Il duello

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- Sono il Conte Léopold du France - non appena sentii il nome, trasalii. La casata alla quale apparteneva quel giovane era la più nobile e ricca di Parigi, si diceva che avesse molta influenza verso il Re e che alcuni dei suoi membri conoscevano da vicino persino il Santo Padre. Il cuore mi batteva forte. Che motivo poteva mai avere un nobile del suo rango per mettersi in mezzo all'esecuzione di una strega?

- Vostra Altezza - disse l'Inquisitore cambiando tono di voce. - costei è una strega, e dev'essere punita com'è stabilito dalla nostra legge. Esponendovi rischiate di compromettere il vostro nobile rango. Dovete perciò avere delle buone motivazioni.

- Ho di meglio. - ribattè il giovane nobile.

- E sarebbe?

- La prova del Signore. Mi batterò a duello per lei - proclamò alzando la voce - contro il più abile spadaccino tra questa gente. Se vinco, la ragazza sarà dichiarata innocente per volere del Signore stesso, in quanto la sua influenza e il suo volere mi avranno permesso di vincere.

Le labbra dell'Inquisitore si strinsero fino a confondersi con la pelle diafana.

- E sia. - accettò tra i denti. - sfiderete me.

Il nobile non battè ciglio. Si levò giacca e cappello lasciandoli cadere malamente al suolo, ed estrasse la spada dal fodero. Il suono metallico si propagò per la strada. Un bambino si sporse in avanti per raccogliere il cappello, ma la madre lo tirò bruscamente indietro e gli assestò uno schiaffo. Nessuno parve farci caso. Ormai gli occhi di tutti, compresi i miei, erano puntati sui due uomini in piedi uno di fronte all'altro, pronti a duellare.

Si scambiarono i primi fendenti, poco vigorosi per stabilire quanto fosse forte l'avversario. Il viso del nobile era impassibile, e non lasciava trasparire alcuna emozione. Quello dell'Inquisitore, invece, era una maschera d'ira. Con un sibilo la sua spada cozzò contro quella del giovane, che parò il colpo con precisione impeccabile,e si affrettò a passare al contrattacco. Poi, i colpi furono così veloci che mi fu difficile seguire i movimenti delle spade. I sibili metallici fendevano l'aria, raggelandola, e il clangore delle lame inchiodava ogni persona lì dov'era, gli occhi puntati sui due duellanti.

Mi parve che il duello continuasse all'infinito. Il tempo si dilatò, e l'agonia mi strinse il petto in una morsa. L'istinto di sopravvivenza mi frizzava nelle vene insieme al dolore. Non staccavo gli occhi dal giovane. Non poteva perdere. Non poteva. Giunsi le mani in preghiera. "Oh, Signore. Aiutami. Aiuta una povera fanciulla tradita, dimostra la mia innocenza a tutte queste persone".

Intanto l'Inquisitore guadagnava terreno. Spingeva il giovane sempre più indietro, più indietro verso la folla, che fu costretta a indietreggiare per fargli spazio. A ogni fendente, il ghigno sul volto dell'Inquisitore si allargava: il nobile stava per perdere. Strinsi le mani talmente forte una sull'altra che ben presto il sangue smise di circolare all'estremità. No, per favore. Per favore, pregavo, fa' che lui non perda. Non poteva perdere. La mia vita era nelle sue mani, disgraziatamente così poco abili a maneggiare la spada. Sarebbe servito solo a prolungarmi la vita di pochi respiri. Probabilmente quelli erano gli ultimi minuti della mia vita, prima che l'Inquisitore vincesse. Eppure... eppure vedevo una strana luce negli occhi del giovane nobile. Una punta di malizia, come se sapesse qualcosa che l'Inquisitore non poteva neppure immaginare. "Stai farneticando" pensavo. "vuoi credere a tutti i costi che lui vinca." Me lo stavo immaginando.

Invece non fu così. quando l'Inquisitore menò l'ultimo fendente, convinto di avere ormai la vittoria in mano e, cosa più importante, il Signore dalla sua parte, con un colpo secco il nobile si arrestò, attaccò e in un istante lo disarmò. La spada volò in aria e, come trasportata volontariamente dai venti, atterrò proprio davanti a me. nessuno parlò. La lama ancora vibrante del nobile era puntata alla gola dell'Inquisitore, il quale aveva un'espressione di assoluto stupore sul volto. Nei suoi occhi trasparì chiaramente il disgusto, l'umiliazione, la delusione e la paura. fosse stato chiunque altro, avrebbe urlato alla strega di nuovo. Ma il giovane che aveva davanti, che lo aveva così abilmente battuto, non era un semplice nobile. Un amico del Re, del Papa, del Signore stesso non può subire un simile trattamento. Il suo rango gli assicurava l'incolumità e l'innocenza, e provai un moto d'invidia. Poi, la gioia, talmente forte da sovrastare il dolore, e il sollievo, talmente forte da sovrastare ogni altra cosa. Le lacrime scesero di nuovo sulle guance, calde e meravigliose. Udii a malapena il giovane riporre la spada e avvicinarsi a me. Mi sorrise, un sorriso caldo e rassicurante.

- Come ti chiami?

- Geneviève - fu un sussurro quasi impercettibile. Volevo che lo sentisse soltanto lui.

- Geneviève - ripetè lui, come se lo carezzasse tra le labbra. - sei al sicuro, ora. Vieni con me.

Mi cinse le spalle, mi prese in braccio e mi strinse contro il suo petto. Sentivo il suo calore sulla guancia, mentre mi abbandonavo contro di lui. Il cuore batteva potente attraverso la camicia, e i polmoni si riempivano più del solito, ancora affaticati dopo il duello. Sapeva di uomo elegante, di sapone e di sudore. Mi parve l'odore più bello del mondo. Ero salva.

Il debito della stregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora