CAPITOLO 1

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5 luglio

Come al solito, anche oggi mi sveglio sulle note di una canzone. Stavolta è il turno di uno dei pezzi più importanti in assoluto della musica italiana, Il mio canto libero di Lucio Battisti.

In un mondo che non ci vuole più il mio canto libero sei tu e l'immensità si apre intorno a noi al di là del limite degli occhi tuoi.

Il mio canto libero... 

L'ultima parola risuona nella mia mente come un eco.

Libertà.

Ne parliamo tanto, ma che sarà poi questa libertà? La cerchiamo, la bramiamo, pensiamo costantemente di essere ad un passo dal suo raggiungimento eppure appare sempre così lontana... un conseguimento utopistico, chimerico. 

Come si può essere liberi davvero? E' effettivamente possibile?

Mentre ascolto quella canzone decido di liberarmi -appunto- della mia malinconia e comincio a prepararmi dato che anche oggi andrò in spiaggia.

In realtà non sto più nella pelle, ormai sarà questione di minuti prima che lo veda sotto l'ombrellone con la zia.

Lo immagino già davanti a me, con la sua carnagione eburnea, i capelli scuri, gli occhi verdi come i miei e quel sorriso smagliante. Non so spiegare il motivo di questa mia agitazione, so solo che quando si tratta di lui negli occhi non ho le stelle ma l'intero universo. E' difficile da descrivere ma anche se lo conosco da secoli ogni volta che lo vedo mi sento fragile come una bimba. Nel breve tragitto che da casa mi porta verso il mio posto preferito in assoluto penso a me e lui e la memoria mi riporta indietro nel tempo, precisamente al giorno in cui ci siamo conosciuti...

A dire il vero tutto è iniziato in modo un po' strano: ci siamo visti per la prima volta circa un decennio fa e anche se avevo solamente sei anni non dimenticherò mai la sensazione di sicurezza che ho provato con lui. Eravamo qui, in questa stessa spiaggia, e lui camminava con la zia, Serena. I suoi genitori sono sempre stati abbastanza assenti per via del lavoro ma lui non ha mai dato l'impressione di soffrirne. Gli piaceva molto ricevere le loro cartoline poiché mutavano luogo di spedizione ogni settimana, tuttavia come ogni bambino credo che anche lui avrebbe preferito averli accanto nonostante Serena fosse molto brava ad occupare in parte il loro posto.

A primo impatto poteva sembrare un ragazzino molto freddo e distaccato ma era tutto l'opposto e lo compresi immediatamente quando giocando sulla sabbia una bimba mi urtò facendomi cadere. Il ragazzino dagli occhi smeraldo si avvicinò subito a me, senza neanche conoscermi. Mi diede la mano mentre io, davvero piccolissima, ero sul punto di piangere. Accarezzò teneramente la mia testolina piena di riccioli castani per evitare che lo facessi.

-Dai piccoletta, non è successo nulla! Vieni con me, ti porto dalla mamma.- Mi disse molto dolcemente mentre tenendomi ancora per mano mi portava verso mia madre che, come al solito, persa nelle sue chiacchiere con una signora appena conosciuta non si era accorta di niente. Mi ci portò per fare in modo che mi tranquillizzasse ma quando mi lasciò la mano lo guardai e scoppiai in lacrime. Non volevo più separarmi da lui!

Da quel giorno la zia, avvicinatasi per vedere cosa fosse successo, -e soprattutto per capire se le mie lacrime fossero state causate dal piccolo Ettore- fece amicizia con mia madre e quindi iniziai a vederlo molto molto spesso. Onestamente da quel giorno cominciai a vederlo tutti i pomeriggi per l'intera estate e non mi dispiaceva affatto. Era davvero tenero quando giocava con me: mi portava le sue fiammanti macchinine, prendeva il tè con me e le mie Barbie, mi faceva vincere sempre a calcio.

Ogni anno la storia si ripeteva allo stesso modo o almeno finché non fu costretto a lasciare la città per l'università dei suoi sogni.

Sono cresciuta con lui, non riuscirei a immaginare la mia vita senza: mi ha sempre capita e molte volte ha percepito la mia tristezza e l'ha presa per mano. Fra noi è sempre stato così, c'è questo magico legame indissolubile fatto di stelle e zucchero filato che non riesco a spiegare...

Zucchero FilatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora