"Sicuro di aver preso tutto, Alec?" ripeté mia madre per quella che approssimativamente fu la ventesima volta in un'ora. "Sì mamma, tranquilla. E se anche avessi dovuto dimenticare qualcosa, il college è a solo un'ora da qui, potrei venire nel weekend ogni volta che ne avrò bisogno." le dissi, con un sorriso rassicurante.
"Sono contenta che tu vada a studiare quello che ti piace, e ancor di più mi rasserena il fatto che quest'ultimo coincida con le opportunità lavorative di cui disponi." parlò sottovoce, ma non così tanto da non permettermi di sentirla.
"Sai che l'economia è sempre stato il mio ambito."
"Già... hai preso di tuo padre. Non come quello sciocco di tuo fratello, che ha dato retta a me e si è messo a studiare la fisica e la meccanica quantistica."
"Mamma," la ripresi, "lo sai che Lucas sarebbe tremendamente sprecato in contabilità e marketing. Con la mente che ha, diventerà un ottimo fisico e lo sai." dissi sistemando nel portabagagli gli ultimi scatoloni.
"Certo che lo so, peccato solo che non abbia un lavoro assicurato una volta uscito dal college, è questa la mia unica preoccupazione." mi avvicinai a quella splendida donna che mi aveva cresciuto con tutto l'amore che aveva in corpo: l'età iniziava a farsi vedere sul suo viso tondo e olivastro, qualche ruga era comparsa accanto ai suoi grandi occhi verdi e i suoi capelli, da sempre morbidi e numerosi, erano allora un po' più crespi e sottili. Ma nonostante lo stress causatole dall'azienda di famiglia, nonostante gli anni che passavano e le lacrime che versava in silenzio, rimaneva la donna più bella che io potessi mai aver conosciuto.
Le diedi un abbraccio e sentii il suo respiro farsi più lento e meno affannato. "Ti voglio bene, Alec." mi disse così sinceramente che un sorriso mi spuntò in automatico sulle labbra. "Anche io, mamma. Ma ora, è arrivato il momento di andare." sciolse quindi il nostro abbraccio e annuì, asciugandosi una lacrima che le era scesa. Quella era mia madre: estremamente sensibile, amorevole e onesta. "Vai a salutare tuo padre. Ci guarda dalla finestra da quando hai aperto la macchina con il telecomando." le sorrisi e guardai in basso, annuendo.
Il rapporto con mio padre non era sempre stato dei migliori, e penso sia normale mantenere le distanze dopo averlo sorpreso più di una volta con donne che non erano mia madre. Assistenti, colleghe, domestiche. Non importava l'impiego lavorativo che da lui avessero ottenuto, l'unica cosa che contava era una gonna troppo corta e una camicia trasparente. Nonostante questo, sono sempre stato abituato a mostrargli rispetto e lui ne mostrava a me, poiché consapevole del fatto che io fossi a conoscenza dei suoi rapporti extra-coniugali.
"Buona fortuna per il college, Alec." disse non appena entrai nel suo studio. Non mi era mai piaciuto quell'arredamento. Troppo dorato e barocco per i miei gusti. "Grazie, papà." si avvicinò e si appoggiò alla scrivania dietro di lui. "Sono sicuro che diventerai un ottimo economista. Sai che il posto a capo dell'azienda sarà tuo, quando io non avrò neanche più le forze per restare in piedi. Mi renderebbe il padre più orgoglioso del mondo se tu seguissi i miei passi e io sarò felicissimo di insegnarti tutto quello che so." "Mi insegnerai anche come farsi le colleghe o chicchessia nel proprio studio, papà?" lui guardò in basso e mosse qualche passo verso di me. "Potrai anche disprezzarmi per quello che ho fatto a tua madre, lo faccio anche io, ogni giorno: anche io mi disprezzo per i miei trascorsi ma..." "Papà," lo interruppi, "hai ragione, ti disprezzo per i tradimenti nei confronti di mamma, ma non posso non riconoscere l'eccellente lavoro professionale che svogli. E nonostante la scarsa stima che nutro per la tua persona, sarò sempre contento di vedermi allievo di mio padre." Accennò un sorriso e mi mise una mano sulla spalla. "Ci vediamo presto, Alec. Ti voglio bene." annuii e gli diedi una pacca sul braccio.
Uscii subito dopo dal suo studio e raggiunsi mia madre, che era già in macchina. Misi in moto e le sorrisi, rassicurandola.
Giungemmo al St. Jones College in poco meno di un'ora come previsto. Mio fratello, Lucas era già nel suo dormitorio da circa due settimane, secondo lui per avvantaggiarsi con l'adattamento. "Grazie ancora per avermi accompagnato, mamma." "Ricordati sempre di mangiare sano, quindi niente fast-food tutti i giorni, va bene? Dovrai mantenerti in forma se vuoi continuare con il basket." sorrisi a mia madre per la sua solita preoccupazione e la rassicurai. Volevo entrare nella squadra di basket almeno il doppio di quanto lo volesse lei per me. Le diedi quindi le chiavi della macchina e aspettai che mettesse in moto.
Mi diressi poi verso l'accoglienza delle matricole. Che strana sensazione quella di ricominciare tutto da zero. Tornare ad essere la "matricola", "quello del primo anno", dopo quattro anni passati a guardare tutti dall'alto della gerarchia liceale. E ora che sono qui, in questo spazio immenso, con innumerevoli dormitori, aule e spazi dedicati allo sport, mi sento piccolo così.
"Ciao!" mi disse la ragazza seduta dietro il vetro dello sportello dell'accoglienza. "io sono Veronica Droute, sono del secondo anno e sono qui per aiutarti con la tua immatricolazione." si alzò dalla poltrona girevole su cui era seduta, allontanandosi dal microfono tramite il quale stava comunicando, prese una cartella rosa e uscì dal box bianco. Tratti mediterranei: pelle olivastra, capelli e occhi scuri e un sorriso bianco e un po' irregolare che risaltava grazie alla sua carnagione.
"Ciao Veronica, molto piacere. Sono Alec Bennet."
"Ciao, Alec, piacere mio. Ti dico subito la tua collocazione e ti accompagno nel tuo dormitorio."
"Oh, ti ringrazio, sei molto gentile." Alzò i suoi occhi quasi neri dalla pila di scartoffie che teneva in mano e accennò un sorriso.
"Già," ridacchiò. "è il mio lavoro, non sentirti troppo speciale." mi fece un occhiolino scherzoso e non potei fare a meno di sorridere alla ragazza minuta e abbondantemente abbronzata che avevo di fronte."Ok, Alec, ecco fatto. La tua camera si trova nell'edificio M2, quarto piano, stanza numero 317. Lascia pure qui tutti i tuoi bagagli, Freddie! Puoi portarli a questa stanza qui per favore? Grazie mille, sei un tesoro." Tornò poi a rivolgersi a me con un ampio sorriso e mi consegno una tessera bianca. "Bene, questo è il badge che ti permetterà di entrare nel tuo dormitorio e questo," sfilò una seconda tessera dal mio fascicolo, "posso farcela si, ok, questa è la chiave della tua camera. Sembra complicato ma puoi ritirare questi adorabili laccetti da attaccare al collo presso gli stand che troverai in questi giorni all'ingresso del tuo dormitorio. Non penso che ti succederà ma in caso dovessi lasciare i tuoi badges all'interno della stanza, torna a questo sportello e ti aiuteremo. Eccoci arrivati, ricorda: quarto piano, 317."
"Grazie per la disponibilità, Veronica. Sei stata molto chiara." ridacchiò mentre si avvicinava al banco di cui aveva parlato prima.
"Lo so, lo so, sono logorroica ma in compenso posso vantarmi di portare sempre un sorriso sulle labbra!" mi spuntò un sorriso.
"Già, non è da tutti." Presi quindi il laccio azzurro e vi attaccai le due chiavi magnetiche. Salii a piedi i quattro piani di scale e giunsi finalmente di fronte la camera 317.

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JANE.
Mystery / ThrillerAlec Bennet è un aspirante economista e spera di dirigere un giorno l'azienda di famiglia. Una volta al college, entra in contatto con Jannet Andrews, studentessa di criminologia che indaga sull'omicidio di suo padre poiché il caso è stato archiviat...