BANDITI

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Il 3 settembre 1943 Giuseppe Castellano e Walter Bedell Smith firmarono l'armistizio di Cassibile. La notizia fu riportata da tutti i giornali di Napoli ,e  d'Italia, l'8 settembre 1943. E il titolo che a grandi lettere faticavo a leggere nonostante i miei quasi 17 anni di vita era qualcosa come "Italia e America, insieme per la libertà". Infatti quello fu il momento In cui UFFICIALMENTE l'Italia si era mossa per la prima volta contro il nazi-fascismo .

La legge italiana a quei tempi prevedeva che tutti i maschi a partire dal loro diciassettesimo anno di età fossero iscritti al servizio di leva militare a favore dello stato. O per meglio dire a favore del nazifascismo.
E guarda caso l'8 settembre, due giorni prima del mio diciassettesimo compleanno, ebbi la possibilità che aspettavo da quando mio padre era stato ucciso , anzi da quando per i cittadini italiani la parola vivere e sopravvivere assunsero lo stesso significato. Ovvero unirmi a un corpo di resistenza antifascista. Definito prima "Comitato di liberazione antifascista" poi "Assemblea costituente" "resistenza partigiana" e così via... Personalmente però il nome che più di tutti mi faceva sorridere, e vi assicuro che da me era spesso difficile ricavare un sorriso, era quello usato dalla stampa nazifascista. "Banditi".
La prima cosa che feci la mattina del 9 settembre fu prendere l'unico cambio quasi decente di vestiti che avevo e lasciare la struttura di cemento e calce che difficilmente avrei definito casa, un po' perché per me nessun posto in questo paese è definibile casa, e un po' perché alla fine davvero era solamente un mucchio di polvere condensata. Da quello che sapevo tramite i racconti di mio zio, un cinquantenne comunista che non faceva altro che bere, viaggiare e vantarsi di imprese improbabili, di gruppi antifascisti ne esistevano già da molto. Ma le possibilità di agire erano limitate per mancanza di uomini e propaganda ovviamente inesistente. C'erano molte strategie che avrei potuto usare per trovare uno di questi gruppi e tra queste non era chiaramente presente chiedere in giro dove trovarli, quindi decisi di inoltrarmi nei vicoletti della mia città che nonostante la luce delle 9 di mattina riuscivano comunque a risultare cupi. Tentavo di cogliere qualche parola da conversazioni occasionali tra bassifondisti, vecchiarelle di quartiere , chiunque avesse il coraggio di parlare tranquillamente di fronte alla propria casa.
Inutile dire che apparte qualche gossip su tresche tra giovani vedove e soldati tedeschi, non ottenni nulla. Fu per questo che arrivate le 4 di pomeriggio decisi come ultima opzione di entrare in un piccolo bar dall'insegna rosso scuro, probabilmente in attività solo per miracolo date le crepe alle pareti e la scarsità di prodotti in vendita. Nella saletta c'erano solo dei vecchietti che discutevano a bassa voce di vari argomenti che andavano dalla fuga del re Vittorio Emanuele III da Roma, all'ultimo litigio con la propria moglie. Al banco invece si trovava solamente un ragazzo dai capelli biondi appoggiato con il capo sul ripiano intento a fissare intensamente una tazzina di caffè un po' malandata tra l'altro vuota, e ovviamente il barista, un uomo sulla quarantina con gli occhi dapprima persi nel vuoto e poi concentrati sul giovane dall'aria decisa appena entrato nel locale.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 21, 2019 ⏰

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