Capitolo 1

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Dylan

Sto scappando, ma non so da chi.
Continuo a correre, e non so come fermarmi.
Non so dove sto andando, né da dove sono partito.
La nebbia grigia mi impedisce di vedere cosa c'è davanti a me.
Sento dei passi, sento qualcuno dietro di me, ma non riesco a girarmi per vedere chi sia.
Ad un certo punto, guardo in basso e vedo che sono scalzo, e inizio a sentire male ai piedi, fino a che non guardo davanti a me.
Scorgo un precipizio, e poi il vuoto, e so che se non mi fermo cadrò nell'oblio, nell'ignoto, ciò che più temo.
Sono ormai troppo vicino per potermi fermare. È la mia fine. O forse no.
Mi sveglio con il respiro affannato, con la fronte sudata e il cuore che va a mille.
Un'altra volta lo stesso sogno, un'altra volta le stesse domande.
Cos'è che la mia mente vuole dirmi?
Qual è il messaggio che trasmette questo sogno, o meglio, questo incubo ricorrente?
Forse amplifica la paura di perdere il controllo della mia vita, o forse la mia mente cerca solo di farmi capire che non l'ho mai realmente controllata.
Ma qual è la verità, quindi?
È l'uomo a controllare la sua vita con le scelte che fa, o si illude di poterla controllare quando in realtà il destino ha già stabilito quale sarà il suo svolgimento?
A giudicare dalla piega che sta prendendo la società odierna, credo che la colpa non si possa attribuire al "fato", ma che sia più per le MAGNIFICHE scelte fatte dagli uomini negli ultimi anni.
Ho sempre dato molta importanza ai sogni, perché credo che riflettano ciò che si nasconde nella parte più profonda del nostro inconscio, e credo che cercare di interpretarli possa aiutarmi a conoscere una parte più profonda di ciò che penso e di ciò che sono.
La voce di mia madre mi risveglia da quelle profonde riflessioni, così mi alzo dal letto, anche se controvoglia.
Sono sempre stato un ragazzo a cui piace riflettere sull'origine delle cose, sul loro perché, sul comportamento umano.
Cerco di sciogliere i mille nodi del complesso schema della mente umana, ma alla fine mi ritrovo con più domande di prima, e questo mi porta a riflettere sempre di più.
Non sono mai stato attratto dai discorsi e i passatempi dei miei coetanei, e per questo sono sempre stato escluso dagli altri ragazzi, e ho sofferto molto questa emarginazione, fino a quando non ho conosciuto Tommy.
Mi ricordo ancora quel giorno di prima media in cui lo conobbi.
Stavo camminando per il corridoio, pulendo i miei grossi occhiali blu, quando sentii che qualcuno mi chiamava, dietro di me, e purtroppo riconobbi la sua voce.
Marco Selvi, il bulletto della scuola, insieme a Gregorio e Carlo, i suoi due schiavetti, che preferivano leccargli i piedi che essere al posto di coloro che lui derideva.
"Che c'è, Dylan, gli occhiali non ti bastano per trovare la tua classe?
Ma, aspetta, questa è una scuola media, mi sa che devi cercare l'asilo."
Ero così terrorizzato che non riuscii a ribattere, e nella mia testa rimbombavano solo le risate di quei tre sputasentenze.
Ross si avvicinò a me, e con un gesto prepotente mi strappò gli occhiali di mano, portandoli in alto, in modo che io non potessi prenderli.
Ed ecco il mio angelo custode, colui che da quel giorno non ha mai smesso di difendermi.
Grazie alla sua altezza, la sua determinazione e il suo coraggio, quei ragazzi smisero di darmi fastidio, quel 13 novembre, e tutti i giorni a seguire.
Mi ricordo che, quando Marco mi rese gli occhiali indispettito e se ne andò, mi girai verso Tommaso e gli feci un gran sorriso e gli porsi la mia mano.
"Piacere, Dylan Perry."
"Chi sei, mio nonno?
Cos'è questa formalità?
Comunque piacere, Tommaso."
Riuscì a farmi ridere con poche parole, e questa è una cosa che ancora gli riesce bene.
Da quel giorno, nessuno ci ha più separati; eravamo noi due contro quelli che noi chiamiamo i "PDC", ovvero i "Pigri di Cervello".
Mi ricordo che il sabato pomeriggio prendevamo la bicicletta e facevamo il giro di Firenze, facendo a gara per arrivare prima alla meta che ci eravamo prefissati; ogni situazione era un pretesto per fare una gara, per sfidarci amichevolmente e ridere insieme quando uno dei due faceva il broncio perché aveva perso.
Ancora oggi facciamo dei giri in bici, ma con uno spirito diverso, e mi piace il fatto di poter parlare di tutto con lui, anche di argomenti più seri e profondi.
Il nostro duo, però, si allargò quando andammo alle superiori, quando conoscemmo Caterina, una ragazza gentile e timida, con due grandi occhi verdi e un viso con dei lineamenti molto dolci, sfinati dai suoi lunghi capelli rossi.
Il primo giorno di scuola superiore, al liceo di scienze umane, Tommaso fece una delle sue cadute e per sbaglio urtò con questa minuta ragazza, nascosta nella sua insicurezza.
Mi ricordo che Tommy si scusò e lei ricambiò con un grande e bellissimo sorriso, e ricambiare quel sorriso fu una delle cose migliori che facemmo.
Oggi, il primo giorno del quinto e ultimo anno, siamo un trio inseparabile, che ha vissuto le avventure più assurde e più belle, nonostante tutti i problemi familiari e adolescenziali, e sono felice di avere due persone con cui poter essere me stesso senza aver paura di essere giudicato, con cui poter fare pazzie e con cui potermi divertire, ridendo e chiacchierando fino a notte fonda, nonostante le lamentele dei vicini.

Apro l'armadio, ancora assonnato, e prendo un paio di jeans blu e una maglia nera; non sono mai stato un tipo sofisticato per quanto riguarda i vestiti.
Fosse per me, starei 24 ore su 24 in costume, immerso nella profondità del mare, fino a perdermi nel suo infinito orizzonte.
Purtroppo Firenze non è vicina al mare, ma vado sempre a nuotare in una piscina del mio quartiere, per estraniarmi dalla realtà, per sfogare ciò che a volte non riesco ad esprimere a parole.
Molti allenatori mi hanno proposto di fare nuoto agonistico, ma non ho mai accettato; non nuoto per poter essere più veloce di qualcun altro, ma per pura passione.
L'acqua è il mio habitat naturale, un modo in cui affronto la vita, e non sento la necessità di dover gareggiare, né di dimostrare qualcosa a qualcuno.
Non ho niente contro chi gareggia, anzi, spesso guardo altri nuotatori gareggiare per apprendere dagli altri qualcosa che possa rendere ancora più piacevole nuotare e affinare il mio stile, senza però farmi alcun complesso di inferiorità nei loro confronti.

Faccio velocemente colazione: latte e cereali, questo non è mai cambiato.
Mi lavo i denti e saluto velocemente mia mamma mentre sto già uscendo di casa.
Farò tardi come al solito.
Una volta davanti al cancello della mia scuola, penso a cosa mi aspetta alla fine di quest'anno.
La fine di una lunga avventura, e l'inizio di una ancora più grande e impegnativa.
Mi giro e vedo che Marco mi squadra con dissenso, ma ormai non mi importa più di ciò che pensa; se sente il bisogno di trovare difetti negli altri, forse è perché non vuole soffermarsi sui suoi, o almeno così la vedo io.
"Già immerso nei tuoi dilemmi?"
Riconosco subito la voce.
Mi giro e abbraccio forte la mia migliore amica, rendendomi conto solo in questo momento di quanto mi sia mancata.
"Tranquilla, in questi nove mesi di scuola avrai modo di essere tormentata dai miei profondi discorsi, di nuovo."
"Non avevo dubbi."
Entrambi scoppiamo a ridere, rompendo il silenzio di questa grigia mattinata di settembre.
Caterina era cambiata in questi anni, si era aperta con me e con Tommaso e aveva mostrato la bellissima persona che era, e che è tutt'ora.
È anche grazie ai suoi saggi consigli e alle sue idee stravaganti se questi anni sono stati divertenti e un po' più spensierati.
Pochi minuti dopo l'arrivo di Cate, sento due mani coprirmi gli occhi e una voce stridula che parla.
"Indovina chi sono?"
"Tommy, arrenditi, la voce acuta non è il tuo forte."
"E chi ti dice che la mia voce non è acuta in confronto a un altro suono più grave?
È tutto relativo, Dylan."
"Quando la smetterai con questo relativismo?"
"Beh, relativamente parlando, la risposta alla tua domanda potrebbe essere "presto" rispetto a mai, ma potrebbe trattarsi allo stesso tempo di un tempo lontano rispetto ad adesso."
"Basta, ci rinuncio."
Era impossibile avere la meglio su Tommaso.
Da quando avevamo studiato filosofia e il relativismo dei sofisti si è sempre divertito a fare dibattiti utilizzando i metodi dei vari filosofi, come la dialettica per Socrate e Platone, i discorsi Sofisti, avendo sempre una risposta pronta.
Insomma, è difficile che non trovi qualcosa di cui parlare.
Il suono della campanella dà inizio all'ultimo anno di liceo, e, nonostante la paura per ciò che succederà dopo la fine di quest'avventura, mi sento più carico che mai, e non vedo l'ora di vivere la fine di questo viaggio insieme ai miei due stravaganti ma fantastici amici.

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