Le pagine che seguono sono il frutto di due anni di intenso lavoro di decodifica e trascrizione. Senza il prezioso aiuto dei miei colleghi del laboratorio di ricerca di crittografia del Politecnico di Milano e di mia moglie Penelope ciò non sarebbe stato possibile.
Tutto ebbe inizio in una piovosa notte d'autunno del 2004, il 9 Novembre per l'esattezza.
Mi trovavo da solo nel laboratorio, intento a riordinare alcune carte e spegnere le grosse banche dati che occupavano più della metà di quell'angusta stanza dove ormai passavo la quasi totalità delle mie giornate. Rassegnato a eseguire I soliti gesti meccanici e a dirigermi lentamente verso il parcheggio del Politecnico all'improvviso qualcosa di inaspettato cambiò il corso della nottata e dei due anni a seguire.
Un lampo di luce verde e un suono simile a un fulmine che si schianta al suolo irruppero violenti nella stanza. Poi fu buio, fatta eccezione per delle piccole scintille blu provenienti dalle colone nere delle banche dati. Sul momento pensai fosse stato un cortocircuito, seppur di bizzarra natura. Uno dei tanti che spesso interrompevano la monotonia di un laboratorio a pieno regime, provato dalla mancanza di fondi adeguati e da macchine ormai obsolete. Appena la luce si riaccese mi resi conto, invece, della straordinarietà dell'evento al quale avevo appena assistito.
Sul lungo tavolo di formica al centro del locale era apparsa una pila fumante di piccole scatole nere. Sembravano versioni minuscole delle banche dati fuori uso. Circospetto mi avvicinai e fui subito colpito dalla presenza di piccole porte USB sul lato di ogni cubo. Ciò mi sorprese fuori ogni misura. Non avevo mai visto degli oggetti simili: sulle sei facce di ognuno erano incisi degli strani disegni geometrici che scintillavano di verde. La presenza di comuni porte USB stonava come un'elegante cravatta abbinata a una camicia hawaiiana a fiori. Pareva fossero state aggiunte in un secondo momento. Inutile dire che passai tutta la notte in laboratorio senza chiudere occhio.
Quello che mi sorprese di più e che mi tenne occupato seza sosta per le 36 ore successive fu, tuttavia, il contenuto dei misteriosi oggetti.
Senza alcuna difficoltà ero riuscito a collegarli al computer del laboratorio e ad accedere alle decine di terabytes di dati contenuti al loro interno. Si trattava di interminabili serie di codici e algoritmi cifrati, I quali risultavano, però stranamente familiari. Trovare la chiave con I quali I codici erano stati crittografati fu più complesso del previsto, ma con l'aiuto di un collega in poche settimane riuscimmo finalmente a leggere le prime parole.
La lettura di romanzi su intrighi internazionali che occupavano le rare ore di tempo libero mi avevano indotto, per chissà quale motivo, a credere che il contenuto degli oggetti fosse qualche oscuro segreto militare, I piani di un attacco nucleare nordcoreano, magari. Oltre ogni aspettativa, invece, la banalità del risultato mi lasciò a dir poco interdetto.
Si trattava, a quanto parve, del racconto, semi-autobiografico, di qualche fallita rockstar americana, improvvisatasi scrittore/scrittrice di fantascienza.
Non è mia intenzione denigrare il lavoro solerte di tale misterioso individuo. La qualità dell'opera è senza dubbio notevole. Furono i mezzi con i quali decise di renderla nota a lasciarmi basito. Lungi da me, quindi, in questa sede, privare gli eventuali lettori di ogni sorpresa nel leggere quanto segue. Mi limiterò a trascrivere fedelmente quanto estrapolato, decifrato e tradotto.
Un'ultima annotazione. Ho deciso di riportare il contenuto delle scatole nere alla terza persona singolare. La grammatica e il registro linguistico dell'opera, non posso nasconderlo, erano molto particolari. Seppur comprensibile, ricordava vagamente il tipo di lingua che si apprende sui libri di testo. Come se l'autore/autrice avesse deciso di usare una lingua morta appresa con fatica. Inoltre a causa della prima persona singolare dell'originale e delle strutture grammaticali sconosciute non ci è stato possibile capire se il protagonista fosse un uomo o una donna. O meglio, in alcune parti sembrava chiaro si trattasse di un uomo sulla quarantina, in altre di una donna. Per questo motivo ho deciso di alternare una figura maschile con una femminile, seppur si tratti senza ombra di dubbio della stessa persona. I loro nomi, purtroppo inventati dal sottoscritto per ragioni di privacy, iniziano con la stessa iniziale.
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Per astra ad aspera - Prefazione - I
Science FictionPrimo capitolo di "Per astra ad aspera" ovvero di come l'autobiografia di un musicista americano sia riuscita ad arrivare qualche anno fa in Italia. Di come un romanzo di fantascienza comincia come un romanzo di fantascienza forse non dovrebbe comin...