ᴘᴜᴛ ʏᴏᴜʀ ʜᴇᴀᴅ ᴏɴ ᴍʏ sʜᴏᴜʟᴅᴇʀ

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(Nota: so che Sarah Rogers non è morta nel luglio del '39 e Put your head on my shoulder non è degli anni 30, ma hey)

Correva l'agosto 1939 a Brooklyn, nonostante ci si trovasse nel bel mezzo dell'estate i temporali non mancavano, impedendo alle giovani coppie di passeggiare in tranquillità, ai bambini di giocare nei vicoli e ai giostrai di aprire le attrazioni sul molo dell'East River. Le famiglie non potevano andare a godersi un po' di sole e l'umore di Steven Grant Rogers non aveva fatto altro che diventare nero, come le nubi sopra la sua testa. Per via dei suoi continui malanni, dai quali guarirsi era un po' un'impresa, era costretto a restare in casa, con la noia che lo uccideva lentamente, costringendolo a passare intere giornate a guardare fuori dalla sua finestra le goccioline sbattere contro i vetri, o limitandosi a disegnare qualcosa -anche se raramente ne aveva voglia-. Non che il ragazzo avesse particolari piani, ma di certo qualsiasi altra cosa sarebbe stata di gran lunga migliore del restare a letto tutto il giorno, senza avere un bel niente da fare.

Quelle giornate sarebbero state senza dubbio più piacevoli, se solo il suo migliore amico, e coinquilino, James Buchanan Barnes, gli avesse fatto compagnia. Tuttavia, per riuscire a pagare tutte le spese, uno dei due era costretto a lavorare per portare a casa abbastanza soldi.
James, ad essere sinceri, non si era mai lamentato della sua condizione; anzi, era stato proprio lui ad imporre all'amico di non cercare lavoro, si sarebbe occupato di entrambi. A Steve l'idea non aveva fatto impazzire: non si sarebbe reso utile e, come al solito, sarebbe stato lui a gravare sulle spalle dell'amico, sentendosi un peso perfino in casa sua. Avrebbe voluto tanto essere come James, e dentro di lui sì, ammetteva di ammirarlo. Era ammaliato da quel sorriso -dai denti perfetti- sbarazzino, che si trovava quasi costantemente su quelle labbra carnose e rosee; gli occhi che somigliavano a due smeraldi incastonati in quel volto pressoché perfetto.
James, come se non bastasse, aveva il fisico che era il suo esatto opposto: alto e robusto, con dei folti e scompigliati capelli castani; mentre Steve non era altro che un ragazzo rachitico, basso, pallido e asmatico, con degli stupidissimi capelli biondi.
 Spesso l'amico lo coglieva a guardarsi allo specchio, osservando con vergogna il suo viso, o a volte anche il suo corpo, sentendosi un inetto o di avere qualcosa che non andava veramente in lui. James glielo diceva che sarebbe cresciuto e che, inoltre, per lui Steve era bello così com'era. Allora, a quel punto, il biondo sobbalzava rendendosi conto che l'altro era stato a guardarlo fino a quel momento e cercando di evitare i suoi occhi, così da non fargli vedere il rossore che si espandeva sulle sue guance, tentava di sdrammatizzare con una battuta. Sapeva benissimo che glielo diceva solo perché era suo amico, non perché lo pensava sul serio.

Steve e James erano amici fin dall'infanzia, si erano conosciuti per puro caso e nel corso degli anni non avevano fatto altro che entrare in simbiosi sempre di più. Chiunque avesse avuto il piacere di conoscerli, si sarebbe ben presto accorto di come quei due fossero semplicemente un'anima e due corpi. Si completavano in modo quasi incredibile e riuscivano a capirsi con una semplice occhiata. Se James -detto anche "Bucky" dal migliore amico- era l'inguaribile ottimista, dalla battuta sempre a portata di mano e dalle infinite pretendenti, allora Steve era quello che aveva il compito di portare l'altro coi piedi per terra. Non aveva paura di affrontare neanche il più grosso degli arroganti (facendo costantemente preoccupare l'amico) e tendeva ad avere una certa chiusura in sé stesso, con la scusa sempre pronta per evitare le uscite a quattro con l'altro. Almeno una volta ogni due settimane, Bucky proponeva qualche appuntamento con due ragazze, ma Steve sapeva che declinando l'invito avrebbe di certo fatto un favore a sé stesso e alla povera ragazza con la quale avrebbe dovuto passare la serata.

Quelle poche volte in cui accettava per farlo contento e per passare più tempo con lui, Steve vedeva palesemente la delusione negli occhi della sfortunata, che lo squadrava come se avesse appena visto il più orribile dei mostri, e non poteva biasimarla. Passava tutta la serata in disparte, evitando come proiettili gli sguardi dispiaciuti di James, ascoltando in silenzio le conversazioni civettuole che entrambe le fanciulle solitamente intrattenevano con quest'ultimo. In tutte le occasioni finiva così, e come sempre Bucky cercava di tirare in ballo Steve. Il ragazzo tentava di afferrare il salvagente che il migliore amico gli lanciava, tuttavia, ogni volta che cercava di spiccicar parola le ragazze lo interrompevano, senza quasi fargli caso, e lui passava tutto il tempo stando in silenzio.
Una volta, poco più di un anno addietro, un'amica dell'ennesima amante di Bucky, incurante dei sentimenti di Steve, aveva sbruffato e aveva domandato dove fosse il ragazzo così prodigioso e bello di cui James tanto aveva parlato:"Non volevi mica intendere questo sgorbietto, mi auguro!".
La fidanzata del castano aveva tentato di camuffare una risatina e Bucky, scostandole con poca gentilezza, aveva afferrato Steve per una spalla andando via, decidendo sul momento che se la sarebbero spassata solo loro due.
James lo avrebbe rifatto con altre sue ex fidanzate poco gentili con Steve, se solo questo non gli avesse esplicitamente detto di non dare peso al modo in cui quelle lo trattavano. In realtà Bucky lo faceva eccome, e se queste avevano comportamenti tutt'altro che buoni con il ragazzo, allora trovava sempre un modo per lasciarle.

ᴘᴜᴛ ʏᴏᴜʀ ʜᴇᴀᴅ ᴏɴ ᴍʏ sʜᴏᴜʟᴅᴇʀWhere stories live. Discover now