Accanto a te

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Si sedette all'ombra della solita quercia e posò la testa a contatto con la corteccia secca e irregolare. Il vento gli accarezzava i capelli, che finivano talvolta per solleticargli il viso pallido. I suoi occhi erano chiusi, le sue braccia correvano rigide lungo i fianchi e le gambe erano piegate e leggermente divaricate.

Aspettava.

Le sedici erano già passate da un pezzo. Il sole aveva già iniziato la sua lunga e lenta caduta nell'oscurità.

Aspettava.

Sapeva che la piccola gattina nera non sarebbe arrivata prima delle diciassette, ma una parte di lui sperava che quel giorno facesse un'eccezione e lo venisse a trovare prima.

Strano come le cose fossero cambiate in un paio di settimane, come dall'indifferenza iniziale il ragazzo si fosse trovato a desiderare la compagnia di quel piccolo animale randagio con cui condivideva le serate. Ricordava bene l'occhiataccia che le aveva rivolto il primo giorno. Aveva attivato il suo sharingan e nell'altro occhio aveva fatto risplendere l'immenso potere del rinnegan. Ma la felina non si era spaventata. Al contrario, si era avvicinata, l'aveva studiato con le sue iridi filiformi e gli era infine saltata in spalla, carezzandogli la guancia con il muso. Sasuke non si era ritratto. L'aveva semplicemente assecondata, sperando che se ne andasse il prima possibile. Voleva stare solo, contemplare il paesaggio. Ma lei era rimasta. Si era accoccolata poco sotto l'incavo del suo collo, piantando le zampe sul suo mantello grigio. E senza che l'Uchiha se ne rendesse conto, l'animaletto era scivolato nel mondo dei sogni.

Si girò leggermente di lato. Era stanco, si era allenato duramente nell'uso della katana e voleva solamente riposare un po'. Sollevò appena le palpebre e controllò di essere solo.

Ancora nulla.

Il suo stomaco rantolò, non per la fame, ma per la paura di rimanere solo. Posò le mani in grembo e si disse che era normale, che quella gattina senza nome e senza casa sarebbe senz'altro comparsa alla solita ora.

Attese.

La palla giallina che bruciava nel cielo iniziò a spegnersi, nascondendosi dietro alle folte chiome degli alberi. Le nuvole abbracciarono la volta celeste e in poco tempo scesero le prime gocce di pioggia.

Sasuke si sfilò il mantello e lo usò per proteggersi. Non voleva andarsene, la voleva aspettare.

In lontananza sentì il rumore di uno sparo. I suoi occhi si aprirono di colpo e per un momento gli parve di udire un miagolio impaziente e straziato.

Scattò in piedi e mosse i primi passi verso il villaggio. Il suo cuore era in visibilio, le lacrime erano sul punto di cadere.

Aveva paura.

Paura che quello sparo avesse colpito l'unica amica che avesse mai avuto.

La pioggia iniziò a cadere con maggiore intensità e il terreno si mutò in fango aspro e scivoloso. Sasuke dovette rallentare il passo fino a fermarsi sotto un ciliegio i cui fiori bagnati stavano cadendo a terra sotto la forza dirompente dell'acqua.

Posò la schiena contro il tronco e inspirò.

No, non poteva trattarsi della sua povera gattina. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto prendersela con un esserino tanto innocente?

Sasuke tornò a correre, incurante delle conseguenze del suo gesto. Gli stivaletti si ricoprirono di fango, le braccia e le gambe grondavano per la pioggia.

Giunse a valle e rimase colpito quando vide che il temporale stava passando. Camminò sul selciato fino a raggiungere la piazzetta centrale. Con sua grande sorpresa vi trovò un bambino intento a discutere con un uomo adulto dall'aspetto burbero e funesto. I due stavano urlando e l'ultimo teneva sotto braccio in fucile. A terra v'era una povera gallina morta immersa in una pozza di sangue. All'Uchiha non ci volle molto per collegare lo sparo a quella scena raccapricciante.

Accanto a te ‣ Sasuke UchihaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora