Prologo

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L'aria fresca e dolce si riscaldava impercettibilmente col passare dei minuti. Il cielo era già schiarito dal giorno prominente. Il sole, non ancora sorto, inviava la sua luce d'arancio, delineando i picchi frastagliati dei monti. Il rumore della boscaglia, a pochi passi da casa Lorenzo, con i suoi animali in movimento, le fronde mosse dal vento leggero e dal canto degli uccelli, scandivano la fine improbabile di quella notte d'incanto. Erano distesi l'uno sull'altra: Giulia, riversa a bocconi sulle lenzuola di flanella, impregnate del loro profumo, e Jorge su di lei, il viso rilassato che le si poggiava delicatamente sulla schiena nuda; il corpo forte che la custodiva dolcemente, riscaldandola, in un abbraccio deciso e protettivo. Il braccio destro le cingeva la vita sottile e la coscia, dalla pelle d'ambra, le copriva i glutei e parte delle gambe affusolate. Le ore trascorse l'uno dentro l'altra erano state come acqua sorgiva nella sabbia del deserto: necessarie ai corpi, che, da quando si erano toccati, in quella illuminata notte d'autunno, avevano sperato di estinguere la distanza che li distruggeva a causa delle loro carriere. Necessarie, ancora di più alle anime, che avevano cercato, invano, in sé stesse il riflesso dell'altra. Toccarsi, essere vicini, riempirsi fino a sentirsi sazi erano stati, per entrambi, segni rivelatori di una verità già intuita, ma paventata e nascosta: essi si appartenevano, senza possedersi; le anime si completavano, pur rimanendo distinte.

La ragazza aprì piano gli occhi, sollevando le palpebre di lavanda e, lasciandosi ferire dolcemente dalla luce del mattino, inspirò profondamente i profumi mescolati della loro pelle, smuovendo quella calma molle dei loro corpi legati. Anche Jorge si svegliò, stringendo forte la mano sul fianco niveo.

«Buongiorno...», gli sussurrò, modulando la voce, ancora impastata di sonno, con gli occhi che tornavano a chiudersi.

«Buongiorno, mi amor...», rispose l'altro, baciandole la schiena e percorrendo, con la bocca, la distanza che separava le scapole.

«Hai dormito?» mugolò Giulia, lasciandosi accarezzare la pelle dalle labbra di lui.

«No...» le rispose vago, mentre continuava, meticoloso, l'opera che aveva iniziato.

«Bugiardo!», lo apostrofò. «Sì che hai dormito!» sorrise, voltandosi, per poterlo guardare negli occhi di pece.

La pelle delicata della schiena, sfregò sul petto glabro e lucente del ragazzo, lasciandole correre, sul resto del corpo, un brivido sottilissimo e deciso, che la costrinse a chiudere, per un attimo gli occhi, nel tentativo di domarlo.

«L'ho fatto per te...», si giustificò lui sorridendo. «... per farti riposare!» continuò.

«Ah, certo, perché tu non eri stanco, vero?» lo punzecchiò, mentre seguiva, precisa, con le dita, le sopracciglia nere e folte sugli occhi neri.

«Yo?», si finse offeso. «Nemmeno con dieci notti como esta, mi stanco, nena» si pavoneggiò.

«Ma chi ti credi di essere?», lo canzonò. «Sarebbero troppe, anche per te...»

«Para mi? Con te? Mai...», sussurrò deciso, baciandola, ed inseguendo il desiderio di ricominciare.

Le mani, con un ritmo cadenzato, le scivolarono lungo tutta la schiena, irriverenti e, ormai, pellegrini esperti di quei sentieri che, pur avendo esplorato solo una volta, erano già terra conosciuta e domata.

Quelle carezze delicate, eppure insistenti, catturarono Giulia, riaccendendo, nel centro esatto del corpo, il desiderio che aveva conosciuto quella notte, del quale non poteva più fare a meno.

«Jorge?» lo chiamò, soffiandogli sulle labbra tra un bacio e l'altro.

«Mhm?» mugulò egli, continuando a far scorrere la punta della lingua lungo il contorno della bocca di lei.

«Tu... mi vuoi bene?» chiese la giovane, nonostante sentisse mente e corpo completamente disorientati, alla mercè di quelle vive attenzioni.

«Te amo...» rispose Jorge, la sua voce, calda e dolce come miele vistoso. «Porquè tu erès mia... mia para siempre.» precisò, pregustando, sfacciato, ogni possibilità.

«Per sempre?» chiese Giulia al suo orecchio, con una nota, quasi impercettibile, d'imbarazzo nella voce cristallina.

«Sì!» confermò il pilota, più deciso, lasciando scorrere il polpastrelli delle dita lungo l'inguine, come acqua corrente nel fiume, seguendone il percorso, alla ricerca della foce. «Solo mia...» concluse, intrappolandole il labbro inferiore tra i denti, in un morso delicato e suadente insieme.

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Bevenute a tutte. :)
Questa storia era in programma da svariato tempo e, finalmente sono riuscita nell'intento di renderla pubblica. Spero, con tutto il cuore, sappia conquistarvi. Se vi va, mi farebbe piacere leggervi tra i commenti, ne sarei lieta. :P Grazie mille per essere passati da queste parti: io, Jorge, Alèx e Marc siamo onorati. <3
§ Luisana §

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