunge.
Dubbiosa, annuisco abbracciandolo.
-“Forse dovremmo parlarne con lui” mormoro staccandomi.
-“Questi sono ordini Asia, dobbiamo eseguirli”.
-“Lo so ma forse possiamo trovare un altro modo. Non mi sembra molto sensato fare irruzione in banca mentre dieci persone tengono in ostaggio più di cento persone. La vedo una follia. E’ come se gli dicessimo di ucciderci ad occhi chiusi.”
Gabriele  mi scosta una ciocca di capelli e me la porta dietro l’orecchio.
-“Non abbiamo altra scelta piccola, questa banca non è munita di entrate secondarie. Non ci sono altri modi per entrarci. Proveremo a contrattare e a cercare di non arrivare a dover per forza fare irruzione. Ma se non ci fossero altre soluzioni, non possiamo fare altro. Abbiamo il dovere di salvare quelle persone”.
Annuisco.
-“Adesso vado in archivio da Antonio, abbiamo bisogno di sapere con chi abbiamo a che fare e di trovare qualche punto debole su cui poter lavorare”.
-“Va bene”  gli dico.
Gabriele abbandona l’ufficio mentre io mi siedo dietro la mia scrivania cercando di calmare la mia agitazione.

Essere una poliziotta non è facile. Ogni volta che bisogna salvare la vita a qualcuno, finisci per mettere in pericolo la tua. E’ come se fossi sempre in bilico a camminare su una corda, dove ogni tanto rischi di perdere l’equilibrio e di cadere giù. Ma nonostante ciò, questo lavoro regala anche molte gratificazioni. Lo sguardo delle persone quando vengono salvate non ha prezzo. Non hanno prezzo, gli abbracci delle persone e i mille ringraziamenti.
E dunque come per qualunque altra cosa, c’è sempre un lato positivo e un lato negativo.
Ho cominciato a lavorare nella polizia quattro anni fa come agente scelto, anche se adesso sto studiando per un concorso per diventare ispettore.
Gabriele avendolo già sostenuto mi sta dando una mano a studiare e a ripetere.
Fortunatamente anche se ci sono giornate come queste dove il turno di lavoro si prolunga più del previsto, riusciamo a ritagliare delle ore da dedicare allo studio e.. a noi.
Ebbene si, io e Gabriele siamo fidanzati da quasi quattro anni e conviviamo da due.
Ci siamo conosciuti qui e ci siamo piaciuti fin da subito. E’ stato amore a prima vista, per entrambi.
Nonostante sentissimo entrambi una forte attrazione, agli inizi eravamo molto diffidenti l’uno con l’altro, poi dopo circa quindici giorni di lavoro a stretto contatto, ha trovato il coraggio di chiedermi di uscire ed io.. quello di accettare.
Da allora abbiamo sempre fatto coppia.
Inizialmente abbiamo cercato di tenere nascosta la nostra relazione a tutti i colleghi.
Gabriele è già ispettore e dunque è un mio superiore.
Dunque le relazioni tra due colleghi di gradi diversi, non è vista di buon occhio ma col tempo tutti hanno notato che tra noi c’era qualcosa.
Passavamo molto tempo insieme e i nostri sguardi non potevano mentire.
Come si fa  a guardare la persona che ami con occhi che non trapelano d’amore?.
E quindi dopo circa un anno dalla nostra relazione, abbiamo dato conferma.
Tutti sono stati felici per noi e ci hanno fin da subito augurato il meglio.
Tra qualche mese sarà il nostro quarto anniversario e ho pensato di organizzare qualcosina così per poterci rilassare un po’ e coccolarci.
Gabriele è un ragazzo molto semplice  e molto dolce.
Anche se non lo dimostra è una persona affettuosa e amorevole.
Forse, visto da fuori da persone che non lo conoscono, può sembrare diffidente o distaccato ma è esattamente il contrario.
Non mi dice mai “ti amo” ma trova ogni giorno mille modi per dimostrarmelo.
E’ una persona di poche parole. Più che parlare, preferisce agire ed è proprio questo che lo differenzia dagli altri.
Con lui so di potermi fidare, perché quelle poche volte che usa le parole, so che sono parole sincere.
Con lui non ho nulla da temere perché è sempre pronto a porgermi la mano. E se c’è qualcosa che mi ferisce, lui è sempre lì pronto a porgere l’altra guancia al mio posto pur di vedermi felice.
Quando sono arrivata qui avevo solo venti anni. Lui ne aveva ventiquattro. Io forse, ero una ragazzina che ancora doveva maturarsi del tutto. Lui al contrario, pure se un ragazzino come me, ha sempre mostrato, quella maturità che  a volte solo dopo i trent’anni si raggiunge.
Con il tempo, il lavoro mi ha reso quella che sono oggi e ho capito che essere poliziotta significa dimenticarsi di essere immatura, significa dimenticarsi di aver paura o di pensare di non farcela. Significa essere responsabili della vita altrui e del loro futuro.
E ho compreso che era quello che lo aveva reso così maturo precocemente.
Inoltre, non ha mai avuto una famiglia alle spalle e mi ha raccontato che dovendo scegliere tra il perdersi e il rimboccarsi le maniche, lui.. ha deciso di rimboccarsele.
Ha lavorato e studiato fino a che è giunto dov’è. Si è fatto uomo da solo. Per questo è dovuto crescere prima del previsto e forse, è anche questo ciò che mi ha fatto innamorare di lui.

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