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Era lì come ogni sera, sulla stessa spiaggia, in piedi, senza scarpe.
La sabbia gli avvolgeva i piedi, contro i quali si scagliavano le onde.
Le sue lacrime,  dagli occhi avevano  destinazioni infinite: maglietta, collo, terreno; e lui, fermo, impassibile a qualsiasi cosa, non sentiva il rumore dell'acqua, sentiva solo un  freddo dentro, non trovava più calore in nessun gesto, in nessuna parola, in nessuno.

A lui,però, non importava più niente.
Avrebbe potuto prendere un malanno a stare lì, al freddo, ma non lo smuoveva neanche quello.
Avrebbe potuto prendersi il peggio, ma non gli importava.
Voleva restare lì, nel posto del loro ultimo saluto.

Quel nome ancora gli rieccheggiava dentro la testa...

Taehyung.

Non riusciva a stare un'ora senza avero in mente.
Forse doveva imparare semplicemente ad odiarlo.

Cercava di forzare  la sua mente a collegare il suo nome a un brutto evento, ma mai riusciva davvero, perché non ce n'erano mai stati, quando riguardava loro due insieme c'erano solo sorrisi e pianti di gioia, sostituiti da lacrime amare portatrici di dolore.
Più sentiva quel nome più sorrideva ma piangeva allo stesso tempo, erano bei ricordi, bruciati,ridotti in cenere, nel vero senso della parola.

Quella fredda brezza marina sembrava sempre indicargli una via da seguire mentre gli scompigliava i capelli, ma egli riservava tutte le sue attenzioni a quel satellite, su come si rispecchiava nell'acqua e rendesse il tutto più magico, più vivo, più lucente, più sorprendente... più romantico.

E più guardava quel riflesso,più ricordi riaffioravano la sua mente, così come altre lacrime solcavano le sue scavate guance.

Riusciva a sentire la sua presenza, in qualche modo lo sentiva come se fosse lì con lui.
Era stato l'ultimo a realizzare il lutto,  per mesi aveva continuato a cercarlo in lungo e in largo, aveva bussato ad ogni casa, chiesto ad ogni ospedale, cercato in tutta la Corea, ma niente, nessuno che gli potesse dire di aver ragione,che in realtà era vivo.

Era morto, e doveva accettarlo.

Il giorno dopo doveva andare dalla psicologa, ci andava due volte a settimana, e mai riusciva a spiccicare altre parole che non fossero il suo nome.
Era sempre nella sua testa, in ogni momento, ogni notte doveva dormire con gli altri per sentire, almeno in parte, quel calore che avvertiva, prima, solamente stando con lui, persino senza gesti o parole, si capivano e amavano senza questi.
Bastava il destino a tenerli insieme.

Non aveva mai avuto la fortuna di vederlo, di viverlo ad occhi aperti, di specchiarsi in occhi che ritraevano quel piccolo corpo, guardare quelle labbra descritte da tutti rosee e morbide, che davano a lui ciò che poteva dare.
Tutto.
Semplicemente tutto.

Solamente in quella spiaggia riusciva ad avvertirlo di nuovo, sentiva come se le onde fossero lui, la Luna fosse lui, la sabbia fosse lui.
Ricollegava tutto,sempre, a lui.
Finiva spesso nelle braccia di Morfeo quando era lì, si sentiva cullato da qualcosa di inesistente che però gli infondeva calma e serenità,che non erano più presenti nelle sue giornate.

Ormai, però, i suoi coinquilini lo conoscevano, andavano a prenderlo a tarda notte se non lo vedevano rientrare e, semplicemente, lo facevano dormire con loro, non avevano problemi, mai ne avrebbero avuti.
Volevano fosse felice, o almeno, stesse un po'  meglio.

Prima di ripartire,anche loro sembravano essere guidati dal vento, che scapigliava loro i capelli, ma mai fecero caso a quella brezza lucente, e colma di risposte che volevano ignorare con tutto loro stessi.

Dovevano andare oltre, non potevano stare ancora ad inseguire il passato, dovevano pensare al loro futuro.
Fu un brutto colpo, per tutti, e tutti dovevano ancora rendersene conto a pieno.

Rich,Lost Love |Vkook| IN CORSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora